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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Balla con la sclerosi multipla, Ivan Cottini: "Non voglio vivere da malato" | L'INTERVISTA

Trentatre anni, ex modello, Ivan sfida la malattia e trova ogni giorno la forza per superare i propri limiti dando un messaggio di speranza a tanti giovani che si trovano nelle sue stesse condizioni

Ha fatto un patto con la vita Ivan Cottini, sei anni fa, proprio quando la vita si stava frantumando davanti ai suoi occhi dopo quella diagnosi. Sclerosi multipla. Una condanna per lui, allora 27enne, modello per noti brand e un futuro radioso ad attenderlo, eppure quella per Ivan si è trasformata nella sua forza. La sentenza non era ancora arrivata.

Fame di vivere, di continuare a vivere nonostante i limiti fisici che questa patologia neurodegenerativa gli sbatte in faccia giorno dopo giorno e con cui non vuole fare i conti, o meglio, li fa e vince sempre lui. Vince lui quando mette via la carrozzina e danza, vince lui quando si allena ogni mattina dopo le terapie mediche, vince lui quando con la sua testimonianza riesce a dare forza a tanti giovani malati che incontra. Vince la vita, quella che si è ripreso, quella a cui non è bastata una diagnosi per fermarsi.

Tante le sfide e le battaglie che lo vedono protagonista e che pochi giorni fa gli sono valse il titolo di Cavaliere Emerito della Repubblica. Tutte per abbattere i muri che inesorabilmente tira su la malattia.

Un modello di successo, un futuro radioso davanti, poi la doccia gelata. Sei anni fa ti è stata diagnosticata la sclerosi multipla, in un attimo ti è crollato il mondo addosso.
"Sì, ma oltre che a me è crollato anche addosso alla mia famiglia e alle persone care. E' una malattia che risucchia anche le persone che hai intorno e questo mi fa soffrire più di ogni altra cosa. Io sono ripartito e oggi sorrido, i miei familiari invece sono ancora fermi al giorno della diagnosi. Per un genitore non è facile vedere un figlio che sta male".

In quel periodo terribile hai perso la tua fidanzata di allora e sei entrato nel tunnel della depressione. Dove hai trovato la forza per rialzarti e andare avanti?
"Venivo da una lunga storia, nelle fasi iniziali questa ragazza mi è stata accanto. Il primo anno è stato brutto, la malattia andava avanti veloce e perdevo sempre più il controllo del mio corpo. A vent'anni non è semplice affrontare una cosa del genere, lei non se l'è più sentita. Ci può stare. Non so da dove ho trovato la forza. Avvenne una sera durante un ricovero a Milano. Organizzai un toga party con tutti i malati del mio reparto, corse clandestine di bighe per i corridoi, tutti con i lenzuoli addosso. Il giorno dopo venni richiamato dal direttore generale che voleva buttarmi fuori dall'ospedale. Da lì sono ripartito, mi sono riaffacciato sui social e ho iniziato a raccontare la mia storia. Ero pronto a riconquistare la mia vita. Dalla sera alla mattina ho deciso di rialzarmi, non volevo fare il malato a 27 anni".

E proprio in quei giorni, dal letto dell'ospedale, hai scritto su Facebook: "Io da oggi sarò così e sono pronto a riprendermi tutto". E te lo sei ripreso. Hai trovato un nuovo amore e hai avuto una figlia, Viola, che oggi ha due anni e mezzo. Per diventare padre hai sospeso le cure contro il parere dei medici, rischiando una forte accelerazione della malattia. Una scelta coraggiosa...
"Oggi sono consapevole di aver fatto una grossa cavolata. Sospesi tutto senza dire niente a nessuno, nemmeno ai miei familiari. Ho fatto tutto di testa mia, ma così sono riuscito a mettere incinta la mia compagnia e ad avere Viola che per me oggi è tutto".

Per questa scelta sei stato bersagliato da critiche...
"Sì, ma le critiche ce le aspettavamo io e la mia compagna. Avevo contro anche i miei genitori, che giustamente mi mettevano davanti la realtà. Io non riesco molto a badare a me stesso, con una figlia è ancora più difficile. Viola mi mette di fronte a degli handicap evidenti che ora ho, è l'unica che mi fa sentire davvero malato, impotente. Un genitore deve prima di tutto proteggere. Per averla ho dovuto rivedere il mio piano farmacologico andando anche incontro a dei rischi". 

