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Lunedì, 29 Aprile 2024
I nuovi dati

Perché i ragazzi italiani cercano la morte: è solo colpa di social e cellulari?

Aumentano del 147 per cento gli accessi in pronto soccorso dei minori che vogliono farla finita. Allarme per autolesionismo e tentativi di suicidio. Stefano Vicari, primario al Bambino Gesù: "La pandemia è stata devastante"

Si sentono soli, spesso giudicati. I loro legami sono fragili, per la maggior parte filtrati dai social network e dai cellulari. Così l’ansia e la depressione diventano i compagni di viaggio sgraditi della loro quotidianità. È questo il quadro che emerge analizzando il disagio psicologico dei ragazzi italiani. Un identikit inatteso, ma solo in parte.

A stupire, in realtà, sono i numeri di questa nuova 'pandemia'. Un malessere, quello dei nostri figli, che è esploso con il lockdown e le restrizioni legate al covid, ma che covava da tempo nella presunta normalità degli anni precedenti. I dati dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù e della Società italiana di pediatria (Sip) non lasciano dubbi. Per un decennio tra i ragazzi italiani (e non solo) è andato crescendo un senso di inadeguatezza e di disagio che era sotto i nostri occhi: dal 2011 al 2019 gli accessi al pronto soccorso del Bambino Gesù per consulenze di neuropsichiatria infantile sono passati da 155 a 1059. Poi con il coronavirus una nuova esplosione: i casi nel 2021 sono aumentati a 1824 (immagine sotto).

Consulenze di neuropsichiatria infantile all'ospedale Bambino Gesù

Secondo un’indagine della Sip, su nove regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria), durante la pandemia (marzo 2020-marzo 2021), mentre gli accessi totali degli under 18 ai pronto soccorso si sono quasi dimezzati (-48,2 per cento), prevalentemente a causa della paura dei contagi, quelli per patologie di interesse neuropsichiatrico sono andati in controtendenza: con un aumento dell’84 per cento, rispetto al periodo pre-covid (marzo 2019/marzo 2020).

Come vincere ansia e depressione

"Siamo davanti a un’emergenza antica – spiega a Today.it Stefano Vicari, primario di neuropsichiatria infantile dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù –. Nel 2019 eravamo già davanti a una crescita di 10 volte rispetto al 2011, nel 2021 siamo arrivati a 1824 accessi al nostro pronto soccorso. La pandemia è stata devastante". Ed è un tendenza in costante aumento. Se da un lato la morsa epidemiologica ha allentato la presa, gli effetti delle chiusure stanno ancora dispiegando le loro conseguenze. "I dati non stanno diminuendo", conferma Vicari.

Entrando nel dettaglio dello studio della Sip, le patologie per le quali si è osservato un maggiore incremento percentuale degli accessi sono state "ideazione suicidaria" (+147 per cento) e "depressione" (+115 per cento). Anche i dati del Bambino Gesù in qualche modo confermano l'aumento nelle nove regioni selezionate. Con l'arrivo delle limitazioni dovute al covid, gli accessi al pronto soccorso hanno visto schizzare i numeri relativi all'ideazione suicidaria (ovvero la messa a punto di un piano concreto per togliersi la vita) e dei tentativi di suicidio. 

Accessi al pronto soccorso di psicoterapia infantile

"L'ansia e la depressione – spiega Vicari – rappresentano il problema principale per questi ragazzi, sono questi i motivi alla base del loro disagio. Pensi che circa il 20 per cento dei ragazzi ha un problema di disturbo mentale e il suicidio è la seconda causa di morte tra i 10 e i 25 anni, dopo gli incidenti stradali". E infatti i dati dell'Unicef confermano quanto dice il primario: un bambino su sette, tra i 10 e i 19 anni, convive con un disturbo mentale diagnosticato.

"Tre volte su quattro il disturbo che lei trova nell'adulto è iniziato in età evolutiva. Il servizio sanitario nazionale – dice però Vicari – è pronto per gestire i cosiddetti malati cronici, ovvero gli adulti, mentre siamo completamente disorganizzati per gestire l'esordio, la comparsa di questi sintomi. Questo perché non ci sono risorse sul territorio. La salute mentale in Italia, purtroppo, a oggi è totalmente privatizzata". 

