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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Addio alle auto? La rivoluzione mancata del Pnrr

I fondi stanziati per la mobilità urbana sono importanti, ma non così ingenti da cambiare il volto alle nostre città. Il piano prevede (tra le altre cose) la realizzazione di 11 km di metropolitane e 365 km di ciclabili: troppo poco per colmare il gap con altri Paesi europei

Uno degli obiettivi principali del piano nazionale di ripresa e resilienza è incentivare il trasporto pubblico a scapito delle auto private e dare un impulso importante alla mobilità sostenibile. Un terreno cui l'Italia è molto indietro. Basti pensare alla rete di metropolitane. Se la Germania può vantare 657 km di rotaie, il Regno Unito 673 e la Spagna 614, il nostro Paese si ferma a 214 km (fonte: rapporto sulla mobilità di Isfort, istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti). I nostri bus poi sono piuttosto vetusti. Sempre grazie al rapporto di Isfort sappiamo che i due terzi degli autobus circolanti hanno oltre 10 anni, laddove in Francia e Germania la quota è di circa un terzo. Come se non bastasse 15 autobus su 100 non sono neppure assicurati (si presume dunque che non vengano fatti circolare).

Anche sulle ciclabili, forse è perfino superfluo dirlo, il nostro Paese è molto carente se confrontato con altre realtà europee con appena 2,8 km di ciclabili ogni diecimila abitanti, un dato che in realtà nasconde ampie differenze territoriali (in molte città del Sud i percorsi ciclabili sono quasi del tutto assenti). Il risultato è che per spostarsi gli italiani scelgono ancora l'auto privata. E difatti l'Italia è il secondo Paese europeo (preceduta solo dal Lussemburgo) per numero di autovetture: ce ne sono in media circa 670 ogni 1.000 abitanti, compresi bambini e anziani.

Il soldi del Pnrr basteranno per cambiare il concetto di mobilità?

In un quadro così sconfortante il Pnrr è un'occasione imperdibile per cambiare radicalmente rotta. Ma i fondi destinati alla mobilità basteranno allo scopo? La risposta (spoiler) è: molto probabilmente no. Vediamo perché.

Come sappiamo le risorse a disposizione sono oltre 191 miliardi, di cui 122 e rotti di prestiti e circa 69 di sovvenzioni a fondo perduto. Degli oltre 90 miliardi destinati alle missioni 2 e 3 ("rivoluzione verde e transizione ecologica" e "infrastrutture per una mobilità sostenibile") i fondi stanziati per la mobilità urbana non sono in realtà così generosi. Nel dettaglio, le risorse per il potenziamento dei trasporti pubblici nelle aree metropolitane sono 3,6 miliardi e prevedono la realizzazione di 231 nuovi km di rete: 11 km di metropolitane, 85 km di tramvie, 120 km di filovie e 15 di funicolare. A marzo scorso però il governo ha aggiunto un ulteriore stanziamento portando il totale a 4,7 miliardi di euro. Una parte importante di questi fondi, 1,6 miliardi, servirà per completare la metro C di Roma, ma in cantiere ci sono interventi anche alla rete di Torino (linea 2, tratto "Politecnico Rebaudengo"), Milano, Genova e Napoli.

Di sicuro però non saranno 11 km di rete metropolitana a colmare il gap che abbiamo accumulato con gli altri grandi Stati europei in decenni di mancati investimenti. Un divario che come abbiamo visto sopra è purtroppo ben più ampio. Quanto alla rete tramviaria, secondo l'Isfort possiamo contare al momento su una rete di 402 km, più estesa di quella del Regno Unito (fermo a 250), ma molto meno capillare di quella di Francia (816) e Germania (2.038).

La dotazione di sistemi ferroviari urbani e suburbani nei principali Paesi europei (in km)

Con gli interventi previsti dal Pnrr i chilometri di rete diventeranno quasi 500 grazie alle opere in programma a Bologna, Firenze, Roma, Milano, Napoli e diverse altre città. Ma c'è un dato su tutti di cui tenere conto. Per il potenziamento della rete di trasporto locale lo Stato italiano ha impiegato circa il 2% dei fondi totali del Pnrr. Con queste risorse - importanti, certo, ma non ingentissime - è difficile immaginare che bus e tram possano sostituire il mezzo privato. E infatti, a essere onesti, l'obiettivo degli investimenti per migliorare la mobilità urbana non è neanche troppo utopistico: si parla, in soldoni, di ridurre il traffico veicolare del 10% a favore del trasporto pubblico. A oggi, secondo quanto viene riportato sul sito del governo dedicato proprio al Pnrr, i trasporti pubblici vengono utilizzati solo in un viaggio su 10. Decisamente troppo poco.

