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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'analisi

Elly Schlein ha riempito la piazza, ma sa bene che non basta

Il popolo dem affolla Roma, in un periodo di forte disaffezione dalla politica; ma la vera sfida sarà riempire le urne, già dalle prossime elezioni europee

Due popoli, una piazza. La prima sensazione avuta passeggiando tra le tante bandiere del Partito Democratico che hanno sventolato in un sabato pomeriggio di questo tiepido novembre romano, è stata quella di trovare, in quello stesso luogo, due diverse tipologie di "homo democraticus". Da una parte c’erano i dirigenti e il loro seguito di "addetti ai lavori", quelli che nella buona partecipazione (50 mila persone dicono i numeri ufficiali) hanno già visto una possibile rimonta, o quantomeno l’ennesima "ripartenza" (parola che da queste parti ritorna con una certa insistenza almeno dal 2008, se non si calcola quello che c’era prima), dall’altra i militanti e i simpatizzanti dei territori, accorsi con 7 treni e 175 pullman da tutto lo stivale per riempire piazza del Popolo.

Le voci dalla piazza

"Vediamola all’opera, lasciamola fare. In un anno ha fatto solo tanti casini e non ha risolto nulla: altri quattro anni e quelli che le hanno dato tutti quei voti la inseguiranno col forcone". Le parole di Maria, sorridente democratica bellunese, tradiscono quella che è una consapevolezza molto diffusa nel secondo popolo, quello che non si sente orfano dei contratti nei ministeri o nei consigli regionali, quello che ha dato fiducia a Elly Schlein e non ha fretta di tornare al governo: con questi numeri, per vedere Giorgia Meloni salire al Quirinale per rassegnare le dimissioni, servirebbe qualcosa di enorme, al limite del miracolo.

manifrestazione pd

"È impossibile - sentenzia Piero, pensionato arrivato da Firenze con tutta la famiglia - questi anche se si odiano non molleranno mai le poltrone. Bisogna prepararsi e farsi trovare pronti nel 2027. Elly sta lavorando bene". Mentre Piero conclude il suo lucido e realistico ragionamento, il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, forse esaltato da una piazza così gremita, si fa prendere la mano e conclude il suo intervento gridando "Vincere e vinceremo!". C’è chi si guarda un po’ allibito, chi sorride, chi sussurra "menomale che parla poco…".

Gli interventi

A netto del lapsus dal sapore un po’ mussoliniano del primo cittadino della Capitale, gli interventi sul palco toccano tutti i punti dell’agenda dem: c’è il medico che difende la sanità pubblica, la studentessa che si è accampata con la tenda fuori la sua università, la sindacalista che sta seguendo la vertenza delle operaie de La Perla, lo scrittore Murizio de Giovanni, il mediatore senegalese Mamadou Kouassi, che ha ispirato il film "Io Capitano" di Matteo Garrone.

La segretaria festeggia una partecipazione forse anche sopra le aspettative, soprattutto in un periodo di così forte disaffezione dalla politica, ma sa bene che non basterà. Sa bene che a piazza del Popolo c’è chi il Pd lo vota già, che quell’entusiasmo ritrovato, dopo anni di grigiore, è un punto di partenza e non certo di arrivo; sa bene che la vera sfida sarà riportare a votare chi è rimasto a casa, già dalle prossime elezioni europee. "Da qui vogliamo allargarci ancora - spiega - da soli non ci bastiamo, dobbiamo costruire davvero l’alternativa". Quel "non ci bastiamo" è in fondo la chiave del suo progetto, un progetto che va dalle alleanze (significativa la presenza di Giuseppe Conte nel retropalco) al recuperare un rapporto sentimentale con una parte dell’elettorato di sinistra che da tempo non vede più nel Pd un punto di riferimento.

Le insidie

Una sfida difficile e piena di insidie. Schlein sa bene che i generali senza esercito del suo partito - i capi di quelle consorterie che un tempo Fabrizio Barca, limitandosi al contesto romano, definì "potere per il potere" - quelli che hanno fatto fuori, uno a uno, tutti i suoi predecessori, guardano alle europee per cercare di riemergere. Se il risultato dovesse essere deludente, proveranno l’ennesima "epurazione". Perché il Pd è un po’ così: Giorgia Meloni era leader di Fratelli d’Italia anche quando raccoglieva un misero 4 per cento alle elezioni, Matteo Salvini è ancora lì dopo aver fatto crollare la Lega all’8 per cento, ma al Nazareno ci si diverte a organizzare congressi e primarie a ripetizione, come in una specie di gioco di ruolo. Schlein ha riempito piazza del Popolo, ma sa bene che a Veltroni non bastò riempire il Circo Massimo. Ora la sfida è smentire l’antico adagio che perseguita la sinistra dalla notte dei tempi: "piazze piene, urne vuote".

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