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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Redazione

Perché gli influencer non cureranno la malattia della politica

Nelle more del concertone del Primo Maggio abbiamo assistito a un curioso fenomeno: quello della capacità di esercitare pressione da parte degli influencer nei confronti della politica. La performance di Fedez, capace prima di far innervosire Matteo Salvini e l'intera Lega sbattendo loro in faccia i 49 milioni, poi di accelerare le nomine in Rai denunciando un presunto tentativo di censura da parte della terza rete del suo discorso dal palco e infine di accelerare l'iter di una legge come il Ddl Zan smuovendo le coscienze, ha dimostrato che nell'era dei social network è la politica che ha tutto da perdere nello scontro di popolarità. 

I Ferragnez, ha scritto Stefano Cappellini su Repubblica, sono il nuovo partito-azienda degli Anni Venti. Producono quell'egemonia culturale che secondo Antonio Gramsci avrebbe dovuto essere l'obiettivo della sinistra semplicemente twittando o pubblicando stories su Instagram e costringono il dibattito pubblico a rimanere attaccato ai social network in attesa del prossimo aggiornamento. Oggi le cantano a Salvini, domani toccherà alla sinistra e chissà, prima o poi, tra una Lamborghini e una Panda forse anche al MoVimento 5 Stelle. 

Ma è difficile, se non impossibile, che il giorno dopo la furia di Fedez cambi davvero qualcosa. Perché l'Italia è il paese del tutto cambi purché nulla cambi, la Rai è lottizzata dalla sua nascita e la politica oggi parla pubblicamente dell'indipendenza della tv pubblica e domani si siederà al tavolo per spartirsi poltrone esattamente come faceva ieri. Perché notoriamente quello che accade sui social network un giorno si scorda il giorno dopo. E perché non bastano centomila likes per far fiorire di nuovo una foresta pietrificata. Non saranno gli influencer a curare la malattia della politica italiana. Perché domani è un altro giorno. Anzi, è sempre lo stesso. 

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