E adesso come stai?
"Oggi sono abbastanza felice. Emotivamente sto bene. Spero sempre che i miei genitori tornino a sorridere con me, loro non riescono a capire certe mie scelte. Ultimamente sono andato a Lecce per una gara di danza, sono tornato con alcune costole rotte. Io scendo dalla carrozzina per ballare, in quel momento non avverto nemmeno il dolore, ma poi ovvio che ne risento fisicamente".

Perché lo fai?
"Lo faccio per le persone. Aiutare gli altri è il motore che mi manda avanti. A casa tutti mi vorrebbero frenare, ho tutti contro, ma quando ricevo i messaggi dei ragazzi che incontro è una gioia immensa. Pochi giorni fa una ragazza di 17 anni, malata di cancro, mi ha ringraziato per la forza che le ho dato. Sono queste le cose belle".

Sei il primo al mondo che balla con la sclerosi multipla. Cosa significa per te la danza?
"Per me la danza è un'ulteriore cura. Quando danzo mi sento libero, non mi sento malato, mi sento felice. Stare bene di testa ti cambia tutto, ti aiuta ad affrontare qualsiasi cosa. Tante persone si fermano alla diangosi, si siedono e dicono 'questo non posso più farlo', io invece dimostro che se voglio posso fare tutto. Io non sono un ballerino, ma sono una persona che quotidianamente sfida i suoi limiti. E' di insegnamento a quelli che invece vivono tutti i giorni mettendoseli i limiti".

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Non vuoi essere considerato un "malato", la compassione ti infastidisce. Quanto pesano i pregiudizi sulla malattia nella vita di tutti i giorni?
"Pesano tanto, ma a tante persone fa comodo. Fare il malato fa comodo, avere persone che ti compatiscono, che ti aiutano in qualsiasi cosa. Io non sono un malato. E' la gente che vive da malata con una diagnosi davanti, io racconto una storia di vita".

Il tuo è uno straordinario esempio di coraggio, quello che forse oggi un po' manca. Sei d'accordo?
"Il problema è proprio questo. Oggi soprattutto i giovani sono abituati ad avere tutto alla portata della bocca e non sono più abituati a tirare fuori le palle per conquistarsi le cose. Per questo io ci tengo molto ad andare nelle scuole a portare la mia storia. Dobbiamo abbatterli i muri. Io preferisco andare nelle scuole piuttosto che in tv per strappare una lacrima a casa. In tv non mi sento libero. Da tre anni a questa parte vado solo ad Amici, quando mi chiamano, perché non devo raccontare niente, ma solo balllare e dimostrare la forza che mi trasmette la danza".

Oltre alla lotta contro la malattia stai portando avanti anche un'altra importante battaglia, risvegliare la politica affinché promuova misure in sostegno delle famiglie dei malati di sclerosi ma non solo. Azzardo, forse è proprio questa la più difficile?
"Mi sto battendo molto per questo, perché io per primo mi sento un peso per la mia famiglia. Vincolo tante persone intorno a me. Spero con il cavalierato di accelerare le cose e riuscire in questa impresa".

Le famiglie sono lasciate sole?
"Totalmente. Per le famiglie dei malati non ci sono asciugamani che asciugano il loro sudore. Che ne so, dei piccoli sgravi, dei piccoli rimborsi. Non pretendo di cambiare chissà quanto la situazione, ma almeno dei piccoli passi già basterebbero". 

Con il tuo esempio stai dando una grande lezione di vita, qual è invece la più grande che ti porti dentro?
"Quella di Viola. Mia figlia ogni giorno mi insegna qualcosa. Da quando è nata Viola non ho più paura. Prima pensavo molto a come sarebbe stato il domani, una malattia come questa non ti fa avere certezze. Da quando c'è lei invece voglio essere felice e godermela oggi. Vivere giorno per giorno non è il massimo, detto da un padre, ma per me è così".

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