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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca Verona

Citrobacter: la strage dei neonati e il batterio killer nei biberon e nell'acqua dell'ospedale

In due anni ha colpito 96 neonati, uccidendone quattro e causando danni permanenti al cervello ad altri cinque. Di fronte all'epidemia il reparto dell'ospedale Borgo Trento di Verona ha sottostimato il problema e non è riuscito a riconoscerlo.

Il Citrobacter era nascosto nell'acqua dell'ospedale. E in due anni ha colpito 96 neonati, uccidendone quattro e causando danni permanenti al cervello ad altri cinque. Questa è la conclusione dell'indagine della Commissione ispettiva della Regione Veneto nel reparto terapia intensiva neonatale dell'Ospedale della Donna e del Bambino di Borgo Trento a Verona. 

Il Citrobacter all'ospedale di Borgo Trento a Verona 

Il Citrobacter è un batterio gram-negativo che appartiene alla famiglia delle Enterobacteriaceae (la stessa dei generi Escherichia, Salmonella e Shigella). Isolate per la prima volta nel 1932, le specie di Citrobacter possono infettare uomini e animali e riscontrarsi nelle acque, nei suoli e nei cibi contaminati. Le categorie di persone più colpite sono i neonati, con una maggiore incidenza tra i prematuri.

Così è successo a Verona, dove la procura ha aperto un fascicolo e disposto accertamenti sulle eventuali negligenze nell'igiene dell'ospedale, ma, spiega oggi La Stampa, sarà diffficile chiarire come sia comparso il batterio:  «Il primo evento – si legge nelle 52 pagine della relazione – si è manifestato nel novembre 2018. Nel corso del 2019 non vi sono state effettuate segnalazioni che abbiano permesso l’identificazione del problema». La relazione parla chiaro: «Le analisi molecolari, effettuate su campioni prelevati da alcuni pazienti positivi per Citrobacter koseri, hanno rilevato la presenza di un cluster epidemico. Esiste l’evidenza di una mancanza di comunicazione alla Regione Veneto». 

E ancora: «Dalla documentazione fornita si evince che nella Terapia Intensiva Neonatale il volume di prodotti ad uso di soluzione alcolica per l’igiene delle mani è stato al di sotto degli standard minimi Oms (20 l/1000 giornate di degenza) nel 2018 e poco al di sopra di questo livello nel 2019. Analoghe considerazioni possono essere fatte per la Terapia Intensiva Pediatrica. Questi valori non possono comunque essere considerati sufficienti data la tipologia di pazienti gestiti» si legge nella relazione. Si parla di biberon non correttamente sterilizzati, di procedure per l’utilizzo dell’acqua del rubinetto non seguite correttamente.

Uccisi dal Citrobacter 4 neonati, 9 sono cerebrolesi: "Mancata igiene nell'ospedale"

Il batterio killer dei neonati trovato in acqua e biberon

Che cosa è andato storto? Secondo i commissari della Regione Veneto di fronte all'epidemia il reparto dell'ospedale ha sottostimato il problema e non è riuscito a riconoscerlo. Con lo screening è stata dimostrata l'elevata circolazione del batterio che è arrivato a colpire il 75% dei ricoverati. L'ospedale non ha comunicato nulla alla Regione e alla centrale amministrativa della sanità del Veneto. Tra le origini della contaminazione c'è l'acquja che ha portato il batterio nei frangiflusso dei rubinetti o che è stata usata per il bagnetto dei bambini anche se il rubinetto non aveva il filtro antibatterico, come scrive oggi il Corriere della Sera. «Tali filtri sono stati posizionati solo a luglio del 2020», cioè dopo la chiusura dei reparti sotto accusa (il 12 giugno) per consentire la sanificazione.

Un altro mezzo per l'infezione sono stati i biberon. E l'igiene delle mani. Nella relazione i commissari concludono che «il volume di prodotti ad uso di soluzione alcolica per l’igiene delle mani è stato al di sotto degli standard minimi Oms nel 2018 e poco al di sopra nel 2019. Questi valori non possono comunque essere considerati sufficienti data la tipologia di pazienti gestiti. Infatti il valore di riferimento Oms non è accettabile in ambito intensivistico». Episodi di incuria nell’igiene sono stati descritti anche dalle mamme che hanno finora testimoniato in Commissione e in Procura. Gli stessi commissari ne riportano una parte parlando di «comportamenti non cor retti rilevati dal 15/05/2020 al 26/05/2020». Eccoli, alcuni di quei comportamenti: «utilizzo di cellulare da parte del genitore senza igiene, prodotti in uso senza data apertura e senza tappo, porta aperta, ingresso medico che esegue Eeg senza seguire i percorsi, genitori non aderiscono ai percorsi, contenitori rifiuti distanti dall’Unità di vita del paziente».

La protesta di Francesca, mamma di Alice

Ieri Francesca Frezza, mamma di Alice, una delle neonate morte, si è presentata davanti all'Ospedale della Donna e del Bambino per protestare: "Sono qui - ha detto - perché è arrivato l'esito dell'autorevole commissione d'indagine nominata dal governatore Luca Zaia. Un esito pesante, perché conferma tutto quello a cui ho sempre pensato in questo lungo anno". "Mancanze igienico-sanitarie della terapia intensiva neonatale" ha spiegato Francesca, tenendo sempre in mostra la foto della figlia, nata nell'ospedale veronese l'11 aprile e morta al Gaslini di Genova il 18 novembre 2019, dopo un calvario causato dall'infezione da citrobacter. "Oggi chiedo, in attesa con piena fiducia che la magistratura faccia il suo corso - ha aggiunto - le dimissioni in via temporanea del dottor Paolo Biban, direttore della Pediatria a indirizzo critico e della terapia intensiva, della dottoressa Chiara Bovo, direttore sanitario dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, del direttore generale Francesco Cobello, e del dottor Massimo Franchi, direttore del Dipertimento materno-infantile".

La donna ha detto di non accettare le spiegazioni che in questi mesi le sono state fornite. "Non meno di pochi giorni fa - ha affermato - il direttore generale Cobello ha dichiarato di essere venuto a conoscenza del citrobacter il 12 giugno, quando ha deciso la chiusura del punto nascite e lo spostamento della terapia intensiva neonatale. Ma nella cartella clinica di mia figlia, a maggio 2019 c'era scritto dell'infezione da citrobacter". E ha ricordato che "la commissione parla di 96 bambini infettati, di cui 4 deceduti e 9 resi cerebrolesi". "L'unica scelta forte e doverosa che andava fatta - ha sottolineato la donna - era di chiudere tutto subito e non aspettare due anni. La decisione di chiudere è stata presa solo il 12 giugno, quando ho dichiarato e reso pubbliche le perizie medico legali che accertavano che mia figlia è morta per il citrobacter". 

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