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Domenica, 28 Aprile 2024
Lavoro e previdenza

Cos'è questa storia del superbonus per le pensioni

L'idea di un incentivo in busta paga per chi sceglie di restare al lavoro fino a 71 anni, per evitare un buco previdenziale, è stata avanzata dal professor Alberto Brambilla nell'XI rapporto di Itinerari previdenziali presentato alla Camera. Cosa significa in termini pratici e cosa sappiamo finora

Una sorta di "superbonus", non edilizio ma in busta paga, e cioè: uno stipendio più alto, con un incentivo economico rivolto a chi decide volontariamente di uscire più tardi dal lavoro, fino a 71 anni, rispetto all'attuale limite di pensionamento per vecchiaia di 67 anni fissato dalla legge Fornero. È una delle idee avanzate nell'undicesimo rapporto del centro studi Itinerari previdenziali, presentato alla Camera dei deputati martedì 16 gennaio, per rendere il sistema pensionistico italiano più sostenibile nel medio-lungo periodo. Le altre proposte per garantire la stabilità del sistema, minacciato dal progressivo invecchiamento della popolazione e dal calo drastico della natalità, riguardano il blocco dell'anzianità contributiva a 42 anni e 10 mesi per gli uomini (un anno in meno per le donne), e l'equiparazione delle regole di pensionamento dei "contributivi puri" (post 1996) a quelle degli altri lavoratori.

Perché ci sarebbe la necessità di un maxi bonus per chi resta al lavoro? Tutto parte da alcune riflessioni e dai dati di fatto. Secondo il rapporto, il sistema previdenziale in Italia resterà stabile e sostenibile per altri 10-15 anni, anche quando la maggior parte dei lavoratori della generazione dei cosiddetti "baby boomers", ovvero i nati tra il 1946 e il 1964, saranno andati in pensione. Si intravedono, però, minacce per il futuro: ecco perché secondo gli esperti del centro studi servirebbe un deciso cambio di rotta per garantire la sostenibilità del sistema anche nei decenni a venire. Il progressivo invecchiamento della popolazione, insieme al declino, per ora senza accenni di inversione, del tasso di natalità vedranno il nostro paese attraversare una delle "transizioni demografiche più impegnantive della storia".

Troppi pensionati: età media 63 anni

Basta dare un'occhiata ai numeri. Nella relazione presentata a Montecitorio, Itinerari previdenziali evidenzia una crescita del numero di pensionati: nel 2022 gli assegni ammontavano a 16.131.414, a fronte dei 16.098.748 nel 2021 e dei 16.004.503 del 2018. Secondo lo studio migliora, anche se lentamente, il rapporto tra pensionati e attivi nel lavoro: nel 2022 si attesta a 1,4443, poco sotto la soglia di sicurezza fissata a 1,5. Il record positivo fu raggiunto solo nel 2019. Ad appesantire i conti pubblici concorre inoltre un aumento della spesa sociale, passata da 73 miliardi nel 2008 a 157 miliardi di euro nel 2022: +126% in dieci anni.

L'analisi di Itinerari previdenziali calcola tuttavia una diminuzione della spesa pensionistica: nel 2022 ammontava a 247,588 miliardi, pari al 12,97% del Pil. L'incidenza sul prodotto interno lordo nel 2021 arrivava invece al 13,42%. Al netto degli oneri assistenziali per maggiorazioni sociali, integrazioni al minimo e gias (gestione degli interventi assistenziali) dei dipendenti pubblici, l'incidenza della spesa pensionistica sul Pil scende all'11,7%, in linea con la media Eurostat. Secondo Itinerari previdenziali, "la corretta determinazione di questi dati è fondamentale per evitare che eccessive sovrastime convincano l'Europa a imporre tagli alle pensioni che presentano invece una spesa sotto controllo".

Oltre al buco prodotto dai pensionati della generazione "baby boomers", il presidente di Itinerari previdenziali Alberto Brambilla mette in guardia dal debito pubblico che "potrebbe sfondare la soglia dei tremila miliardi di euro". Secondo il rapporto, poi, l'Italia si colloca tra i paesi in Europa dove l'età media del pensionamento è tra le più basse: 63 anni.

Il superbonus per chi va in pensione a 71 anni

Da qui la conclusione: servono "misure volte a favorire un'adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione". Come un "superbonus" in busta paga per chi "volontariamente desidera lavorare fino ai 71 anni", e che si tradurrebbe in uno stipendio più alto, con un "33% di contributi in busta paga per tre anni, al netto delle imposte".

Servono riforme, un cambio di passo, per avere un sistema sostenibile anche dal 2040 in poi, evitando un buco nella previdenza. È necessario allungare l'età di pensionamento, "che dovrà gradualmente aumentare evitando il ricorso a eccessive anticipazioni", e puntare "sull'invecchiamento attivo dei lavoratori", afferma il rapporto del centro studi. In termini pratici, questo vorrebbe dire limitare gli strumenti per gli anticipi pensionistici introdotti negli ultimi anni e poi modificati di volta in volta (quota 100, poi quota 102 e infine quota 103). Allo stesso tempo, l'anzianità minima da raggiungere  per il pensionamento anticipato andrebbe fissata in 42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, permettendo una soglia più bassa solo in alcuni casi: maternità, lavoratori precoci o fragili. E poi c'è il "superbonus", per tenere i conti in ordine e garantire le pensioni future.

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