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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Perché c'è la guerra in Sudan: le miniere d'oro e la lunga mano di Mosca

Il generale Mohamed Hamdan Dagalo era un ex venditore di cammelli: ora è l'uomo più ricco e pericoloso del Sudan anche grazie ai suoi affari con il gruppo Wagner

Continua ad aggravarsi il bilancio della guerra civile in Sudan dopo gli scontri tra le forze armate e il gruppo paramilitare Rsf. Secondo quanto riferisce il Comitato centrale dei medici sudanesi le persone uccise sono almeno 56 mentre i feriti sono ormai diverse centinaia. Solo nella capitale Khartoum  si conterebbero 25 morti e 302 feriti non solo tra la popolazione militare ma anche tra i civili.

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L'aviazione sudanese ha bombardato le postazioni del gruppo paramilitare nel tentativo di respingere un'"aggressione" mentre le Rsf hanno accusato l'esercito sudanese di aver attaccato un suo quartier generale. Le Rsf, da parte loro, hanno indicato di aver preso il controllo del Palazzo Presidenziale, nonché' dell'aeroporto internazionale di Khartoum, il più grande del Sudan.

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Ma perché c'è la guerra in Sudan? I combattimenti scoppiati sabato 15 aprile non avrebbero a che fare solo con lo scontro di potere in atto tra i due generali, il capo dei paramilitari Mohamed Hamdan Dagalo ed il leader della giunta al potere Abdel Fattah al-Burhan. Dietro ci sarebbe una sorta di 'guerra per procura' tra Usa e Russia.

Gli scontri sarebbero legati al ruolo del Gruppo Wagner in Sudan. In particolare, i paramilitari filo-russi delle Forze di supporto rapido (Rsf), che la Wagner appoggia, stanno tentando di spodestare la giunta militare guidata da al-Burhan. "Qui non si sta solo giocando una guerra tra due generali, ma tra due fazioni. La Wagner qua è impegnata nell'estrazione dell'oro e questo alla parte filo-americana non è gradito". Poco tempo fa, un'inchiesta condotta da Le Monde, in collaborazione con il Progetto di investigazione sulla corruzione e il crimine organizzato (Occrp), aveva messo in luce i legami profondi tra il gruppo Wagner e il Sudan. L'inchiesta rivelò che l'organizzazione di Yevgeny Prigozhin, attraverso la società Meroe Gold Limited, avevano stretto un accordo con l'ex dittatore Omar al-Bashir per lo sfruttamento delle risorse d'oro, in cambio di un sostegno militare.

E in effetti, prosegue il rapporto, dal 2017 i mercenari del gruppo Wagner cominciarono a estrarre oro in Sudan. Secondo media africani, in questi anni il generale Dagalo ha fatto visita ai suoi 'padrini' a Mosca per consolidare i rapporti. Gli stessi mercenari della Wagner nel tempo avrebbero addestrato i miliziani delle Rsf e le parti avrebbero formato una società comune per l'estrazione dell'oro attraverso cui la Wagner avrebbe contrabbandato centinaia di tonnellate d'oro fuori dal Paese. Dagalo ritornò da uno dei quei viaggi a Mosca nel 2022 non solo con la consapevolezza di aver stretto rapporti più solidi con il suo alleato, ma aprendo anche alla possibilità per la Russia di aprire una base navale sul Mar Rosso. Oggi la Wagner starebbe ricambiando 'il favore' sostenendo le Rsf.

Ma chi è davvero Dagalo?

Il generale Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemedti, si è reso responsabile di crimini di guerra nella regione del Darfur tra il 2003 e il 2008 dove si contano circa 300mila morti. Al soldo del deposto dittatore islamista Omar al-Bashir e al comando dei famigerati "janjawid" ha seminato il terrore nella regione: nel 2004, Hemedti ha comandato direttamente uno dei massacri più feroci del conflitto del Darfur ordinando l'assassinio a sangue freddo di circa 130 abitanti del villaggio di Adwa, che i janjawid hanno bruciato prima di stuprare centinaia di donne e seppellire gli uomini in fosse comuni.

Mentre ai suoi ordini circa 100mila combattenti hanno commesso tutti i tipi di crimini contro l'umanità Hemedti diventava anche la persona più ricca del paese prendendo con la forza il controllo della maggior parte delle miniere d'oro - principale fonte di entrare del Paese - e inviando i suoi combattenti a partecipare come mercenari in diversi conflitti, come in Yemen e Libia. 

La totale assenza di scrupoli emerge ancora più chiaramente nel 2019 quando partecipa al rovesciamento del suo "padrino", Omar al Bashir, durante la cosiddetta rivoluzione sudanese, una mobilitazione popolare che finirà per reprimere brutalmente lui stesso. Hemedti viene accusato del massacro di più cento manifestanti in un solo giorno durante un sit-in nel giugno 2019. La rivoluzione ha avviato un processo di transizione in Sudan e ha istituito un governo civile al quale Hemedti ha giurato fedeltà salvo ordire - due anni dopo, nel 2021 - un colpo di stato insieme al capo dell'esercito, Abdelfatah al Burhan. Hemedti è diventato così vicepresidente del Consiglio sovrano, l'organo esecutivo del Paese. Sotto la pressione internazionale il Sudan ha avviato un processo politico per il ripristino delle istituzioni democratiche con la firma di un accordo quadro il 5 dicembre 2022 teso, anche, a rimuovere i militari dal potere. Il nodo non sciolto, che ha portato agli scontri di queste ore, è proprio l'integrazione delle Forze di supporto rapido nell'esercito. Hemedti non ci sta perché si ridurrebbe di molto il suo potere e lo spazio di manovra per i suoi affari. E a farne le spese è ancora la popolazione sudanese.

La lunga mano di Mosca

Lo scorso 9 febbraio il ministro degli esteri russo Lavrov era a Khartoum per sbloccare un accordo che prevede la costruzione e la successiva messa in esercizio di una base navale sulle coste del Mar Rosso. Già due giorni dopo l'invasione russa dell'Ucraina Dagalo si era diretto a Mosca.

Lavrov ha riconosciuto la presenza di società minerarie di proprietà russa in Sudan, affermando che lavoravano "principalmente nel campo dello sviluppo della base di risorse minerarie". Sarebbe proprio il gruppo Wagner a tenere il controllo di varie miniere d'oro sudanesi in cambio di addestramento militare e di intelligence. Ma i mercenari di Mosca non si troverebbero solo in Sudan: come spiegato dallo stesso Lavrov compagnie private russe operano in Africa su richiesta dei governi africani: nella Repubblica Centrafricana i combattenti Wagner girano per la capitale Bangui su veicoli militari anonimi, sorvegliano le miniere d'oro e di diamanti del paese e hanno contribuito a mantenere al potere il presidente Faustin-Archange Touadera.

Lavrov aveva visitato il Mali e la Mauritania presentando la Russia come forza antimperialista e attingendo al risentimento del colonialismo occidentale nel continente. La crescente influenza della Russia è stata particolarmente evidente a gennaio in Burkina Faso, quando i manifestanti che condannavano la Francia e la Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale hanno sventolato bandiere russe per le strade della capitale, Ouagadougou.

L'approfondimento - Oro e armi: Pechino e Mosca si spartiscono l'Africa 

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