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Venerdì, 26 Aprile 2024
Tutte le ipotesi di riforma

In pensione a 64 anni: cosa succederà dal 1º gennaio

La riforma all'orizzonte darà il là a un nuovo "sistema" superando la legge Fornero. Il governo propone una piccola penale, un mini-taglio sull'assegno in cambio di uno sconto sull'età pensionabile. Ma potrebbero tornare d'attualità anche Quota 41 e Quota 102

Dal 31 dicembre Quota 102 non sarà rinnovata. La riforma delle pensioni darà il là a un nuovo "sistema" per lasciare il lavoro superando la legge Fornero. Il governo propone una piccola penale, un mini-taglio sull'assegno in cambio di uno sconto sull'età pensionabile. Ma i sindacati per ora nicchiano. Le parti sociali da un anno hanno messo nero su bianco le loro richieste: vorrebbero l'estensione della flessibilità a partire dai 62 anni o con 41 di contributi a prescindere dall'età, permettendo ai lavoratori di poter scegliere quando andare in pensione senza penalizzazioni per chi ha iniziato a versare prima del 1996. Tra le ipotesi anche la modifica del meccanismo di adeguamento alla speranza di vita. Cgil, Cisl e Uil puntano su condizioni più favorevoli e strutturali per l'accesso alla pensione delle categorie più deboli, ad esempio gli usuranti che rientrano nell'Ape sociale, che potrebbe essere ampliata, diventando quasi strutturale. Le indiscrezioni portano davvero a una riforma con i "64 anni" anagrafici al centro. Ma procediamo con ordine.

Riforma pensioni: dal piano Tridico al contributivo puro

Dall'altra parte c'è il piano Tridico. Il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, rilancia ciclicamente la proposta di erogare a chi lascia il lavoro a 64 anni solo la parte contributiva dell'assegno maturata fino a quel momento, per poi pagare la quota retributiva della pensione una volta raggiunti i 67 anni (il requisito di età fissato dalla Fornero). Il putno forte di questo piano è la sostenibilità per le casse dello stato. Secondo Tridico questo tipo di anticipo costerebbe infatti 400 milioni di euro l'anno. Una spesa molto inferiore rispetto ad esempio ai 10 miliardi di "Quota 41". A livello generale, il piano delle due quote di Tridico introduce un principio di equità sul quale si potrebbe trovare una convergenza, proprio perché non prevede penalizzazioni una volta compiuti i 67 anni, ma una riduzione per i soli primi 2-3 anni di pensione.

La linea seguita dal governo Draghi sembra più penalizzante, se si va a guardare l'assegno. La proposta messa sul tavolo di andare in pensione prima dei 67 anni della Fornero solo con il ricalcolo dell'assegno contributivo, con finestre di uscita dai 64 anni di età con almeno 20 di contributi, non piace ai sindacati e a vari osservatori ed esperti perché il taglio del trattamento rischia di essere pari al 30% (con Opzione Donna oggi come oggi è così). Certo, il taglio dell'assegno varierebbe in base agli anni di anticipo, ma la strada è in salita.

La prima bozza di riforma delle pensioni

Se l'intesa la si vuole trovare entro poche settimane, in modo che la prima bozza di riforma delle pensioni sia scritta in tempo per il Def di aprile, il primo gradino verso la nuova legge di Bilancio, il governo potrebbe decidere di abbassare la quota di 2,8 volte l'assegno minimo (1.440 euro) per i lavoratori del contributivo intenzionati a uscire prima dell'età di vecchiaia e ad estendere la norma anche a chi usufruisce del misto. Ma in tal caso si deve contestualmente ragionare anche sulla pensione di garanzia per chi a 67 anni non avrebbe un trattamento pari ad almeno 1,5 volte il minimo (770 euro). E chi lascerà il lavoro a 64 anni avrebbe un taglio dell'assegno leggere, al massimo del 3 per cento per ogni anno di anticipo. Probabilmente meno.

Il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, apprezza l'apertura dell'esecutivo alla flessibilità in uscita, ma avverte, parlando con la Stampa, che "ipotizzare un passaggio a un sistema tutto contributivo sarebbe un'ulteriore penalizzazione per chi deve andare in pensione e l'ennesimo ritocco dei diritti acquisiti. Vorrei far notare che la media di uscita in Europa è di 63 anni, credo che l'Italia dovrebbe allinearsi". Preoccupa il rischio di taglio del 30% dell'assegno. "Fare il calcolo con il sistema contributivo abbassa l'assegno, è chiaro. Nessuno pensa di tornare a un sistema retributivo, però abbiamo un periodo di transizione in cui c'è una percentuale, ormai bassa, di lavoratori col sistema misto. Cambiare le regole adesso significa cambiare le carte in tavola".

