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Venerdì, 26 Aprile 2024
Politica

La crisi? Tanto, troppo lontana dai banchi di Montecitorio

Il paese è in ginocchio e la cronaca lo racconta. Ma è solo la "nera" a farlo. La politica è invece impegnata a mantenere in piedi la "larga intesa di governo". Cronaca di una settimana tutta italiana

Il culto del bar è sopravvissuto solo nei piccoli paesi. Al bar si ‘fa’ politica, al bar si fanno le chiacchere da bar, con buona pace per la retorica. Al bar si danno i soprannomi dei compaesani. Quelli buoni, simpatici, che ripercorrono a ritroso intere generazioni; e quelli cattivi, che marchiano a fuoco le esistenze, che si sbarazzano dell’anagrafe e dei battesimi. Cinismo antico, certo, condito da verità spietate. Un po’ come succede per la politica quando è filtrata dalla logica del bar. Al netto dei “ladri”, “arraffoni”, “disonesti” (bene fermarsi qui, l’elenco sarebbe lunghissimo), le faccende della politica, la realpolitik, ha sempre faticato per scansare la brezza leggera delle caffetterie. Tutto vero fino a qualche anno fa, poi la questione è cambiata.

Perché nei bar si parla di politica da tempi non sospetti, quando si ragionava per blocchi, tra rossi e neri e tra chi era più rosso dei rossi o nero dei neri. All’epoca c’era un di più di peso a far da cornice a questo tutto ideale, ‘il si stava meglio quando si stava peggio’. Meno disoccupazione e un pezzo d’Italia a far da locomotiva all’Europa. Dopo sei anni di crisi la questione si è ribaltata. Con una particolarità: le lamentele di allora sono rimaste le stesse, solo che questa volta, in molti casi, non rappresentano più una partita ideologica, anche se spicciola, ma il quotidiano, il morso del presente.

E lo Stato? E’ nel bel mezzo di un cortocircuito, anzi nella conclamazione del cortocircuito. La sensazione è che ci sia un po’ troppo assurdo in giro, come quello della politica che parla della politica. Attenzione, la politica e le istituzioni non possono e non devono star al passo del chiacchiericcio da bar. Per carità: il populismo, alla lunga, pugnala a morte le democrazie. Lo Stato che non si fa garante dei diritti dei colpevoli e permette alla folla di linciare l’assassino non è più Stato. C’è un problema, però, che sta nella genesi degli stati moderni: il cedere una parte di libertà personale per garantire il benessere alla collettività e quindi al singolo individuo. Questa, compresa la filosofia dei diritti e dei doveri, è la legittimazione ultima e naturale che regge la ‘baracca’.

Entrando nel dettaglio, tra bar e politica. Aumentano gli indigenti, aumentano i poveri, meno lavoro, le imprese piccole o medie chiudono, la piaga dei suicidi. Tutto in una settimana

QUI IL RESOCONTO DETTAGLIATO

E la politica? E’ alle prese con le larghe intese, l’esperimento rosso-blu guidato da Enrico Letta, con l’avallo si Silvio Berlusconi ed il Pd. Con ordine:

BERLUSCONI E L’AVENTINO La Corte di Cassazione fissa l’udienza del processo Mediaset il 30 luglio. Apriti cielo: il Pdl, si stringe attorno al ‘Capo’ e minaccia una crisi di governo con tanto di dimissioni della compagine di governo azzurra. Questo a caldo. A freddo, la cosa, invece di rimpicciolirsi, si gonfia a dismisura. Tanto da montare in una protesta incredibile: il Popolo della libertà chiede al Parlamento la sospensione dei lavori per tre giorni. E il Pd che fa? Vota con gli alleati di maggioranza: non tre giorni, ma un pomeriggio. Da qui il mini Aventino (e pace se l’Aventino vero fu cosa ben più seria).

LOTTA PD – Finita qui? Neppure per sogno. Si perché ogni storia che riguarda il governo e la sua tenuta, ha un sottotitolo costante: il congresso Pd che intercetterà il nuovo segretario dei democratici. Quindi i renziani che assaltano quella fetta di Pd che ha deciso di appoggiare il Pdl nella protesta. I lettiani, i franceschiniani e i bersaniani, il sindacato che attualmente regge il partito, contro Renzi, reo di far di tutto per far cadere, a pro suo, il ‘governissimo’. Il tutto farcito dalla bagarre sulle regole che disciplineranno le primarie, correnti e correntoni, lanci Ansa, smentite piccate, destri al volto, sinistri al corpo.

CASO ALFANO – Avanti così, dentro questa follia tanto acuta da sembrar ordinaria, fino al caso Shalabayeva. Madre e figlia di sei anni, in barba a qualunque diritto costituzionale, rapite e spedite in Kazakhstan per accontentare i voleri  del suo presidente padre-padrone, Nursultan Äbişulı Nazarbaev. In Francia o in Germania un minuto dopo la diffusione di questa notizia il ministro dell’Interno e degli Esteri si sarebbero ritrovati con la valigia in mano. Da noi invece il caso si è fatto politico nel giro di un pomeriggio: con la richiesta di dimissioni di Alfano che nel breve si sono trasformate in un banco di prova per la tenuta dell’esecutivo e un altro capitolo della faida Pd. Soliti protagonisti, solite le accuse. Renzi attacca, lo segue D’Alema con il suo uomo, Cuperlo. L’altra faccia del Pd, e il Pdl tutto, attaccano Renzi. Crisi ad un millimetro, tanto che interviene Napolitano, il Presidente della Repubblica: Letta non si tocca, così come il suo governo. Pace fatta, malvolentieri e per un paio di giorni. E intanto in un bar di periferia c’è chi guarda il tg delle venti e, amaro: “E’ tutto un circo”. Retorica?

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