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Lunedì, 29 Aprile 2024

L'editoriale

Roberta Marchetti

Giornalista

Fedez e la ridicola crociata contro Giorgia Meloni

Fedez ha perso un'altra occasione buona per tacere. Interpellato probabilmente dal suo stesso ego, il rapper ha rotto il silenzio sui social a 48 ore dalla valanga che ha spazzato via l'immagine da buona samaritana di sua moglie Chiara Ferragni, sentendosi colpito (e affondato) dalle parole di Giorgia Meloni sul palco di Atreju. A stizzirlo l'invito che la premier ha fatto ai giovani, qui riportato in toto per contestualizzare correttamente le sue dichiarazioni, usate da Fedez per ribaltare completamente il risultato come un Alessandro Borghese del public speaking politico: "Il vero modello da seguire non sono gli influencer che fanno soldi a palate indossando degli abiti o mostrando borse - ha detto la presidente del Consiglio - facendo eco al design, o addirittura promuovendo carissimi panettoni con i quali si fa credere che si farà beneficenza, ma il cui prezzo serve solo a pagare cachet milionari. Il vero modello da seguire è il modello di chi quella eccellenza italiana la inventa, la disegna, la produce e tiene testa a tutti nel mercato globale". 

Un discorso che non fa una piega sotto nessun punto di vista e che certamente avrebbe fatto ben volentieri qualsiasi leader di centrosinistra davanti a una platea del genere. Il primo punto da chiarire, infatti, prima di passare alla replica di Fedez e alla sua personale battaglia intrapresa contro Giorgia Meloni - convinto che presunti inciampi di governo siano più gravi di una finta beneficenza a scopo di lucro e che gli diano carta bianca per autoassolversi, spostando l'attenzione su altro - è la natura di Atreju. La kermesse è dedicata ai giovani militanti di centrodestra, che gravitano intorno a Fratelli d'Italia, dunque un vivaio politico importante nonostante il disprezzo gratuito che arriva sempre dall'altra parte della 'barricata', dove probabilmente per il futuro si sogna una classe dirigente unilaterale, calpestando il sacro pluralismo. Ma questo è un altro discorso. Tornando ad Atreju e alle parole di Giorgia Meloni, è innegabile che affrontare il tema dei social e dei suoi modelli generazionali sia completamente in linea con quel tipo di pubblico. Così com'è innegabile che per motivare i futuri leader politici non ci si aspetterebbe mai che un presidente del Consiglio suggerisca di ispirarsi a Chiara Ferragni, soprattutto se fresca di scandalo. E fare leva sulla notizia del giorno, sull'emotività che ne consegue, entrare a gamba tesa nel dibattito pubblico - che odano bene qui proferragnez, antimeloniani & co - è alla base di ogni speech che si rispetti. Di destra come di sinistra. Che poi è esattamente lo stesso principio su cui Fedez e consorte hanno costruito il loro impero e continuano a edificare, salvo qualche "errore di comunicazione" qua e là. In questo caso, però, è stato sicuramente più appropriato il discorso di Giorgia Meloni ad Atreju rispetto, ad esempio, a quello fatto da Fedez al concerto del Primo Maggio, nel 2021, quando sul più importante palco italiano dedicato al tema del lavoro (con berretto Nike bene in vista in prima serata Rai) fece un monologo in sostegno del Ddl Zan contro l'omotransfobia per imbonirsi la comunità Lgbtq+, a cui avrebbe poi continuato a strizzare l'occhio - tenendo aperto il portafoglio - con la sua linea di smalti. Altra battaglia sociale durata il tempo di calcolare gli utili. 

La coda di paglia

Fedez non ha mandato giù il monito di Giorgia Meloni a "diffidare dagli influencer", termine che di fatto non ha usato ma che la star dei social continua a sottolineare nei suoi post, screditando la premier e la sua squadra di governo. Forse perché è proprio quella la paglia della sua coda pronta a incendiarsi. Se la gente diffidasse da loro, inizierebbero a perdere consensi, like, follower, di conseguenza potere mediatico ma soprattutto contrattuale, che è poi quello che gli interessa maggiormente visto i cachet stellari che stanno venendo fuori dall'inchiesta legata a pandoro e uova di Pasqua solidali firmati Chiara Ferragni. "Questa è la priorità del nostro presidente del Consiglio, parlare delle persone che lavorano sul web" ha contestato Fedez - pretestuosamente, si può aggiungere con serenità - facendo le pulci al governo e tirando in ballo tutte le ultime polemiche e vicende giudiziarie che coinvolgono la maggioranza. Insomma, un'argomentazione articolata e di spessore, dalla serie "il più pulito ha la rogna". Un grossolano e imbarazzante tentativo di far luce sulle colpe degli altri per provare a far calare il sipario su quelle di casa propria, sparando addosso al bersaglio più facile che esista dalla nascita della Repubblica, ovvero i politici additati come privilegiati e truffaldini. 

"Errori di comunicazione"

Andrebbe ricordato a Fedez che considerando la monumentale visibilità che si sono scelti lui e sua moglie e il ruolo pubblico che fattivamente hanno conquistato - anche grazie all'immagine da benefattori costruita negli ultimi anni - parlare di quanto accaduto è doveroso, tanto quanto per loro assumersene le responsabilità. Lui, invece, preferisce intraprendere altre crociate che lo facciano uscire da eroe, issando la bandiera di tutto il bene che ha fatto. Tra l'altro qui il rapper-influencer è incappato in qualche errore di calcolo e, come sua moglie, di "comunicazione", perché i posti letto di terapia intensiva ricavati nella struttura realizzata grazie alle donazioni raccolte dai Ferragnez - ha tenuto a far sapere la Regione Lombardia - erano 14 e non 150 come ha dichiarato tronfio Fedez. E anche per quanto riguarda le dichiarazioni sui 7 milioni di euro, raccolti sempre da lui per i lavoratori dello spettacolo, è arrivata la precisazione del Ministero della Cultura, accusato dal cantante di non aver fatto abbastanza, raccogliendo solo mezzo milione di euro: "Nel triennio pandemico 2020/2022 sono stati complessivamente erogati, a favore del settore, oltre 95 milioni di euro direttamente ai lavoratori - si legge in una nota del MiC - e più di 260 milioni alle imprese per un totale complessivo superiore ai 355 milioni di euro". 

Dunque l'immagine caritatevole e filantropica dei Ferragnez inizia a fare acqua, così come lo spessore morale che si sono cuciti addosso. Il castello si sta sgretolando e non basta più continuare a sventolare la raccolta fondi fatta tre anni fa nel pieno della pandemia, che alla luce dell'affaire Balocco inizia a diventare una medaglia sul petto alquanto impolverata. 

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