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Lunedì, 29 Aprile 2024

Dietro la finanziaria

Fabrizio Gatti

Direttore editoriale per gli approfondimenti

I 381 mila posti di lavoro che "salvano" le pensioni e Giorgia Meloni nasconde

Alle 20.19 di mercoledì 1 novembre il senatore Claudio Borghi, considerato dalla Lega di Matteo Salvini tra i suoi più fini pensatori, dichiara guerra ai – secondo lui – veri nemici delle pensioni: gli immigrati. Lo scrive chiaro e tondo nel post che proprio a quell'ora pubblica su X: “Cari miei – scrive il senatore Borghi – la questione pensioni è molto semplice: se il tasso di natalità è sotto l'uno e gli immigrati non solo non ci pagano le pensioni ma ci costano, fra poco lo sbilancio pensionati/lavoratori non sarà sostenibile, se si continua a voler abbattere il debito per dare retta alla Ue”. Di Giorgia Meloni parleremo più sotto.

Si trattasse del suo ex collega Borghezio, non ci faremmo caso. Ma Borghi (nella foto vicino al titolo, il ritratto pubblicato sulla sua pagina X) è membro della commissione Bilancio e della commissione Politiche dell'Unione Europea. Ha un seguito in Parlamento e in una parte del governo. E quello che scrive è una colossale e pericolosa falsità. Colossale perché i 5 milioni e 30.716 stranieri non comunitari residenti in Italia al 1 gennaio 2022 (Istat) costituiscono l'8,6 per cento della popolazione e producono il 9 per cento del prodotto interno lordo, per un totale di 154 miliardi di valore (dati dei ministeri Lavoro-Interno-Istruzione, 20 ottobre 2023).

La barzelletta della Lega: gli stranieri ci rubano le pensioni

È una ricchezza quasi equivalente a quella prodotta da tutto il Veneto o dall'Emilia Romagna. Gli immigrati che lavorano pagano anche tasse e contributi previdenziali che, oltre all'Iva sui loro consumi, equivalgono a 9,6 miliardi di Irpef (il 10,4 per cento del totale) sui loro redditi complessivi di 64 miliardi di euro (stessa fonte). Questo gettito contribuisce quindi al pagamento delle attuali pensioni e al mantenimento del sistema sanitario. Allo Stato insomma l'immigrazione non costa, semmai produce ricchezza.

La falsità raccontata dal senatore della Lega è oltretutto pericolosa perché, davanti agli italiani, identifica senza ragione negli immigrati la causa dei tagli alle pensioni e alla sanità previsti dal governo, di cui Salvini è anche vicepresidente del Consiglio. Ma prima di entrare nell'altra questione sollevata da Claudio Borghi, quella demografica, torniamo alla burla dei due comici russi di cui è stata vittima la premier italiana.

La premier Giorgia Meloni durante una telefonata (foto LaPresse)

Dopo 7 minuti e 54 secondi di telefonata, credendo di parlare con il presidente della Commissione dell'Unione africana, Giorgia Meloni (foto sopra) dice: “Il problema che noi abbiamo è anche che questa gente che arriva illegalmente è impossibile da integrare”. Anche questo è falso.

Perché le sanatorie hanno salvato l'economia italiana

Una buona parte dei cinque milioni di stranieri che vivono regolarmente in Italia è infatti entrata illegalmente, poiché non esistevano alternative legali, e ha ottenuto il permesso di soggiorno grazie alle periodiche sanatorie: una di queste risale all'entrata in vigore della legge Bossi-Fini del 2002, in parte ancora in vigore, che porta il nome degli allora ministri di centrodestra Umberto Bossi e Gianfranco Fini. In altre parole, i nostri governi passati – come quello attuale – non sono mai stati in grado di adeguare il fabbisogno di abitanti con l'ingresso di nuovi cittadini. Tanto che periodicamente hanno dovuto inventarsi delle sanatorie: una sorta di perdono amministrativo per quanti già lavoravano in nero sul nostro territorio (nella foto LaPresse sotto, una coda notturna a Milano per il rinnovo dei documenti).

Stranieri accampati a Milano in attesa di richiedere il rinnovo dei documenti (foto LaPresse)

Molte di queste persone, nel frattempo, hanno ottenuto la cittadinanza italiana e non vengono più contate tra gli immigrati: sono infatti un milione e 250 mila i nuovi cittadini italiani, residenti in Italia ma originari di uno Stato extraeuropeo. Fra di loro, 400 mila sono bambini e ragazzi con meno di 18 anni, che sono diventati italiani grazie ai loro genitori. Quanti invece hanno genitori stranieri, restano stranieri anche dopo decenni. Nonostante abbiano un lavoro regolare, il diploma e perfino la laurea.

