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Venerdì, 26 Aprile 2024
L'inchiesta sui "diavoli della Bassa modenese"

Pedofilia, abusi e satanismo, dopo 24 anni parla il 'bambino zero': "Fui costretto a inventare tutto"

Da lui partì l’inchiesta sui "diavoli della Bassa modenese", raccontata nel podcast 'Veleno' e ora in una docu-serie. Nel 1997 aveva sette anni: il suo racconto a Repubblica

Alla fine degli anni Novanta l’Italia fu scossa dalle notizie inquietanti sui cosiddetti "diavoli della Bassa modenese", un’inchiesta su una rete di pedofili che organizzava riti satanici coinvolgendo diversi bambini. Sedici minori vennero portati via dai genitori, accusati di pedofilia e satanismo.

Alcuni imputati furono condannati a diversi anni di carcere, altri invece furono assolti ma non rividero più i loro figli. I fatti della Bassa modenese erano tornati alla ribalta ai tempi dell’inchiesta su Bibbiano e più recentemente quando su Prime Video è uscita Veleno, la docs-serie tv ispirata al podcast del giornalista ed ex Iena Pablo Trincia, uscito su Repubblica.

Davide, il "bambino zero" da cui prese il via l'inchiesta sui "diavoli della Bassa modenese"

Davide, che all’epoca aveva 7 anni, fu il bambino da cui partì tutto. Fu lui a parlare per la prima volta di abusi e violenze. Repubblica ha raccolto la sua testimonianza: le sue furono tutte bugie, che fu costretto ad inventare. 

Davide (che nella serie si chiama Dario) a quei tempi era stato affidato a una famiglia della zona dai servizi sociali di Mirandola. La sua era una famiglia con gravi problemi economici. Il bambino però tornava spesso dalla sua famiglia naturale, per visite e incontri. Durante uno di questi, ha raccontato, Davide vide la madre molto triste. "E quando tornai nella casa della mia famiglia affidataria ero cupo anche io". A quel punto quella che poi sarebbe diventata la sua madre adottiva iniziò a pressarlo con domande insistenti su possibili maltrattamenti. "Ha insistito tanto che alla fine le dissi di sì. Anche perché avevo paura di essere abbandonato, se non la avessi accontentata. Senza rendermi conto delle conseguenze di quello di quello che stavo facendo", ricorda Davide. "E così iniziarono i colloqui con i servizi sociali. Mi tenevano anche 8 ore. La psicologa e gli assistenti sociali mi martellavano fino a quando non dicevo quello che volevano sentirsi dire. Io avevo anche paura che, se non li avessi accontentati, sarei stato abbandonato dalla mia nuova famiglia, e così inventai. Inventai tutto. Abusi e cimiteri, violenze e riti satanici. Ora ho trovato finalmente il coraggio di dire la verità". 

"Anche io avevo paura di dire la verità"

La sua storia fu confermata da altri bambini. "Vi assicuro che dopo determinate domande un bambino dice quello che vuoi. Se a un bambino dici dieci volte che i genitori facevano cose brutte, alla fine lui dice, sì, facevano cose brutte", dice Davide. Altri bambini coinvolti nell'inchiesta hanno però confermato le accuse. Per Davide questo è avvenuto perché "nelle loro menti si è ormai creato un falso ricordo. O perché è difficile raccontare la verità adesso, dopo tanti anni. Hai paura che se la possano prendere con te per tutte le bugie che hai detto. Anche io avevo paura di dire la verità".

La madre adottiva "mi ha portato anche dallo psicologo Claudio Foti, a Bibbiano. Anche lui ha provato a farmi dire che avevo subito gli abusi. E di stare lontano dai giornalisti - dice Davide - Nel mio ultimo ricovero sono entrato volontariamente. Perché io continuavo a dire che quegli abusi non erano mai avvenuti mentre la mia madre adottiva continuava a dire che invece erano avvenuti e che dovevo farmi curare. Non sapevo dove sbattere la testa e ho chiesto di essere ricoverato per qualche giorno. Ma invece mi hanno tenuto 41 giorni contro la mia volontà. Un avvocato mi ha aiutato a uscire".

Davide ha da poco incontrato i suoi fratelli naturali, Ivan, 45 anni, e Roberta, 42. Non si vedevano da 24 anni, da quando Davide fu allontanato dalla famiglia. I loro genitori non ci sono più, invece. Davide oggi invita tutti a non avere paura: "Siamo tutti vittime". 

Fonte: La Repubblica →
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