Nuovi autobus a basse emissioni e treni a idrogeno

Per incentivare la mobilità sostenibile sono stati poi stanziati altri 3,7 miliardi destinati all'acquisto di autobus a basse emissioni per il trasporto locale e regionale. Entrando nel dettaglio, il piano prevede l'acquisto entro il 2026 di circa 3.000 autobus, di cui un terzo sarà destinato alle principali città italiane. Con gli stessi fondi verranno comprati anche 50 nuovi treni e 100 carrozze a propulsione elettrica e a idrogeno, saranno installati 875 punti di ricarica e verrà rinnovato l'intero parco mezzi dei vigili del fuoco.

A proposito di idrogeno: il Pnrr prevede anche la realizzazione di 40 stazioni di rifornimento in aree strategiche per i trasporti stradali. Il costo stimato di questi interventi è di 230 milioni che serviranno a incentivare, in via sperimentale, l'uso di questo combustibile a basso impatto ambientale per i trasporti stradali pesanti. Altri 300 milioni sono poi destinati a convertire all'idrogeno quelle linee ferroviarie con elevato traffico passeggeri che oggi viaggiano ancora a diesel. 

Un treno a idrogeno attraversa la regione del Taunus, in Germania. LaPresse

Più colonnine per le auto elettriche

Per quanto riguarda le stazioni di ricarica per le auto elettriche il piano prevede di realizzare entro il 2026 oltre 20.000 punti di ricarica rapida in superstrade e nei centri urbani con uno stanziamento di oltre 700 milioni. Anche in questo caso forse si poteva fare di più. Almeno se consideriamo il gap che stiamo accumulando con i Paesi europei più virtuosi. Secondo l'ultimo rapporto di Motus-E, fine 2022 in Italia risultavano installate 36.772 colonnine per auto elettriche, mentre in Francia i punti di ricarica sono 74.185, in Germania 88.992, nel Regno Unito 55.552 e nei Paesi Bassi addirittura 115.103.

Le infrastutture di ricarica in Italia, grafico Motus-E-2

Le risorse (poche) stanziate per le piste ciclabili

Capitolo ciclabili. Con il Pnrr sono previste 365 km di nuove piste ciclabili urbane e metropolitane e altri 1.235 km di piste ciclabili turistiche. La metà delle risorse sarà destinato alle regioni del Sud che oggi scontano gravi carenze su questo fronte. Come emerge dal dossier "Non è un Paese per bici" di Clean Cities, FIAB, Kyoto Club e Legambiente, nella top 10 delle città con le infrastrutture più sviluppate ci sono solo città del Nord, mentre in coda alla classifica si trovano quasi solo centri del meridione.

Secondo l'Isfort nelle città del meridione ci sono in media solo 5,8 km di piste ciclabili ogni 100 km quadrati, solo in lieve crescita dai 5,4 km del 2019, un valore di oltre 10 volte inferiore a quello registrato nei capoluoghi del nord. Urge correre ai ripari. Se non che per la realizzazione di ciclabili sono stati stanziati appena 600 milioni, le briciole del Pnrr. Tant'è che come notano gli autori del report citato sopra, per colmare il gap con il resto d'Europa e consentire un robusto spostamento modale, alle città italiane servirebbero 16.000 km di ciclabili in più rispetto a quelle presenti nel 2020.

Nel piano nazionale di ripresa e resilienza le risorse per la mobilità non mancano, ma il grosso di queste (parliamo di decine di miliardi) sarà destinato al trasporto ferroviario e servirà allo sviluppo di nuove reti ad alta velocità, a potenziare le linee regionali e a realizzare le così dette "connessioni diagonali" ovvero nuove linee per il trasporto merci e passeggeri dall'Adriatico e dallo Ionio al Tirreno (una su tutte la Roma-Pescara). A livello di mobilità urbana possiamo aspettarci qualche passo in avanti, ma chi spera in una rivoluzione green resterà deluso. 

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