Se fosse come dice Giorgia Meloni (chi entra illegalmente è impossibile da integrare), all'Italia mancherebbero dunque cinque milioni di abitanti stranieri, più un milione e 250 mila nuovi concittadini. Ma soprattutto sparirebbero 9,6 miliardi di contributi Irpef per pensioni, sanità e servizi pubblici. Oltre all'Iva sui consumi e alle tasse applicate sui 154 miliardi di beni da loro prodotti. Con un conseguente crollo del Pil del 9 per cento: l'Italia sarebbe alla fine un Paese di 54 milioni di abitanti, con una maggiore percentuale di anziani sulla popolazione attiva. E quindi con un ulteriore aggravio sul bilancio dello Stato, rispetto a quanto avviene ora.

Senza lavoratori immigrati lo Stato andrà in bancarotta

Torniamo quindi al senatore leghista Claudio Borghi. E al risvolto demografico della sua brevissima lezione di economia: “La questione pensioni è molto semplice – scrive su X – se il tasso di natalità è sotto l'uno...”. È vero, l'Italia perde costantemente abitanti: nascono pochi bambini e aumenta la percentuale di anziani. Diminuendo le persone in età da lavoro, diminuiscono i contributi e quindi il denaro a disposizione dello Stato per pagare pensioni e mantenere la sanità a un livello decente si riduce. Servono insomma più lavoratori contribuenti, cioè più abitanti. Abbiamo tre soluzioni. La prima è non decidere assolutamente nulla di efficace e aspettare la catastrofe economica. Ed è esattamente quello che stiamo facendo.

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti (foto LaPresse)

Lo ha ricordato anche il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti (foto sopra), la scorsa primavera agli Stati generali della natalità a Roma: “Io credo che vada ribadito con forza che il sistema economico è strettamente correlato al fenomeno della natalità – sono le parole preoccupate di Giorgetti -. C'è anche la possibilità di quantificare in qualche modo quello che è l'impatto: da qui al 2042, con gli attuali tassi di fecondità, il nostro Paese rischia di perdere per strada percentuali di Pil impressionanti, pari al 18 per cento”.

Lo abbiamo scritto altre volte: se non facciamo nulla, l'Italia è destinata a scomparire dall'orizzonte delle nazioni industrializzate. Senza un numero adeguato di lavoratori, le imprese si trasferiranno dove ci sono manodopera e consumatori. E senza contributi sufficienti per sostenere pensioni e ospedali, aumenterebbe la popolazione anziana e affamata con minori aspettative di vita.

Orgoglio senza nascite: un ministero alla sovranità riproduttiva

La seconda soluzione è appunto quella auspicata da Giorgia Meloni, dal ministro Giorgetti e dal suo collega Francesco Lollobrigida, cognato della premier e ministro della Sovranità alimentare: dobbiamo fare più figli attraverso la famiglia tradizionale. Dall'11 maggio, giorno in cui è stata aperta la conferenza battezzata pomposamente Stati generali della natalità, sono passati sei mesi. Nel frattempo Salvini, Giorgetti, Borghi non ci hanno allietati con la notizia di prossime nascite che li riguardano. E nemmeno la presidente del Consiglio sembra poter aderire con urgenza alla causa nazionale, essendo Fratelli d'Italia ideologicamente contrari a pratiche di procreazione o adozione monogenitoriale, dopo il divorzio-non divorzio dal compagno-mai sposato Andrea Giambruno.

Tasse e bonus, lo speciale sulla manovra finanziaria

C'è però un piccolo inconveniente. Il calendario biologico non è adattabile come i capitoli della manovra finanziaria 2024. Noi tutti potremmo immediatamente dare il nostro fecondo contributo alla cultura italiana, come auspicato dal ministro della Sovranità alimentare e, almeno in questo caso, anche riproduttiva: “Perché preoccuparsi delle nascite in Italia? Se la risposta è incrementare la natalità – si è risposto Francesco Lollobrigida sei mesi fa – è probabilmente per ragioni legate alla difesa di quell'appartenenza, a cui molti sono legati, io in particolare con orgoglio, a quella che è la cultura italiana, al nostro ceppo linguistico, al nostro modo di vivere”. Tanta fecondità negli auspici, però, servirebbe a poco. I bebè concepiti ora e nati il prossimo anno, infatti, alla fatidica e catastrofica data del 2042 – indicata dal ministro Giorgetti – avranno soltanto 18 anni. E gran parte di loro sarà ancora al di fuori del sistema produttivo e, quindi, contributivo.

I silenzi di Elly Schlein sugli sprechi del Superbonus

Un aiuto alla distruzione del sistema pensionistico Elly Schlein (foto sotto), segretaria del Pd, lo darà invece se continua ad affrontare le questioni economiche italiane con gli occhiali della lotta di classe e slogan vecchi di cinquant'anni: “È una manovra senza visione strategica, senza misure in grado di ridare slancio all'economia e agli investimenti, fatta per dare qualche contentino ma che, alla fine, non migliorerà le vite degli italiani. Tantomeno quelle dei 3.5 milioni di lavoratrici e lavoratori poveri che il governo Meloni, ancora una volta, ha ignorato non occupandosi dei loro salari, che restano fra i più bassi in Europa”, dichiara la leader dell'opposizione. Andrebbe ricordato che intanto cento miliardi di soldi pubblici, che avrebbero potuto ridare slancio a tutta l'economia e agli investimenti ma anche dignità alle famiglie povere, il Pd li ha destinati a fondo perduto soltanto alle imprese edili attraverso il Superbonus per cappotti termici e facciate. Con la conseguente esplosione dei prezzi di manodopera e materiali.

