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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Hanno troppo successo. Ora sugli arrosticini in Abruzzo si litiga

Certificarli Dop o Igp? Sembrano beghe burocratiche ma non lo sono affatto. Anche perché ora come ora per fare gli arrosticini la carne proveniente dall’estero è indispensabile

Da cibo povero dei pastori a simbolo dell’Abruzzo nel mondo e re dello street food, la parabola dell’arrosticino è stupefacente. Impossibile ormai farne a meno, anche nelle grandi città e nelle situazioni più modaiole: questa sorta di “spiedino” di carne è ormai conosciuto a livello globale, ma nessuno avrebbe mai immaginato tanti anni fa che sarebbe diventato una pietanza così famosa e apprezzata. 

La lotta sul marchio dell’arrosticino: carni italiane o estere?

Ora, però, è arrivato il momento di codificare la sua originalità. Esperti, associazioni di categoria, politici e ristoratori si dividono: meglio fermarsi al marchio Igp o blindarli con una rigida Dop? La differenza sarebbe notevole: nel primo caso sarebbe possibile prepararli anche con carne proveniente dall’estero – come del resto accade oggi – mentre nel secondo bisognerebbe attenersi solo a carne di ovini allevati in Abruzzo.

Da due anni e mezzo al Ministero dell’Agricoltura c’è una fase istruttoria avanzata per l’Igp, ma molti pastori sono contrari, pur sapendo che con i soli capi allevati in regione (160mila) sarebbe impossibile soddisfare la domanda attuale di arrosticini per cui servirebbero ben 900mila capi. Sulle due posizioni, Igp e Dop, si spaccano rispettivamente anche Confagricoltura e Coldiretti, ancora alla ricerca di una politica comune sull’argomento.

La storia mitologica dell’arrosticino: dai pastori a noi

Il succulento e profumato spiedino di carne di pecora, che ha origine sui monti del Gran Sasso, tra le province di Pescara e Teramo, in principio nacque per soddisfare l’esigenza primaria dei pastori, che nelle lunghe giornate di lavoro in montagna portavano la carne già tagliata in pezzetti (cubetti irregolari tagliati a mano) e, al bisogno, la cuocevano su braci improvvisate. La bontà dell’arrosticino primordiale fece presto scalpore e alcuni pastori ebbero l’intuito di trasformarsi in venditori ambulanti (“jarrester” il loro nome in dialetto), che giravano per i centri montani abruzzesi nelle occasioni speciali, le fiere e le feste e vendevano arrosticini caldi e fumanti nelle piazze e nelle strade.

Tutto inizia così, quasi per caso, nell’800, probabilmente dal piccolo comune di Civitella Casanova, nel cuore del Parco del Gran Sasso: qui è stata registrata la prima licenza della Camera di Commercio per la vendita di arrosticini nel 1819. Un secolo dopo, il fenomeno era arrivato nelle trattorie dei paesini di montagna abruzzesi, diventati nel tempo luoghi di culto degli appassionati di piatti tipici e cucina “agricola”, pronti anche a sobbarcarsi qualche chilometro e qualche curva in più del solito per goderseli preparati e cucinati secondo le tradizioni.

Arrosticini in cottura

La moda delle braci: è arrosticini-mania in tutto il mondo

La fama dell’arrosticino, però, è recentemente cresciuta a dismisura, arrivando negli ultimi anni anche sulla costa, al punto da fare concorrenza spietata alla cucina marinara dei centri del lungomare, e varcando ormai senza limiti i confini della sua terra d’origine. Tanti abruzzesi emigrati al nord o all’estero li hanno esportati ovunque. In Italia ormai è possibile mangiarli a Bologna, Milano e addirittura in Trentino. 

Qualcuno, azzardando, li ha portati anche in giro per il mondo: facile imbattersi nell’inconfondibile profumino di carne di pecora sulla brace nel mercato di Camden Town, a Londra, ma anche a Bruxelles o in Germania. E addirittura a Bryant Park, nel cuore di Manhattan dove c’è un chiosco fondato da Tommaso Conte, italoamericano originario di Caramanico Terme, centro montano del Pescarese. Ma anche a Brooklyn e a Williamsburg. I prezzi degli arrosticini statunitensi non sono per tutte le tasche: una porzione “large”, da diciotto spiedini, costa quasi 40 dollari. A Parigi, il testimonial è stato il pescarese Marco Verratti, ex stella del Psg e della Nazionale, da qualche tempo anche socio di un ristorante nella capitale francese: il centrocampista esporta prodotti made in Abruzzo tra i suoi compagni di squadra, stelle del calcio mondiale.

La biodiversità della cucina abruzzese: un grande patrimonio

Ma come in ogni storia, e così anche in ogni moda gastronomica, c’è anche qualche aspetto meno esaltante con cui fare i conti. L’arrosticino ha infatti fagocitato, negli ultimi anni, la varietà e la specificità di una cucina, quella regionale abruzzese, unica nel suo genere: piatti di terra e di mare che quasi si fondono sul territorio, vista l’incredibile vicinanza di monti e spiagge. Vini, olio, profumi (l’aglio di Sulmona, lo zafferano di Navelli), miscelati secondo le tradizioni locali o riscoperti in chiave moderna, anche da grandi firme come Niko Romito e i suoi allievi di Castel di Sangro. Abruzzo uguale arrosticini? Sì, ma non solo. Per fortuna. 

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