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Martedì, 30 Aprile 2024
La testimonianza / Milano

Figlia morta di stenti, parla l'ex insegnante di sostegno di Alessia Pifferi: "Ingiusto condannarla a 30 anni, è come una bambina"

La donna è accusata di omicidio pluriaggravato. Per la sua docente però è sempre stata una persona con problemi: "Immatura, ma senza volontà nelle sue azioni"

Una ragazza "che aveva bisogno di aiuto" diventata una persona "immatura, ma senza volontà nelle sue azioni" e che sarebbe "ingiusto condannare a 30 anni". Così l'insegnante di sostegno delle scuole superiori di Alessia Pifferi descrive la donna, che adesso è sotto processo a  Milano per la morte della figlia Diana. La piccola, 18 mesi appena, è stata abbandonata in casa per 6 giorni nel luglio 2022 ed è morta di stenti. Alessia Pifferi è accusata di omicidio pluriaggravato. Gran parte del dibattito è incentrato sulla sua condizione mentale, anche se una perizia psichiatrica ha stabilito che "al momento dei fatti era capace di intendere e di volere".

A "Storie Italiane", il programma condotto da Eleonora Daniele, l'inviato Alessandro Politi ha intervistato l'insegnante di Alessia Pifferi. Dalle sue parole emerge un ritratto complesso della donna, già da quando era solo un'adolescente. "Ho sofferto molto per questa ragazza. L'ultima volta che l'ho vista era proprio lei in televisione. Faceva molte assenze e non faceva i compiti", dice la professoressa. Dai suoi ricordi anche una dinamica familiare segnata da particolari rapporti con la madre. "In 32 anni è stata l’unica volta in cui sono andata dal preside perché avevo capito che questa ragazza aveva bisogno di aiuto", ha aggiunto l'insegnante. E ancora: "Aver potuto esprimere il mio punto di vista mi ha dato pace. Considero Alessia ancora come una bambina, nel senso più puro del termine. Immatura, sì, ma senza volontà nelle sue azioni. Vorrei poterla vedere in un contesto che le permetta di maturare e di prendere consapevolezza di sé, condannarla a 30 anni sarebbe ingiusto".

Secondo quanto emerso, Alessia Pifferi ha lasciato la figlioletta sola in casa per trascorrere dei giorni col compagno (ignaro dell'abbandono della piccola). Quando la polizia è entrata in casa, il cadavere della piccola era nel lettino. Il corpo era stato pulito e adagiato sul materasso senza lenzuola. Alla bimba era stato messo un vestitino giallo, ma non il pannolino. Nella lavatrice gli agenti hanno trovato i panni ancora umidi. Mentre il pannolino che Diana presumibilmente indossava durante l'agonia era accatastato nel cestino insieme a molti altri sporchi. Quella di Diana è stata, secondo il parere degli esperti, una lunga agonia. La piccola è morta per una gravissima e prolungata disidratazione, aggravata dalle temperature altissime di luglio. Ha sofferto la sete e la fame e forse per questo nel suo stomaco sono stati trovati pezzetti del suo stesso pannolino.  

La condizione mentale della Pifferi resta un punto centrale. Tanto che dal processo è nata un'altra indagine "parallela". Sono sotto inchiesta le due psicologhe del carcere di San Vittore che hanno redatto una relazione, effettuando un test sul quoziente intellettivo, su Alessia Pifferi Le professioniste sono accusate di favoreggiamento e falso ideologico e nei loro confronti è scattata anche la perquisizione. Le psicologhe hanno parlato di un "gravissimo ritardo mentale" della donna, che avrebbe "un quoziente intellettivo di una bimba di 7 anni". Per il pm Francesco De Tommasi avrebbero fornito alla donna "una tesi alternativa difensiva", un possibile vizio di mente, e l'avrebbero "manipolata". Con le due psicologhe è indagata per falso ideologico anche l'avvocato Alessia Pontenani, legale della donna. Avrebbe preso parte allo stesso "disegno criminoso" avrebbe attestato "falsamente" per la sua assistita un quoziente intellettivo di 40, ossia di "deficit grave".

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