Elly Schlein in una sede del Pd (foto Facebook)

La sfida oggi è piuttosto spiegare agli elettori di Giorgia Meloni, Matteo Salvini, Elly Schlein, e magari direttamente al senatore Claudio Borghi, che bisogna invertire al più presto la rotta demografica verso la catastrofe: quel 18 per cento di Pil in meno nel 2042 significa che il tracollo economico potrebbe cominciare molto prima. Meno produzione comporta anche meno entrate fiscali, meno contributi, meno opportunità, meno cure pubbliche, meno pensioni, mentre il Paese viaggia verso una percentuale di anziani che tra diciotto anni sarà spaventosa: trentaquattro italiani su cento avranno più di 65 anni. L'Inps calcola che nel 2050 il rapporto tra popolazione attiva e pensionati sarà di 1 a 1 quando oggi, che siamo già in grande difficoltà, il rapporto è 1,4 lavoratori per ogni pensionato.

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Un Paese di vecchi spingerà imprese e giovani a cercare il loro futuro dove ci saranno mercato e lavoro. Eppure la terza soluzione è tutta qui: essere onesti e rompere le vasche ideologiche dentro cui destre e sinistre ci fanno sguazzare come pesci, mentre ci stanno velocemente togliendo l'acqua. Se gli italiani non si convincono che siamo di fronte a una sfida comune, continueranno a credere che gli immigrati ci rubano il lavoro e ora, grazie al senatore Borghi, anche le pensioni; che chi arriva irregolarmente non è integrabile e quindi è giusto tagliare risorse a corsi di lingua e lavoro, come ha voluto Salvini; ma anche che, come piace a sinistra, se mancano risorse è sempre colpa della destra e non degli sperperi del passato. In attesa che la stagione dell'amore faccia il suo corso, basterebbe accettare il fatto che le nascite devono essere integrate con nuovi ingressi. Dall'inizio del 2023 a oggi oltre 144 mila stranieri hanno bussato al nostro mondo percorrendo le rotte illegali. Perché non incentivare le rotte legali?

Ma ecco i 381 mila posti di lavoro che il governo non vuole occupare

Eppure la prima a impedire che gli arrivi regolari siano adeguati alle necessità delle imprese è la premier Giorgia Meloni. Il decreto flussi per il triennio 2023-2025, annunciato lo scorso 6 luglio dalla Presidenza del Consiglio, ammette un “fabbisogno rilevato di 833.000 unità” ma “prevede complessivamente 452.000 ingressi”. E cosa succede con i rimanenti 381 mila posti di lavoro-contribuenti che non saranno coperti? Qual è il criterio di questa decisione? Sono destinati agli italiani che hanno perso il reddito di cittadinanza? Nel decreto non viene spiegato. Soltanto per quest'anno il governo ha concesso 136.000 permessi contro un fabbisogno rilevato di 274.800 persone (tabella sotto): la differenza riguarda 138.800 posti di lavoro che rimarranno vuoti e altrettante posizioni contributive non attivate. Seguitemi ancora un attimo: secondo voi, le imprese o le famiglie rinunceranno ai loro progetti o, attraverso subappalti o assunzioni in nero, ingaggeranno stranieri, colf, muratori, operai, carpentieri, camerieri, consulenti irregolari?

La tabella del governo sulla differenza tra ingressi e fabbisogno. (fonte Presidenza del Consiglio)

Dalla riposta che vi darete, capirete perché – senza l'alternativa di aperture legali – i trafficanti che riempiono i barconi continueranno a fare affari d'oro. Altro che lotta all'immigrazione irregolare. Eppure i 144 mila stranieri sbarcati nel 2023, quelli che il vicepresidente del Consiglio Salvini vorrebbe rinchiudere per diciotto mesi in centri di detenzione da costruire, sono già qui. Se poi sfruttassimo il loro numero per il fabbisogno di lavoratori non coperto dal decreto flussi, il risultato sarebbe stupefacente: 144 mila meno 138.800 fa 5.200. Sono le persone che effettivamente non troverebbero subito una collocazione: non 144.591 irregolari, secondo l'ultimo dato aggiornato dal ministero dell'Interno, ma appena 5.200. E sarebbe questa l'emergenza immigrazione? Caro senatore Borghi, chi sta distruggendo il nostro sistema pensionistico è la gabbia ideologicha che impedisce di rispondere al fabbisogno delle imprese, delle famiglie e del Paese. Non gli immigrati, che con la loro presenza ci aiuterebbero a mantenere competitivo il nostro sistema economico. E, con i loro contributi, garantirebbero le pensioni per i prossimi decenni.

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