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Venerdì, 26 Aprile 2024
TURCHIA

Ucciso dalla polizia a 15 anni mentre comprava il pane: in migliaia ai funerali

Commozione nel quartiere Okmeydani di Istanbul per la morte del giovane Berkin Elvan dopo 269 giorni di coma, ucciso da un lacrimogeno. A salutarlo oltre diecimila persone

Istanbul. Quartiere Okmeydani. Berkin Elvan, 14 anni, esce di casa per andare a comprare il pane. Tutta la città, in quei giorni, è teatro delle manifestazioni in difesa di Gezi Park. Piazza Taksim è una polveriera. E' il 16 giugno. Berkin attraversa la strada. Passano una, due, tre camionette della polizia. La folla rincula proprio in direzione di casa di Berkim. Il giovane si trova proprio nel mezzo del caos quando viene colpito alla testa da un lacrimogeno sparato dalla polizia. Crolla a terra. Rischia di rimanere schiacciato dalla calca.

Tanti, troppi minuti passano prima che i soccorsi, chiamati dai manifestanti, arrivino nel cuore del quartiere Okmeydani. Da tanti, troppi minuti Berkin è a terra, esamine.

Quando giunge in ospedale viene immediatamente ricoverato in terapia intensiva ma le sue condizioni sono disperate. Entra in coma. E mentre dorme da poche ore, il 24 giugno, una frase pronunciata dal presidente Erdogan fa sobbalzare i genitori del piccolo Berkin sulla sedia: non è stata sfortuna, non è stato il caso a indirizzare il lacrimogeno contro la testa del 14enne. Il premier spiega chiaramente che "sì, sono stato io a dare l'ordine alla polizia di intervenire e reprimere le manifestazioni".  

Scoppiano polemiche che rinfocolano le proteste tanto che il 31 luglio centinaia di persone si recano sotto la caserma del battaglione che in quei giorni presidiava il quartiere: anche qui, dura repressione e nessuna spiegazione sull'accaduto. Passa poco più di un mese. I media stazionano in maniera fissa fuori dall'ospedale. I genitori di Berkin sono ormai i simboli della repressione del governo turco. Per questo l'ospedale decide di dimettere il piccolo e di continuare la terapia intensiva a casa. Solo, anche qui, le proteste dei giovani di piazza Taksim permettono alla famiglia di continuare a curare loro figlio in ospedale.

I mesi passano. Berkin è ormai un morto che dorme. Il suo corpo si scioglie fino ad arrivare a pesare meno di venti chili. Nonostante ciò il presidio di manifestanti non lascia mai, neanche un minuto, l'ospedale. In tutto il paese, giorno dopo giorno, si susseguono iniziative per non dimenticare quanto accaduto. Una delle pagine più romantiche e drammatiche viene scritta il 5 gennaio scorso, il giorno del suo 15esimo compleanno, quando il comune di Smirne decide di intitolare al piccolo un parco giochi.

Berkin continua a dormire. Intanto, il 24 gennaio, si svolge la prima udienza. Sul banco degli imputati, un gruppo di poliziotti che, sorpresa delle sorprese, non era neanche in servizio quel giorno: il ministero ha fornito dei nomi falsi al tribunale. Tutto si aggiorna al 30 gennaio. Quel giorno i sette poliziotti incriminati almeno erano in servizio. Peccato che non si ricordavano quello che è successo, "non abbiamo sparato nessun lacrimogeno, non sappiamo nulla dell'incidente".

Da quel giorno in poi, silenzio sul fronte giudiziario. Fino a ieri, 11 marzo, quando la madre e il padre di Berkin hanno comunicato il decesso di loro figlio. E immediatamente migliaia di persone sono tornare in piazza contro Erdogan e la sua repressione. Istanbul, Smirne, Ankara, Eskişehir, Dersim, Kayseri, Kocaeli, Antalya ... sono scese in piazza mentre la madre, davanti alle tv, ha spiegato - senza versare una lacrima - che "non è stato Allah a portare via mio figlio ma è stato Recep Tayyip Erdogan".

Ucciso dalla polizia a 15 anni mentre comprava il pane: in migliaia ai funerali

Oggi, 12 marzo, i funerali di Berkim. Decine di migliaia le persone che sono tornate in strada a Okmeydani. Tanti applausi, tante lacrime e una sola frase, ripetuta fino allo sfinimento: "La polizia dell'Akp ha assassinato Berkin".

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