L'aumento di ricoveri al Bambino Gesù

Per quanto riguarda i ricoveri psichiatrici, pur escludendo i problemi riguardanti l'anoressia (il cui ricovero avviene in pediatria), i dati mostrano che sono le ragazze ad avere maggior bisogno di aiuto: sono soprattutto loro a entrare in ospedale. "In generale, da sempre – spiega Vicari – la depressione e l'ansia sono più frequenti nel genere femminile che non nel maschile. I ragazzi hanno sintomi di tipo più fisico, come agitazione motoria o aggressività".

Quello che colpisce, relativamente ai dati del Bambino Gesù, sono gli ingressi in ospedale per "ideazione suicidaria": sono passati dall'essere un quarto dei ricoveri (circa il 24 per cento) al 40 per cento. Aumentati anche i tentativi di suicidio, cresciuti dal 15 al 32 per cento del totale. "Dietro a un tentativo di suicidio – spiega Vicari – nell'82 per cento dei casi c'è un disturbo dell'umore, una depressione".

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"Durante la pandemia e il relativo periodo di restrizioni – aggiunge il primario di neuropsichiatria infantile – ben due ragazzi su tre hanno avuto problemi di tipo psicologico: sono diventati più irritabili, c'è chi ha avuto difficoltà a dormire, altri hanno convissuto con disturbi d'ansia e così via. Stiamo parlando del 66 per cento dei nostri ragazzi, eppure nessuno ne parla. È incredibile".

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Quel terzo che ha vissuto meglio le restrizioni, secondo uno studio che ha coinvolto quasi 10mila famiglie, ha potuto godere di alcuni fattori di protezione molto importanti e molto specifici. Tra questi molti avevano un fratello o una sorella in casa, godevano di un appartamento con spazi all'aperto, leggevano almeno due ore al giorno e giocavano in famiglia. Le maggiori difficoltà le ha avute, invece, chi viveva in spazi ristretti ed era più solo.  Emergenza_Salute_Mentale2023_page-0014

Autolesionismo: perché farsi del male

Un altro fenomeno in grande crescita, dati alla mano, riguarda l'autolesionismo. Anche in questo caso è stata registrata un'impennata di ricoveri e di accessi al pronto soccorso. Perché?

"Perché si tagliano? È un fenomeno molto diffuso - risponde il professor Vicari a Today.it -. In Italia riguarda circa il 20 per cento dei ragazzi, in Francia si arriva al 38 per cento. È una pratica che tocca soprattutto i giovanissimi. I motivi sono vari. Si va dall'emulazione ('Lo fanno tutti, voglio farlo anche io') all'esibizionismo. Ma la maggior parte dei ragazzi racconta di un forte senso d'angoscia che hanno dentro. Angoscia che a loro sembra defluire via insieme al sangue. Il farsi male genera sollievo psicologico. Raccontano di infliggersi questi tagli perché in questo modo sentono di liberarsi dall'ansia, è come spostare il focus sul dolore fisico. Qualcuno ovviamente lo fa per chiedere aiuto. Intendiamoci, è un fenomeno che riguarda tutte le classi sociali, ma la povertà è un fattore di rischio".

Il consumo di stupefacenti aumenta l'ansia

I dati dimostrano che non tutto è cominciato con la pandemia. Anzi, abbiamo visto come il trend sia in crescita da almeno dieci anni. È lecito quindi domandarsi cosa sia successo in questi anni che ha determinato un aumento dei problemi psicologici per un'intera generazione di adolescenti. Secondo il professor Vicari esistono vari motivi: "Il primo è l'uso di sostanze stupefacenti". Le cosiddette "canne", spiega il primario di neuropsichiatria infantile, hanno un ruolo cardine nell'innalzare i livelli di ansia degli adolescenti: "L'incontro tra i ragazzi e le droghe oggi arriva intorno agli 11 anni. Le cosiddette "canne sintetiche" hanno un principio attivo 70 volte più potente rispetto a quello che poteva incontrare un 17enne cinquanta anni fa. Inoltre queste 'canne sintetiche' sono tagliate con sostanze ancora peggiori. C'è di tutto dentro". E poi? "Altro fattore importante nello scatenare questa situazione è lo stress. E la pandemia è stato un forte fattore di stress, con le sue immagini molto forti - pensiamo alle bare di Bergamo, la preghiera del Papa - e la paura di ammalarsi. E poi aggiungerei la solitudine".

