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Sabato, 27 Aprile 2024
I lavoratori stagionali

Il caso di cuochi e camerieri che non si trovano: "Volete i lavoratori? Pagateli"

Gli imprenditori denunciano il paradosso di non riuscire ad assumere stagionali e mettono nel mirino il reddito di cittadinanza. Il sindacato Anls racconta un'altra storia: "Orari da sfruttamento e poche tutele"

Ma è vero che mancano camierieri e cuochi? E che assumere un bagnino è diventata un'impresa? "Molti locali stanno provando a ripartire ma non trovano personale da assumere", ha fatto sapere giorni fa Santino Cannamela, presidente di Confesercenti Firenze, che ha raccolto la preoccupazione di numerosi ristoratori e titolari di locali. Solo a Firenze almeno un centinaio di attività avrebbero un problema di carenza del personale. Colpa della pandemia, ma non solo. Secondo l'Osservatorio Inps sul precariato, nel 2020 sono andati persi 493mila contratti a termine. A pesare è stato soprattutto il calo degli occupati nei settori del commercio, dell'alloggio e della ristorazione (-371.000), mentre le cessazioni dei rapporti stagionali e dei contratti intermittenti sono state oltre 200mila. Un disastro annunciato. Che potrebbe avere altre ricadute sul mondo del turismo e della ristorazione. Perché nel frattempo c'è chi ha deciso di ricollocarsi in un altro settore. Oppure ha cercato fortuna altrove.

Resta il fatto che sui giornali e nei programmi di approfondimento è tornato di moda il format che vuole l'imprenditore (o l'associazione del commercio x) lamentarsi di quanto sia (diventato) difficile trovare gente da assumere. Perché i lavoratori non sono più quelli di una volta e anziché sgobbare oggi preferiscono incassare il reddito di cittadinanza.

Sul tema va registrata anche la presa di posizione del governatore della Campania Vincenzo De Luca che giorni fa su facebook ha fatto capire chiaramente da che parte sta: "Mi è stato confermato che alcune attività commerciali non apriranno anche quando sarà consentito perché per esempio per i bar e per i ristoranti non si trovano più camerieri. Per le attività stagionali non si trova più personale. Già lo scorso anno per gli stagionali nell'industria conserviera non si trovavano stagionali". Per De Luca si tratta di "uno dei risultati paradossali dell'introduzione del reddito di cittadinanza" perché, ha argomentato, "se tu mi dai 700 euro al mese e io mi vado a fare qualche doppio lavoro, non ho interesse ad alzarmi la mattina alle 6 per andare a lavorare in un'industria di trasformazione agricola".

"Sfruttati e sottopogati: si è superato il limite"

Come stanno le cose? Intanto, a mo' di premessa, bisogna dire che, almeno fino a prima della pandemia, il settore del turismo non era proprio in caduta libera come potrebbe sembrare dalle denunce allarmate di cui pure si legge da anni. Stando all'ultimo rapporto di Federalberghi (dati Inps), tra il 2018 e il 2019 il lavoro dipendente nel settore turismo era ad esempio aumentato di quasi 58mila unità, con un incremento di 4,7 punti percentuali. Inutile dire, del resto lo abbiamo già fatto, che il Covid ha messo in ginocchio il settore. Ma le rivendicazioni dei lavoratori del comparto, per buona parte stagionali, non possono essere ridotte ad un cliché. Il perché ce lo racconta Giovanni Cafagna, presidente dell'Associazione Nazionale Lavoratori Stagionali (ANLS), il primo sindacato nazionale che difende i diritti di questa categoria. Per Cafagna la narrazione che spesso è preponderante sui media non racconta tutta la realtà. Che anzi è quasi all'opposto. "I lavoratori stagionali sono sfruttati al di là di ogni limite, non hanno nessuna rappresentanza", dice il sindacalista, eppure oggi vengono anche strumentalizzati "per fare polemica contro il reddito di cittadinanza. Si è superato il limite". "In tv ho sentito un ristoratore lamentarsi di non riuscire ad assumere e offriva un contratto di 900 euro al mese. Ma lo stipendio base di un cameriere in base agli accordi di categoria dovrebbe essere di 1.400 euro". Il problema  degli stagionali ad ogni modo non nasce oggi. Secondo Cafagna per la categoria (o almeno parte di essa) si è rivelata esiziale l'introduzione della nuova Naspi che di fatto, a partire dal 2015, ha dimezzato la durata dell'indennità di disoccupazione fino ad un massimo di 3 mesi, lasciando di fatto "scoperti" i mesi invernali.

Dal sindacato parlano anche di paghe da fame che talvolta partono "da un minimo di 500 euro" e di orari di lavoro mai rispettati. Le 40 ore settimanali sono solo sulla carta. "In pratica si lavora sette giorni su sette, anche per 70-80 ore a settimana". Infine c'è un altro problema che forse li sottende tutti: manca quella che una volta si definiva "coscienza di classe". E manca la capacità di fare lobby (in senso buono). "Pur essendo precari i rider sono riusciti a creare un minimo di lotta sindacale perché vivono e lavorano in realtà più grandi. Lo stagionale che abita nei territori a vocazione turistica non ha la percezione di essere sfruttato: la prospettiva di lavorare per 1.200 o 1.300 euro al mese viene considerata un lusso". 

Il problema degli stipendi bassi (e non solo) 

Il sindacato Anls rappresenta ovviamente gli interessi di una categoria. Vero è però che finora le denunce degli imprenditori del turismo rientrano nell'ambito dell'aneddotica, nel senso che non ci sono stime concrete e credibili a documentare la vastità del fenomeno che segnalano. Quante sarebbero le rinunce? E davvero il reddito di cittadinanza è parte del problema? Sui social, come risposta ad una narrazione evidentemente sbilanciata, si moltiplicano le testimonianze di proposte di lavoro a condizioni che rasentano lo sfruttamento. E in effetti che quello dei salari sia un problema reale lo ammette anche l'Inps che nel rapporto annuale sul mondo del lavoro spiega che l'introduzione di un salario minimo avvanteggerebbe proprio gli stagionali, oltre a generare un "effetto positivo in termini di gettito fiscale derivante dall'emersione del lavoro nero e dal caporalato". "La platea degli interessati - si legge - , circa tre milioni di lavoratori italiani,sarebbe largamente concentrata nel Sud del paese. Infatti, i salari al di sotto dei minimi contrattuali si riscontrano largamente in imprese di piccole dimensioni, sotto i dieci addetti, prevalentemente nei settori stagionali e legati alla ristorazione e al turismo".

Sul tema dei lavoratori che mancano è intervenuta nelle scorse ore anche la Cgil Emilia-Romagna chiedendo di fermare le "solite polemiche" e le "stesse lamentele di sempre". "Sostenere, ad esempio, che reddito di cittadinanza e bonus erogati ai lavoratori e alle lavoratrici stagionali in questi 15 mesi di emergenza pandemica disincentivino i giovani ad accettare proposte di lavoro nel turismo è una narrazione falsa e lontana dalla realtà". Le cause del problema sarebbero invece la "diffusa irregolarità nel settore, il diffondersi del sistema di applicazione di 'contratti pirata', un'elevata precarizzazione del lavoro (non solo nella stagionalità)", nonché "il ricorso al 'lavoro in appalto' con l'utilizzo di personale non assunto direttamente dall'impresa ma fornito da terzi ed ulteriormente sottopagato (pratica questa che sconfina nell'illegalità)". Non c'è dunque solo il tema dei contratti collettivi, ma anche quello dei controlli che non ci sono, o evidentemente non sono sufficienti. Ma qui si apre un altro capitolo. 

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