Quota 41 resterà sul tavolo fino all'ultimo

"L'apertura del Governo alla previsione di meccanismi che incentivino la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro va nella direzione auspicata dall`UGL, tuttavia non siamo favorevoli al ricalcolo interamente contributivo. Quota 102, attualmente in vigore, scadrà a fine anno e, in assenza di una riforma previdenziale, a partire dal 2023 tornerebbe in vigore la Legge Fornero che prevede il pensionamento a 67 anni". Fa il punto della situazione Paolo Capone, Segretario Generale dell'Ugl, con una nota in merito al dibattito sulla riforma delle pensioni. "Come rilevano i dati dell'Inps, attualmente il sistema è sostenibile in quanto sono stati risparmiati 1,1 miliardi di euro di assegni previdenziali nel 2020 a causa dell'innalzamento della mortalità per effetto della pandemia. Il clima di incertezza continua ad alimentare i timori dei lavoratori riguardo il proprio futuro. Come sindacato Ugl, pertanto, chiediamo al governo di accelerare la riforma pensionistica ed estendere il tavolo di confronto a tutte le parti sociali. Al contempo - precisa - ci opponiamo fortemente ad un graduale ritorno della Legge Fornero e riteniamo che la soluzione migliore resti Quota 41, che prevede 41 anni di contributi a prescindere dall'età lavorativa. E' fondamentale, dunque, tutelare i diritti acquisiti dei lavoratori, garantendo, al contempo, il turnover generazionale e l`ingresso dei giovani nel mondo del lavoro".

Per avere un quadro più attendibile della riforma delle pensioni occorrerà attendere la prossima settimana quando, con tutta probabilità, ci sarà la prima verifica politica tra il governo e i leader sindacali. "È significativo che il Governo riconosca che bisogna introdurre una flessibilità nell'età di accesso alla pensione. Ma la Uil giudica sbagliata l'idea di legare questa flessibilità al ricalcolo contributivo che sarebbe un ulteriore penalizzazione per i lavoratori". Così Domenico Proietti segretario confederale sintetizza l'esito del confronto tecnico sulle pensioni in corso con il governo al ministero del Lavoro.

"In Italia da 10 anni si va in pensione a 67 anni di età, mentre in Europa la media solo ora raggiunge i 63 anni. Il tema, quindi, è quello di riallineare l'età di accesso la pensione a quello che avviene in Europa. Perseguendo, anche, la strada dei lavori gravosi e usuranti eliminando tutti i vincoli formali che hanno impedito ai lavoratori di poter utilizzare questi strumenti", spiega ribadendo la posizione del sindacato. "Si deve dare una risposta ai lavoratori precoci stabilendo che 41 anni di contributi sono sufficienti per andare in pensione a prescindere dall'età", dice ancora chiedendo che nel sistema contributivo si superino "le soglie reddituali che impongono a chi ha carriere più deboli o discontinue di andare in pensione più tardi".

In pensione a 64 anni

La flessibilità in uscita, scrive oggi il Sole 24 Ore, si potrebbe raccordare a Quota 102, prevista dal governo Draghi solo per quest’anno, con una sorta di ponte su cui si muoverebbe la soglia anagrafica dei 64 anni (in un mix fino a dicembre con la maturazione di almeno 38 anni di versamenti), alla quale guardano da tempo i tecnici del Mef. Rimane però da calcolare il meccanismo che dovrà scattare per il calcolo dell’assegno.

Dunque uscite possibili a partire dai 64 anni d’età, e con almeno 20 anni di contributi, e il trattamento calcolato col contributivo totale. Ma resterebbe una sola reale differenza tra la massa di soggetti totalmente contributivi e quelli del sistema “misto”, che secondo gli ultimi monitoraggi vedrebbero in attività non più di 192mila lavoratori retributivi: la soglia minima dell’ammontare mensile del trattamento che scenderebbe a 2,5 volte il “minimo” (assegno sociale) rispetto alle 2,8 volte previste attualmente per chi è entrato nel mondo del lavoro dal 1996. A considerare il mix 64+38 (ovvero Quota 102) una via percorribile anche per il futuro è il presidente di Itinerari previdenziali, Alberto Brambilla, a patto che si preveda il collegamento con l’aspettativa di vita e il passaggio al solo contributivo.

Pensioni: tutti via dal lavoro a 64 anni con il mini-taglio

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