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Sabato, 27 Aprile 2024
Cronaca

"Povertà, bontà e tenerezza": Bergoglio riscrive il 'vocabolario' del Papa

Il primo saluto alla folla di fedeli in piazza San Pietro si è chiuso con un semplice "buonasera". Nel giorno dell'intronizzazione ha chiesto di non temere la "tenerezza". Discorsi semplici, parole quotidiane. Il cambiamento passa anche da qui

“Fratelli e sorelle, buonasera”. Quattro parole e Papa Francesco aveva già convinto. C’è una regola sacra, vera fin dalla notte dei tempi: ogni dialogo ha come sfondo un contesto preciso, lo steccato che fa da argine tra il comprensibile e l’incomprensibile. In un convegno di geologi o in una tesi di laurea fare a meno del linguaggio scientifico-accademico susciterebbe nella platea più di un sorrisino malizioso.

Così per la tecnica ma anche la politica, la filosofia, la letteratura. Così per le faccende legate allo spirito, l’anima, l’amore. Cambia il contesto, si modifica il verbo. E’ pressoché impossibile che la parola ‘sperequazione’ sfiori le chiacchiere di due amanti. Ed è improbabile che la stessa entri nel segreto del confessionale. Il primo cambiamento radicale di Papa Francesco sta proprio in questo: abbandonare il linguaggio filosofico-teologico di Benedetto XVI, per sostituirlo con un vocabolario da focolare. E a dire il vero non poteva far altro. Svestirsi dai panni del pontefice per indossare il saio liso di quel Francesco di Assisi tanto invocato, non permetteva altro che questo: “Se io incontrassi un sacerdote ed un Angelo, saluterei prima il sacerdote e poi l’Angelo”. Così ha fatto Francesco, così ha intenzione di fare il nuovo vescovo di Roma. Se Cristo alla fine è amore, che amore sia.

Amore e povertà. Lo chiedeva e lo professava il santo otto secoli fa, lo disse per primo Gesù di Nazareth: “E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio”. E quelle parole sono state ripetute e ricalcate fin da subito da Papa Francesco: “Quanto vorrei una chiesa povera, per i poveri”. Povertà nello spirito (come quella nonna argentina: “Se il Signore non perdonasse, tutto il mondo non esisterebbe”), il potere al servizio degli ultimi, sobrietà. E da oggi, nel giorno dell’intronizzazione, tenerezza. “Non dobbiamo avere paura della bontà, anzi neanche della tenerezza!”

“PER FAVORE” – A far la differenza anche i modi, i saluti calorosi, il gettarsi nella gente, e gli approcci. Un Papa che chiede “per favore” ai potenti del mondo non può lasciar indifferente: “Vorrei chiedere, per favore, a tutti coloro che occupano ruoli di responsabilità in ambito economico, politico o sociale, a tutti gli uomini e le donne di buona volontà: siamo custodi della creazione, del disegno di Dio iscritto nella natura, custodi dell'altro, dell'ambiente; non lasciamo che segni di distruzione e di morte accompagnino il cammino di questo nostro mondo”. "Ma – ha aggiunto – per custodire dobbiamo anche avere cura di noi stessi”.

GESTI – Per ultimo il linguaggio del corpo, la semantica del gesto. Fondamentale per parlare ai popoli e alle moltitudini. Centrale per rilanciare quella missione francescana, da gesuita, che Papa Francesco si è caricato sulle spalle. Tutto è messaggio, la lingua come il corpo. E allora qui la discontinuità è marcata dal giro di questa mattina lungo piazza San Pietro senza vetri blindati; da quel voler fermare la ‘jeep’ per andare a baciare la testa di un invalido; dall’aver voluto, di tasca sua e già in abito bianco, regolare personalmente il conto dell’albergo che lo ha ospitato durante il conclave. Ma anche la croce in ferro che porta al collo o l’anello del pescatore voluto in argento e solo placcato in oro.

Il linguaggio, tuttavia, deve essere accompagnato dall’attualità dell’azione. Ed è qui che per Bergoglio viene il difficile. La breccia è stata aperta, ora ci sarà da fare i conti con quella chiesa romana ingessata, stanca, politica, attenta, troppo attenta alle faccende legate allo Ior. In questo verrebbe bene la lezione che il poverello di Assisi ha impresso nella roccia del monte della Verna, lì dove ricevette le stimmate. “Nel crudo sasso intra Tevere et Arno”, Francesco dormiva dentro una piccola grotta, disteso su un sasso liscio, solitario e povero. Solo con il suo Dio.

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