Esistono comunque dei fattori di protezione, di difesa rispetto al disagio psicologico: "Possiamo considerare come strumenti di difesa il fare attività fisica, frequentare la scuola e gli amici", osserva Vicari. E sottolinea l'importanza della frequentazione tra ragazzi: "Le relazioni con i propri coetanei sono molto importanti, soprattutto se non sono filtrate dai social". Perché l'amicizia online, secondo il professore, non è reale: "Quelle sui social network non sono amicizie paragonabili a quelle che viviamo nella realtà. Quando un ragazzo mette una foto su Instagram la sceglie, nella realtà quando incontra un amico si mostra per quello che è realmente. La costruzione di se – ovvero capire chi si è – avviene grazie all'interazione con l'altro. E online questo non accade. Sui social tutto è filtrato e poco veritiero". 

La lezione di Pasolini ai genitori

In questo quadro la scuola ha un ruolo fondamentale, sia dal punto di vista della socializzazione dei ragazzi, sia dal punto di vista di luogo in cui spesso l'ansia si genera. "La scuola – spiega Vicari – non è più un luogo dove si creano relazioni, ma dove c'è competizione. Penso che chiamare il ministero che si occupa della formazione dei nostri figli ministero dell'Istruzione e del merito sia una sciocchezza. E poi c'è un problema a mio avviso legato anche alla famiglia. Mamma e papà tornano a casa dal lavoro spesso molto tardi. Questo nostro sistema economico e sociale – a differenza di altri paesi come l'Inghilterra dove alle 17 chiude tutto – fa in modo che genitori e figli stiano poco insieme. In alcuni casi, questi ragazzi sono spesso soli a casa, magari abbandonati davanti alla tv". 

Ma cosa deve tenere d'occhio un genitore per essere sicuro che i suoi figli siano al sicuro dal punto di vista del benessere psicologico? Quali sono i campanelli d'allarme che ci devono accendere l'attenzione? Vicari indica soprattutto un aspetto da tenere sotto osservazione: "I cambiamenti improvvisi – spiega – sono un campanello d'allarme. Abbandonare lo sport, i cambi repentini nell'umore, la poca o la troppa voglia di mangiare devono destare l'attenzione dei genitori. Bisogna notare se sono irritabili, se cercano lo scontro. Tutto ciò che è cambiamento, specialmente un cambiamento prolungato nel tempo, e non irrequietezza di un singolo giorno, è un campanello di allarme che va subito colto".

Nel difficilissimo mestiere di genitore può essere utile anche qualche suggerimento: "Quello che mi permetto di consigliare – dice Vicari – è di essere molto presenti, di esserci, anche se si viene trattati male dai propri figli. Ed è importante fissare delle regole. Non bisogna mai giudicarli e non si deve voler essere amici dei figli. Quando nella mia stanza entra una mamma vestita come la figlia, con gli stessi tatuaggi che mi dice 'Io sono la migliore amica di mia figlia', io tremo. Essere genitori è una cosa diversa. Ci sono delle ragazze che mi raccontano di non poterne più delle loro mamme che parlano dei loro fidanzati". I figli vanno accettati per quello che sono: "Pier Paolo Pasolini diceva di educare i propri figli alla sconfitta – conclude il primario di neuropsichiatria infantile –  invece a volte vedo delle mamme o dei papà che vorrebbero che i propri figli fossero dei numeri uno in tutto. Questo crea frustrazione nei nostri ragazzi". 

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