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Domenica, 28 Aprile 2024
La sentenza

Cos'è questa storia della loggia massonica e perché Davigo è stato condannato a un anno e 3 mesi

L'ex magistrato simbolo del pool di Mani Pulite è accusato di rivelazione del segreto d'ufficio nell'inchiesta sulla presunta loggia massonica

L'ex pm di Mani Pulite ed ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo è stato condannato a un anno e 3 mesi dalla Corte d'Appello di Brescia. Il verdetto ribadisce quello pronunciato dal Tribunale di Brescia il 20 giugno dell'anno scorso, compreso il risarcimento del danno quantificato in 20mila euro che l'imputato dovrà versare al magistrato, qui parte civile, Sebastiano Ardita.

Il 'Dottor Sottile', soprannome di Piercamillo Davigo all'epoca di 'Mani Pulite' da chi gli riconosceva la finezza nei ragionamenti in punta di diritto, ora in pensione, era accusato di rivelazione del segreto d'ufficio in merito alla vicenda dei verbali di Piero Amara su una presunta Loggia Ungheria.

La presunta Loggia Ungheria

Il verdetto dà ragione alla pubblica accusa che, nella scorsa udienza, aveva chiesto la condanna per l'ex magistrato per aver ricevuto dalle mani del pm milanese Paolo Storari - assolto in via definitiva al termine del processo abbreviato - i verbali segreti di Piero Amara in cui l'ex avvocato esterno di Eni svelava l'esistenza della presunta associazione massonica. Dichiarazioni rese da Amara in più interrogatori, tra il 6 dicembre del 2019 e l'11 gennaio 2020, nell'inchiesta sul cosiddetto 'falso complotto Eni', di cui Storari era uno dei magistrati titolari.

La consegna degli atti secretati avviene nell'aprile del 2020, in pieno lockdown: Storari va a casa di Davigo con l'obiettivo di denunciare la presunta inerzia a indagare da parte dei vertici - in particolare dall'allora procuratore di Milano Francesco Greco e dall'aggiunto Laura Pedio - sull'ipotetica loggia Ungheria di cui avrebbero fatto parte personaggi delle istituzioni e delle forze armate, oltre che di due componenti del Csm in carica in quel momento. Un presunto immobilismo (con potenziali effetti anche sul processo Eni-Nigeria) che Davigo - ritenendo a lui non opponibile il segreto - tenta di 'rompere' per ''riportare sui binari della legalità" il procedimento (non ancora iscritto dalla procura di Milano, ndr) parlandone a diversi consiglieri al Csm e all'allora presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra, con accenni talvolta sull'ex consigliere Sebastiano Ardita (parte civile difesa dall'avvocato Fabio Repici), nominato da Amara in quei verbali. Per la pubblica accusa, Davigo va ''oltre'' i suoi poteri e ''aumenta il pericolo di diffusione di un'indagine segreta'', le sue plurime rivelazioni trasformano atti riservati nel ''segreto di Pulcinella''. Per la difesa, rappresentata dai legali Davide Steccanella e Francesco Borasi, ''Siamo nel paradosso che, se fosse valida l'impostazione accusatoria, Davigo ha violato (il segreto d'ufficio, ndr) non per nuocere a un'indagine, ma per farla partire''.

"È una sentenza abbastanza prevedibile - commenta l'avvocato Fabio Repici - È stato provato il danno che Davigo provocò ad Ardita divulgando le calunnie nei suoi confronti verbalizzate da Amara per screditarlo e finendo così per screditare il corretto funzionamento della magistratura". L'avvocato Davide Steccanella, che difende Davigo, annuncia ricorso in Cassazione.

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