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Domenica, 28 Aprile 2024
La giornata dei funerali

Più ultrà del calcio che elettori: così Milano saluta Silvio Berlusconi

L'immancabile curva del Milan, i tifosi del Monza. E migliaia di sostenitori per dare l'addio al Cavaliere. Ma manca la base di Lega e Fratelli d'Italia

Davanti allo schieramento di rose rosse e bianche, sfilano i capi di governo, tra i quali Giorgia Meloni. Arrivano i familiari di Silvio Berlusconi, i figli e i nipoti. Passano gli amici fedeli di una vita e anche gli ex alleati che gli voltarono le spalle. Ma lo spettacolo è tutto intorno: quella folla che piaceva tanto al Cavaliere. Così tanto da violare, quando era premier, i protocolli di sicurezza e rischiare di persona le aggressioni per una parola, un abbraccio, una stretta di mano. Sono venuti qui ore prima a migliaia. Ore in piedi ad aspettare e salutare per sempre l'Italia del Novecento e il suo, loro, idolo.

I funerali di Silvio Berlusconi oggi in diretta

I funerali di Silvio Berlusconi

Gli affari come costruttore. La visita a Milano da capo del primo governo italiano dopo la Guerra fredda. I ritorni, il calcio, le rielezioni. E le sconfitte. Passano volti, personaggi famosi e meno noti, protagonisti di storie ufficiali e retroscena. Scorrono sotto le volte della cattedrale milanese come i titoli di coda di un film che il pubblico, qui fuori, non vuole lasciar finire. Ma il popolo di tutto il centrodestra non c'è. Mancano i fan della Lega e la base elettorale di Fratelli d'Italia: quindicimila i presenti, confermati dalla questura. La piazza infatti non è ovunque piena.

Le bandiere dei tifosi durante i funerali di Silvio Berlusconi (foto Fabrizio Gatti)

Ma non importa ai tantissimi che ancora gli vogliono bene. Tre ragazzi di Cinisello Balsamo, due di 17 anni e uno di 14, sono in prima fila dalla mattina. Su un lenzuolo bianco hanno scritto le parole pronunciate da Berlusconi per annunciare la prima candidatura, la sua discesa in campo: "L'Italia è il Paese che amo". I tre ragazzi nasceranno più di dieci anni dopo.

Le parole dell'esordio

Era il 1994, l'anno del suo esordio in politica. Il Cavaliere arriva a Milano per la prima volta da capo del governo nel giorno di Ferragosto. Il primo governo italiano della seconda repubblica: la fragile democrazia nata dalla disgregazione dei partiti, decimati dalle inchieste per corruzione della Procura di Milano. È la visita di cortesia del presidente del Consiglio alle forze dell'ordine. Di solito si fa a Roma. Ma nel 1993 il ministro dell'Interno, Nicola Mancino, aveva scelto Milano per rendere omaggio alle vittime dell'attentato di via Palestro, avvenuto due settimane prima. Una ragione in più per tornare al Nord, ora che il premier è milanese.

A chi andrà ora la villa di Arcore? - di Fabrizio Gatti

Berlusconi quella mattina va in prefettura. Poi in questura. "Non fatemi domande, non dico nulla. È solo una visita di cortesia", risponde al seguito di giornalisti della carta stampata e delle tv. Poi però, sulla scala più stretta del percorso, tra il terzo e il secondo piano, dove ci passano a malapena due persone affiancate, il corrispondente dell'Ansa gli chiede qualcosa sul suo Milan. E il premier risponde a ruota libera. Sul calcio, la politica, gli alleati e gli avversari. I gradini stretti e ripidi provocano un parapiglia di microfoni e telecamere che a momenti rotoliamo tutti a valle. Berlusconi compreso. I gorilla della scorta lo aiutano a non cadere. Lui ci guarda, sorride. E continua a parlare, incurante delle conseguenze. Gli piaceva la calca intorno a sé: nei montaggi al telegiornale fa sempre un grande effetto.

L'alibi per la sinistra

Come ora, lungo le transenne, dove alcuni sostenitori si agitano gridando: "Chi non salta, comunista è". Arrivano i leader della sinistra e parte qualche brusio. Nemmeno Elly Schlein e Matteo Renzi adesso hanno più alibi. È stato facile per tutti. Anni passati a dare colpe a Berlusconi e al berlusconismo per i mali d'Italia. Ma ora che se ne è andato il Cavaliere, anche Giorgia Meloni sa che il suo lavoro di premier è diventato un po' più faticoso.

In politica i vuoti si colmano presto. Ma chi non lo dimenticherà mai sono i tifosi del Milan e del Monza. Gigantesche bandiere roteano nell'aria calda. Non appena il feretro viene issato a spalla davanti al picchetto d'onore, parte il coro della curva: "Un presidente, c'è solo un presidente". E poi gli applausi, a ripetizione. Ogni volta che sui maxi schermi della diretta appare un cartello con la sua foto o l'arcivescovo Mario Delpini pronuncia il suo nome. Applaude forte anche Abdul Karim, 32 anni, originario della Costa d'Avorio. Per vedere meglio, si è arrampicato sul piedistallo del monumento a Vittorio Emanuele II, al centro della piazza: "Silvio Berlusconi mi piaceva. Sì, perché mi piace molto il Milan". Esce il feretro e adesso il Novecento italiano è finito davvero,

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