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Venerdì, 26 Aprile 2024
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La storia del fornaio in sciopero della fame contro l’espulsione del suo apprendista

La protesta di Stéphane Ravacley per il giovane Laye Fodé Traoré è diventata un caso in Francia. Dieci giorni dopo, l’annuncio: il ragazzo potrà rimanere

Dieci giorni di sciopero della fame a rischio della propria vita, una petizione che ha raccolto più di 240mila firme più un forte sostegno dal mondo politico, sindacale e dello spettacolo, fino a un appello direttamente al presidente francese Emmanuel Macron. Tutto, pur di far valere un principe di giustizia. È la storia del fornaio Stéphane Ravacley e del suo sciopero della fame contro l’ordinanza di espulsione del suo garzone Laye Fodé Traoré.

Arrivato in Francia della Guinea a 16 anni, attraverso un lungo e pericoloso viaggio, il ragazzo - con lo status di minore non accompagnato - era stato condotto da un’associazione di volontari a Besançon dove aveva iniziato a lavorare con un contratto di apprendistato nel panificio di Ravacley. Lo scorso 25 novembre, appena compiuti 18 anni, Laye ha ricevuto un avviso di espulsione per essere entrato illegalmente in Francia. “È assurdo. Quando era minorenne lo Stato si è preso cura di lui. Sapeva che era un migrante, ma gli ha fornito alloggio, protezione, vacanze, lavoro. E il giorno in cui ha compiuto 18 anni, che ha iniziato una nuova vita, gli è stato detto che doveva lasciare il paese”: Stéphane Ravacley, non riusciva a capacitarsi di questo. “È un ragazzo che lavora bene. Arriva alle 3 del mattino, se ne va intorno alle 7.30. Lavora con me da un anno e mezzo. In silenzio, lavora e impara: ha già capito l’essenziale di questo lavoro. E questo ragazzo parla francese meglio di me!”. 

Il fornaio in sciopero delle fame contro l'espulsione del suo garzone

Ravacley, nonostante avesse già 50 anni e diversi problemi di salute, era quindi entrato in sciopero della fame, per attirare i riflettori sul caso del suo garzone. E dopo dieci giorni di proteste - compreso un malore che aveva portato il 50enne in ospedale dopo aver perso otto chili in altrettanti giorni - c’è stato il lieto fine: la posizione del ragazzo è stata regolarizzata, potrà rimanere in Francia e martedì sarà di nuovo al lavoro. Ravacley ha pubblicato su Instagram una foto di lui insieme al ragazzo, fuori dalla prefettura del dipartimento dell’Alta Saona, dopo la conferma che Laye Fodé Traoré poteva rimanere in Francia.

“Laye sta tornando al panificio - beh, non subito perché si deve riposare… e io potrò mangiare!”, ha scherzato Ravacley. “È un grande giorno per lui, per voi, per noi, grazie a tutti - ha aggiunto - La solidarietà esiste, l’abbiamo dimostrato insieme”. Ma il caso di Laye Fodé Traoré non è l’unico e Ravacley vuole battersi anche per loro: “La lotta non è ancora finita, tanti altri sono nella sua stessa situazione”. A France3 Ravalclay ha detto che il ragazzo ha pianto quando ha saputo di essere stato regolarizzato e ha voluto ringraziare lui, i suoi educatori e lo Stato francese. 

La petizione online e l’appello a Macron: “Libertà, uguaglianza e fraternità”

Il fornaio aveva lanciato due settimane fa una petizione online per aiutare il suo garzone che in poco tempo aveva raggiungo più di 240mila firme. L’eco della protesta del fornaio aveva raggiunto anche diversi personaggi noti e influenti, che avevano deciso di sostenere la sua lotta: dagli attori Omar Sy a Marion Cotillard, dalla scrittrice Leila Slimani al filosofo Edgar Morin al deputato europeo Raphaël Glucksmann, insieme a diversi esponenti del partito EELV (Europa Ecologia I Verdi). Personalità del mondo politico, sindacali, dello spettacolo, che avevano scritto anche una lettera aperta a Macron, pubblicata su L'Obs, per chiedere la regolarizzazione del giovane:

“Non si può rimanere insensibili al fatto che un cittadino francese metta in pericolo la sua salute per difendere i principi di umanità - libertà, uguaglianza, fraternità - che sono scritti sulla facciata dei nostri municipi e dovrebbero sostenere la nostra Repubblica. Questa mobilitazione non è una questione di sinistra o di destra, di campo politico o di appartenenza ideologica, è una questione di solidarietà umana. Semplicemente. La storia di un uomo senza appartenenza politica o partito che ha deciso di combattere l'ingiustizia. Fino alla fine. Alcuni casi individuali diventano simboli e definiscono chi siamo e cosa vogliamo essere, collettivamente”

Laye Fodé Traoré, dalla Guinea alla Francia per una nuova vita

Il giovane garzone è nato il 4 aprile 2002. Cresciuto con una famiglia affidataria, non avendo mai conosciuto quella biologica, aveva deciso di intraprendere un lungo viaggio dalla Guinea verso la Francia su consiglio proprio della madre adottiva. Ha attraversato Mali e Libia e a 16 anni è arrivato in Italia, dopo aver attraversato il Mediterraneo su un gommone insieme ad altri migranti. Un treno preso per caso lo ha portato in Francia, a Nimes, dove è stato accolto da una associazione che lo ha poi indirizzato a Gray. Da due anni e mezzo Laye vive a Besançon e da pochi mesi un appartamento da solo, e lavora come apprendista presso il Bread Hutch di Ravacley. Lavoro e studio: questa la vita del ragazzo, che sta proseguendo l’apprendimento della lingua francese e la propria formazione professionale. 

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