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Sabato, 27 Aprile 2024

Il commento

Giulio Zoppello

Giornalista

Il Fuggitivo: i 30 anni dell’Harrison Ford eroe qualunque

Quando Il Fuggitivo uscì, il 6 agosto 1993, fu un successo clamoroso a livello di botteghino e anche di critica. Costato solo 45 milioni di dollari, ne incassò 370 e diventò il paradigma del nuovo thriller americano, un mix perfetto tra classicità e innovazione. Il tutto a maggior gloria di lui, di Harrison Ford, che si confermò capace di rinnovare il classico eroe americano, vestendolo di una vulnerabilità e una verosimiglianza che fecero scuola.

Riportare in vita un classico anni ‘60

Il Fuggitivo non era un nome nuovo alle orecchie del pubblico internazionale. Quello era il titolo di una serie degli anni ’60 a dir poco leggendaria, e partendo dalle stesse premesse, un uomo in fuga per un crimine che non aveva commesso inseguito da un implacabile tenente di polizia, Andrew Davis ci guidò dentro la drammatica storia del chirurgo Richard Kimble (Harrison Ford). Condannato a morte ingiustamente per l’omicidio della moglie, Kimble finirà rocambolescamente libero dopo il deragliamento del furgone del carcere. Solo, impaurito, braccato dalla legge, è comunque deciso a discolparsi e comincerà un’improvvisata ma appassionante caccia ai responsabili, mentre sulle sue tracce c’è l’infaticabile e carismatico Marshall Samuel Gerard (Tommy Lee Jones). Il Fuggitivo fin da subito elettrizzò il pubblico e la critica, grazie ad una regia incredibilmente dinamica, ma soprattutto ad una storia coinvolgente, che metteva al centro non uno dei tanti ammazzasette di Hollywood, ma un personaggio complesso, umanissimo, a cui Harrison Ford seppe donare tutta la sua normalità. Kimble sarebbe diventato il simbolo stesso di una decostruzione, che in fin dei conti Ford aveva già portato avanti da diversi anni, differenziandosi da divi come Sylvester Stallone o Arnold Schwarzenegger, prendendo una strada da un certo punto di vista parallela a quella che avrebbe poi fruttato a Bruce Willis una fama imperitura, con il suo sfigatissimo John McClane. Non vi era però molta ironia nel mondo de Il Fuggitivo, al contrario emergeva un quadro drammatico, all'interno di un'America violenta, classista e dove la giustizia era assolutamente una chimera, soggiogata dal denaro e dal potere. 

L’apice dell’eroe qualunque di Harrison Ford

Un po’ Hitchcock, un po’ Kafka, Il Fuggitivo aveva come protagonista quindi una persona normale, dotata però di determinazione, capacità di improvvisare e, a dispetto della sua situazione, altruismo. 
Harrison Ford in fin dei conti già dal suo glorioso esordio in Guerre Stellari, con il suo Ian Solo aveva abbracciato qualcosa di simile, anche se il vero inizio di questo suo percorso attoriale, era avvenuto in uno dei film che egli ancora oggi ama di meno: Blade Runner di Ridley Scott. Da lì in poi erano venuti film come WitnessPresunto Innocente di Alan Pakula, ma soprattutto Frantic del grande Roman Polanski. 
A volte pare quasi che si somiglino, che siano elementi di una saga, dove Ford è costretto a misurarsi con eventi drammatici, a cavarsela quasi sempre da solo e per il rotto della cuffia, contro nemici implacabili e problemi molto più grandi di lui. Il Fuggitivo ce lo mostra mentre cerca in tutti i modi di sopravvivere in una Chicago fumosa, infida, che fa toccare al film sovente le atmosfere del western urbano, mentre lo vediamo inseguito da questo tenente, a cui Tommy Lee Jones dona un carisma, una credibilità, che bucarono letteralmente lo schermo, e gli fecero guadagnare un Oscar per il miglior attore non protagonista che fece epoca. Il Fuggitivo diventa una sorta di stallo alla messicana: Richard cerca la verità, contemporaneamente deve difendersi da un tutore della legge che determinato quanto lui e capire chi l’ha voluto colpire. 
A poco a poco però anche Gerard si rende conto che c'è qualcosa che non va, che la faccenda è più complessa. Il Fuggitivo quasi fino alla fine non ha in realtà un vero cattivo, se non la situazione contingente, il caso. Poi però si palesa il volto di un tradimento shakespeariano, di una macchinazione in cui, come sempre, i soldi e il potere hanno giocato un ruolo chiave.

Un thriller a metà tra narrativa classica e contemporaneità

Il Fuggitivo vanta alcune delle scene action più iconiche di quel decennio, su tutto il famoso tuffo dalla diga di Harrison Ford, dopo uno scambio di battute iconico con quel Marshall che gli dà la caccia. 
Nel loro rapporto, nel loro inseguirsi senza posa, il Fuggitivo smette di connettersi al genere cinematografico di riferimento, abbraccia la contrapposizione che Victor Hugo aveva creato ne “i Miserabili”, tra Jean Valjean e Javert. Come nell'immortale romanzo abbiamo un reietto, dotato però di qualità umane elevatissime, sempre pronto ad aiutare il prossimo e mai domo, incapace di arrendersi. 
Poi abbiamo un tutore della legge intelligentissimo, instancabile, ligio al dovere ma soprattutto infine lo strumento spietato e meccanico della legge, che qui ancora una volta (altro elemento classico di quel decennio nei thriller) è solo l'ombra della giustizia. Il Fuggitivo rappresenta l'apice di Harrison Ford per quello che riguarda la sua capacità di abbracciare personaggi verosimili, lontani dalla spettacolarizzazione pura o distanti dalla quotidianità. A trent'anni di distanza, sono stati tanti i film che hanno cercato di imitare la perfezione di questo inseguimento prolungato, elevato sia delle musiche di James Newton Howard che dalla bellissima fotografia fumosa di Michael Chapman, altro elemento caratteristico del genere di quel decennio, che qui tocca anche vette semantiche non da nulla. Permane infatti l'allegoria del singolo schiacciato dal sistema, della fuga come unico mezzo di sopravvivenza, della totale solitudine all'interno di una società in cui conta solo il potere e che può colpire chiunque e in ogni momento. 

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