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Sabato, 27 Aprile 2024
Una storia terribile / Torino

Ragazzina di 13 anni incinta del papà, che poi la violenta pure in ospedale: anche la mamma è nei guai

L'orrore all'ospedale Sant'Anna di Torino. L'uomo oggi è in carcere: è stato incastrato dalle telecamere piazzate dagli inquirenti nella stanza della piccola. La madre è indagata per concorso in violenza sessuale. Sotto inchiesta c'è anche un'amica di famiglia che avrebbe nascosto la verità

È arrivata all'ospedale Sant'Anna di Torino spaventata e preoccupata, insieme alla mamma, perché incinta a 13 anni. La stessa ragazzina, oggi, ha ancora il terrore negli occhi mentre risponde alle domande del giudice. Stringe un peluche al petto per farsi forza e trovare il coraggio. Dal suo racconto è emersa una storia agghiacciante di abusi subìti in famiglia. Il padre del bambino che la ragazzina portava in grembo la scorsa estate è il suo stesso papà, che ha abusato di lei ripetutamente e persino mentre si trovava ricoverata in ospedale per il parto.

L'uomo, un cittadino filippino di 45 anni, incensurato e arrivato in Italia una decina di anni fa, oggi è in carcere e deve rispondere di violenza sessuale nei confronti della tredicenne e maltrattamenti verso la moglie e gli altri figli minori. Inoltre, anche la mamma risulta ora indagata per concorso in violenza sessuale: secondo la procura di Torino che si appresta a chiedere il rinvio a giudizio dopo la chiusura delle indagini, la donna sapeva dell'orrore che si consumava in casa sua, ma non avrebbe fatto nulla per fermarlo.

La vittima minorenne è difesa dall'avvocato Roberto Saraniti. "Ho visto una bambina che rispondeva alle domande del giudice stringendo un peluche al petto - ha raccontato il legale a TorinoToday -. Una tragedia assoluta che lascia senza parole. La ragazzina si trova in comunità, le hanno tolto il bambino, e chissà che vita potrà avere. Ora attendiamo la data dell'udienza preliminare".

La ricostruzione e i dubbi sulla gravidanza "sospetta"

Questi i fatti, secondo la ricostruzione degli inquirenti. La ragazzina arriva in ospedale al settimo mese di gravidanza nel luglio dello scorso anno, accompagnata dalla madre. Chiede informazioni sul parto, sugli esami da fare e sull'alimentazione da seguire. Quando però i medici le chiedono chi sia il padre del bambino che stava per nascere, lei è evasiva: parla di un compagno di scuola, poi di un ragazzo conosciuto su una chat di incontri. Cambia più volte versione. Dall'ospedale viene inviata una segnalazione al tribunale e si decide di indagare su quella gravidanza, considerata quantomeno sospetta, visto che la giovane non ha voluto rivelare chi fosse realmente il padre del bambino, e così i suoi genitori. Non era neanche mai stato sentito un medico.

La violenza in ospedale e il test del Dna

Gli agenti della polizia giudiziaria - una squadra interforze composta da agenti della polizia di Stato, dei carabinieri e della polizia locale - piazzano alcune telecamere nascoste nella stanza dell'ospedale in cui la piccola è ricoverata. Emerge la terribile verità: nella notte tra il 9 e il 10 luglio suo padre va a farle visita, si infila sotto le lenzuola e la costringe ad avere un rapporto sessuale. Per il filippino 45enne scattano subito le manette: viene arrestato in flagranza di reato. Poi l'esame del Dna sul feto conferma che è lui il padre del bambino, nato ad agosto e dato in adozione.

La mamma e un'amica di famiglia indagate

A ricostruire gli abusi in questi mesi di indagini è stato il pm Enzo Bucarelli. Le violenze sarebbero cominciate nel 2022, e si consumavano in casa. La mamma ne sarebbe stata al corrente ma non avrebbe denunciato, secondo l'accusa, e a sua volta sarebbe stata vittima di ripetute percosse da parte del marito. Nell'inchiesta - scrive oggi il Corriere della Sera - è coinvolta anche una terza persona, un'amica di famiglia che avrebbe provato a convincere la 13enne a non raccontare gli abusi sessuali del padre, incolpando della gravidanza un compagno di classe. Già nei mesi scorsi la ragazzina e i suoi fratellini più piccoli sono stati tolti ai genitori e collocati in una comunità protetta.

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