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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Attilio Fontana e l'accusa della firma falsa per il conto corrente in Svizzera

Nell'indagine per autoriciclaggio e falso in voluntary disclosure che coinvolge il governatore spunta un'ipotetica firma falsa. Sarebbe stata usata per aprire un conto e farci transitare soldi di cui non si conosce la provenienza

Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, è indagato per autoriciclaggio e falso in voluntary disclosure per la nota vicenda del conto corrente dalla signora Maria Giovanna Brunella (sua madre) a Lugano. Ma i pubblici ministeri di Milano sono anche convinti che il governatore leghista abbia falsificato una firma. 

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Negli atti dell’inchiesta dei pm Carlo Scalas, Luigi Furno e Paolo Filippini, coordinati dall’aggiunto Maurizio Romanelli, la procura parla di una montatura messa in piedi da Fontana per nascondere la provenienza di 2,5 dei 5,3 milioni che, dai due trust alle Bahamas, sono finiti alala Ubs di Lugano e infine regolarizzati con la voluntary. La vicenda comincia all'epoca dei camici di Aria. La società Dama Spa, di proprietà della moglie Roberta e di suo cognato Andrea Dini, prima vende e poi, quando i giornalisti di Report mettono il naso nella storia, "dona" ad Aria e a Regione Lombardia una partita di camici del valore di 513mila euro. Nell'occasione Fontana, allo scopo di risarcire il cognato, ordina un bonifico di 250mila euro per la sua società che viene bloccato dall'Antiriciclaggio. E comincia l'indagine. 

E i risultati sono strabilianti. Perché la voluntary disclosure nel 2015 permette al governatore di rientrare in possesso dei 5,3 milioni detenuti in Svizzera. Ma di questi 5,3, 2,5 sono estranei al patrimonio della madre. E, secondo l'accusa, sono stati inseriti nel computo per tutelare l'immagine dell'allora sindaco di Varese e per evitare le sanzioni o pagare quelle relative alla successione e non all'evasione fiscale, che è stata quindi imputata alla madre defunta. Così Fontana, secondo l'Agenzia delle Entrate, ha risparmiato 170mila euro. Ma il mistero parte dal 2004, quando sul conto Ubs che era stato aperto nel 1997 ci sono 3,4 milioni di euro. Poi quel conto viene chiuso e i soldi vengono trasferiti ma a quel punto sono aumentati, visto che ci sono anche gli altri 2,5 milioni. Il sospetto dei magistrati è che siano soldi di Fontana. 

Repubblica spiega oggi che il passaggio del denaro — ricostruito dal Nucleo valutario della Guardia di Finanza — avviene tramite un complesso meccanismo di schermature, messo in piedi formalmente dalla madre tra il 2005 e il 2015:

Intestataria del secondo conto è la società Montmellon Valley, schermata da un trust alle Bahamas, che nel 2014 viene acquisita da Tectum trust in qualità di trustee della fondazione familiare “Obbligo” (che ha sede a Vaduz) e che di fatto è il gestore ultimo del denaro. Dai regolamenti la madre risulta peraltro essere l’unica, finché in vita, nella facoltà di godere dei soldi.

Ma la donna percepiva 22mila euro di pensione lordi all'anno: come ha potuto mettere insieme gli altri 2,5 milioni? Tutta la vicenda non quadra perché i genitori di Fontana erano un medico condotto e una dentista: pare francamente strano che abbiano accumulato un patrimonio così ampio in così poco tempo. Per questo anche la prima tranche del denaro è finita sotto indagine. E c'è anche l'ipotesi di una firma falsificata: è quella con cui viene ufficializzata l'apertura del conto del 2005. C'è una perizia che dice che la firma della madre di Fontana potrebbe essere falsa. E altre incongruenze la procura le ravvisa anche nel primo atto, quello del 1997, servito per aprire il primo conto. 

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La storia della firma falsa

 "Le carte non ci consentono di capire quale è il significato vero di questa accusa. Fontana ha sempre detto che quei soldi sono i risparmi di una vita dei suoi genitori e non si è mai posto il problema. Soldi di cui lui apprende nel 2015 quando fa la voluntary disclosure", ha detto Jacopo Pensa, legale del presidente della Regione a chi gli chiedeva un commento sulle indagini della procura di Milano che vedono indagato il governatore per autoriciclaggio e false dichiarazioni nella voluntary disclosure. Quanto alla presunta firma non autentica usata per il secondo conto aperto dalla madre di Fontana e sulla cui origine del denaro si concentrano le indagini dei magistrati milanesi - che hanno chiesto una rogatoria in Svizzera -, l'avvocato ha replicato: "Lo apprendo oggi, non so nulla". Intanto l'avvocato che si è occupato della voluntary disclosure ha detto che un allagamento del suo studio potrebbe aver causato la perdita dei documenti di Fontana, mentre i commercialisti dello studio a cui si è rivolto il governatore hanno detto che a gestire tutto era stato un socio deceduto in un incidente stradale. 

Il tentativo di bonifico da parte di Fontana partito da un conto svizzero Ubs - per quell'affare mai andato in porto - ha fatto scattare l'allarme in Banca d'Italia per l'operazione sospetta e ha portato alla luce due conti che sarebbero riconducibili alla madre. Dalle indagini è emerso che il governatore avrebbe avuto a disposizione un 'tesoretto' di 5,3 milioni di euro: il primo derivante da un conto aperto in Svizzera dalla madre nel 1997 (3 milioni frutto del lavoro come dentista), un secondo conto aperto nel 2005 (all'età di 82 anni) su cui vengono convogliati oltre 2 milioni di euro e la cui firma in calce per l'apertura del conto non sarebbe - secondo una consulenza grafologica - della madre del governatore lombardo. 

Proprio questa ultima fetta del denaro suscita maggiori perplessità da parte degli inquirenti che attraverso una rogatoria in Svizzera hanno chiesto chiarimenti sull'origine di quel denaro accumulato dalla madre pensionata negli anni in cui l'avvocato Fontana si dà alla politica, prima come sindaco leghista a Induno Olona (1995), successivamente come consigliere regionale e presidente del consiglio regionale lombardo (tra il 2000 e il 2006), poi come sindaco di Varese per due mandati (2006-2016).  Difficile prevedere i tempi di una eventuale risposta alla rogatoria inoltrata ieri dai pm milanesi, le richieste all'autorità elvetica riguardano infatti un vecchio conto. Ma risposte e documenti potrebbe arrivare dalla stessa difesa che, nonostante non lo abbia fatto finora, si è dichiarata "disponibile a fornire ogni chiarimento", sottolineando che non manca nessun documento ma si tratta solo di una diversa interpretazione degli atti da parte della procura. Lo stesso Fontana potrebbe farsi sentire presto dagli inquirenti. 

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