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Pensioni, il grande rischio all'orizzonte: cosa cambia con Draghi e cosa succede il 31 dicembre

Secondo molti osservatori non ci sarebbe a fine anno la necessità di usare le pensioni per tagliare seccamente la spesa pubblica proprio nel momento in cui il trend generale è opposto. Cosa farà il governo sulle pensioni? Il dibattito è aperto. Anzi, spalancato. Quota 100 ha i mesi contati e un'armonizzazione è inevitabile. Ma bisogna fare in fretta

Non sprecare soldi pubblici, certo. Ma secondo molti osservatori non ci sarebbe a fine 2021 la necessità di usare le pensioni per tagliare la spesa pubblica proprio nel momento in cui il trend generale è opposto. Cosa farà il governo Draghi sulle pensioni? Il dibattito è aperto. Anzi, spalancato.

Pensioni: cosa farà il governo Draghi e cosa cambia

Al momento la pensione di vecchiaia prevede il ritiro dal lavoro a 67 anni e un’anzianità contributiva minima di anni 20, nonché, della pensione anticipata senza il vincolo dell’età anagrafica ma con solo il requisito contributivo da rispettare che porta a 42 anni e 10 mesi per i lavoratori e poco meno di un anno per le lavoratrici, ossia 41 anni e 10 mesi. Il 31 dicembre "scade" Quota 100 consente di anticipare la pensione a 62 anni di età con 38 di contributi fino al 31 dicembre 2021. Dal primo gennaio si torna alle regole di prima e quindi allo "scalone" di cinque anni di età. Ed è molto improbabile che Draghi proroghi quota 100. Con la fine di Quota 100 la prima conseguenza che salta agli occhi è il ripido scalone: il pensionamento sarebbe accessibile solo a partire dai 67 anni di età. Lo scalone è un problema vero, concreto, da affrontare. Facciamo un esempio lampante. Alla fine del 2021, senza un’eventuale armonizzazione, per gli esclusi ci sarà un aumento secco di cinque o sei anni dei requisiti di pensionamento.

Un caso limite: Mario e Giovanni hanno lavorato 38 anni nella stessa azienda solo che il primo è nato nel dicembre del 1959 e il secondo nel gennaio del 1960. Mario andrà in pensione (se lo vorrà) a 62 anni, mentre Giovanni dovrà optare tra un pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi nel 2026 o il pensionamento di vecchiaia con 67 anni e nove mesi, addirittura nel 2029. Insomma così non va, è evidente. Uno scalone del genere andrebbe persino oltre quello della vecchia riforma Maroni (legge 243/2004), quando fu introdotta una differenza di tre anni lavorativi tra chi avrebbe maturato il diritto alla pensione il 31 dicembre del 2007 e chi lo avrebbe fatto il primo gennaio del 2008. All'epoca per evitare che a circa 130mila lavoratori venisse impedito di andare in pensione subito si fece la riforma Damiano, con un aumento della spesa pensionistica di 65 miliardi nel decennio successivo. 

Pensioni, Quota 100 e scalone: cosa succederà dal 1 gennaio 2022

Si può ragionevolmente scludere una mini-proroga di Quota 100 anche se solo per i primi mesi del 2022. Il governo Drgahi non avrebbe alcuna intenzione di procedere in tal senso. La Commissione Ue ha nel mirino ‘Quota 100’ fin dal suo concepimento. Visto che è il medesimo interlocutore con cui ci sarà un continuo confronto per l’erogazione dei fondi del Recovery, si studierà il modo di superrare Quota 100 altrimenti. Ma come? La strada con meno scossoni e ostacoli sembra quella di agire su soglie di pensionamento e coefficienti di trasformazione, rimanendo nel solco ”contributivo”, per addolcire il più possibile l’impatto del ritorno secco allo schema della legge del 2011.

Nelle Considerazioni finali dei suoi anni alla guida della Banca d'Italia Draghi suggeriva di allungare la vita lavorativa per garantire un tenore di vita adeguato agli anziani di domani. Draghi tratterà e aprirà a brevissimo tavoli di confronto con i sindacati e tutte le parti sociali alla ricerca di soluzioni ragionevoli. C'è una grossa differenza rispetto a quanto avvenne all'epoca del governo Monti-Fornero, 10 anni fa. Infatti il governo Draghi, anche se a debito, dovrebbe avere quelle risorse che permetteranno di addolcire gli spigoli delle trattative. Lo spazio è stretto, perché l'Europa chiede chiaramente, nero su bianco, e non da oggi all'Italia di "attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni nella spesa pubblica".

Facile pensare che si proverà ad agire sui dettagli, sulle soglie di pensionamento e sui coefficienti vari. Ad esempio la Cisl ha più volte fatto notare che "Quota 100 è stata utilizzata molto poco dalle donne, dal momento che raggiungere il minimo di 38 anni di contributi richiesti è estremamente difficile per molte lavoratrici a causa dei noti problemi di forte precarietà e discontinuità lavorativa". Rispetto alla necessità di continuare a tutelare i lavoratori precoci, per llargare le possibilità di pensionamento anticipato con minore numero di anni di contributi combinati con un’età ragionevole, l'ipotesi  che alle donne debba essere riconosciuto l’accredito di 12 mesi di contributi per ogni figlio è sul tavolo.

La riforma delle pensioni in Italia

Ma ragionando più ad ampio spettro, qualcuno ritiene che Draghi e il suo governo potrebbero avere almeno nei prossimi mesi un tale sostegno della maggioranza da poter pensare a mettere le basi per una vera riforma strutturale, da amalgamare alla legge Fornero, con l’obiettivo di garantire solidità e sostenibilità anche nel medio periodo a tutto il sistema pensionistico. Staremo a vedere. 

Molto complesso in ogni caso ipotizzare di collocare la riforma delle pensioni all’interno della costruzione di un nuovo sistema di welfare. In questo caso potrebbe addirittura prendere corpo l’ipotesi di un intervento di riforma del sistema, con l’obiettivo di produrre un ”Testo unico” sulle pensioni che riguardi sia il primo pilastro (previdenza obbligatoria) con l’introduzione anche di una pensione di garanzia per chi, nel contributivo puro, non potrà più contare su integrazioni al minimo, sia il secondo pilastro (previdenza complementare) con un adeguamento di tanti aspetti (a partire dai trattamenti fiscali) che non hanno finora consentito un vero decollo della previdenza complementare.

Pensioni, assegno più basso a marzo 2021? 

Marzo per i pensionati (o almeno, per molti di essi) non è iniziato nel migliore dei modi a causa dei conguagli dell'Irpef: pensione ridotta. Ma non basta, come ha provveduto a sottolineare l'Istat, l'assegno previdenziale riservato ad impiegati ed operai nel biennio 2019-2020 era sceso dello 0,3%. Stiamo parlando di due delle categorie che sono state fortemente colpite dalla pandemia e dalle restrizioni economiche.

Gli assegni previdenziali saranno interessati ad un ricalcolo del Irpef: a subire il taglio della propria pensione saranno i pensionati che hanno percepito degli altri redditi rispetto all'assegno Inps. Sarà necessario provvedere ad un conguaglio, che porterà ad un riduzione rispetto a quanto si era preventivato di ricevere. Ma non solo: a pesare sulla mensilità, oltre all'Irpef, ci saranno anche gli importi relativi all'addizionale regionale 2020 e all'addizionale comunale 2020.

Pensioni, ipotesi Quota 92 e Quota 102: cosa può cambiare con il governo Draghi

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