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Sabato, 27 Aprile 2024
Televisione

Francesca Fialdini: "Manca una legge sulla violenza psicologica. Nude come battaglia? Quello è esibizionismo"

La conduttrice è sempre in prima linea in difesa delle donne, soprattutto le più giovani. Nel suo libro, "Nella tana del coniglio", racconta da vicino i disturbi alimentari, emergenza che affonda le radici anche nell'oggettificazione del corpo femminile

Non solo intrattenimento ma anche servizio pubblico. È questo il faro professionale di Francesca Fialdini, non perdere mai di vista l'importanza che la tv può e deve avere nella società e di conseguenza anche il suo ruolo, essendone protagonista. Quando si tratta di impegno civile, di diritti delle donne, di dare voce alle categorie più fragili, la conduttrice fa sempre un passo avanti, nel suo programma - "Da noi... A ruota libera", in onda la domenica pomeriggio su Rai 1 - ma anche a telecamere spente. 

Nel libro "Nella tana del coniglio", scritto con lo psichiatra Leonardo Mendolicchio, racconta sei storie di persone affette da disturbi del comportamento alimentare (5 sono donne), emergenza che affonda le sue radici anche nell'oggettificazione del corpo femminile, altro tema che le sta molto a cuore e oggi drammaticamente attuale. Se è vero che la libertà - soprattutto per una donna - è una battaglia quotidiana, per Francesca Fialdini va fatta allenando il senso critico per potersi liberare da certe dinamiche, e non assecondando un più subdolo esibizionismo - culturalmente radicato - che, al contrario, non fa che alimentarle.

Nel libro racconti sei storie di persone che soffrono di disturbi alimentari. Potrebbe sembrare ridondante, invece su questo tema se ne potrebbero raccontare decine e sarebbero tutte diverse, perché dietro c'è un mondo complesso. È così?
"È esattamente così, ma c'è un punto in comune, che è il punto di rottura. Dove nasce la ferita originaria, qual è il dolore così profondo che causa tutto questo. Quello che abbiamo sperimentato in questi anni lavorando sul campo, ma anche quello che abbiamo studiato e approfondito, ci porta proprio a fare un esame di coscienza in quanto adulti. Anche noi siamo il frutto dell'evoluzione degli ultimi decenni, non vogliamo colpevolizzare le persone, ma evidenziare un senso di responsabilità rispetto all'educazione che stiamo dando ai nostri figli. Qual è la relazione che andiamo a tradire e per la quale i nostri figli soffrono così tanto da non trovare le parole e usare il loro corpo per dircelo? Questa è la domanda". 

E la risposta qual è?
"La risposta arriva direttamente da loro. Quando mi raccontano il loro vissuto tirano in ballo sempre le figure di riferimento, che sono la mamma, il papà, il partner, oppure una persona vicina che rappresenta un modello. Altre volte, però, quelle figure di riferimento adulte non le chiamano in causa, come Marta, la ragazza che mi ha dato spunto per il titolo del libro. Lei mi ha detto di essere caduta nella 'rabbit hole' senza accorgersene. Marta ha una storia di grande attualità. Non cita mai suo padre, nonostante io ci provi a tirarle fuori qualcosa e nonostante dica che tutta la sua vita e quella della sua famiglia ruoti intorno alle scelte professionali del papà, ma affettivamente non lo cita mai. Questo ha un significato potente. Nell'assenza, così come nella sbagliata presenza, l'adulto ha rotto una relazione affettiva per la quale questi ragazzi si sentono sofferenti". 

Hai iniziato a occuparti di disturbi alimentari nel 2020 con la docuserie "Fame d'amore", arrivata quest'anno alla quinta edizione. Questo non è più un lavoro per te, ma possiamo dire quasi una missione...
"Io la vivo così, perché provo un interesse profondo per i giovani. Ho stretto legami forti con ciascuno di loro, con le loro famiglie. Mi sento tanto coinvolta, forse perché non sono una mamma e anche questo è un modo per esprimere un senso di maternità, attraverso il mio mestiere". 

In questi anni hai conosciuto tanti giovani, le loro storie e le loro sofferenze. C'è stata una volta, o più di una, in cui ti è arrivato un pugno nello stomaco?
"Quasi sempre. Certo quando arrivano casi di violenza in famiglia, come nel caso di Lucia, abusi sessuali perpetrati per anni, lì sale una rabbia profonda perché il tradimento è avvenuto in senso pratico, materiale, non solo emotivo, sul corpo di una bambina che è poi cresciuta con l'incubo di diventare donna. In quel caso, oltre all'empatia affettiva nei confronti della ragazza, ho sviluppato una grande rabbia per l'ingiustizia che ha subìto. E chissà quante altre Lucia ci sono, che subiscono senza denunciare e dire a voce alta quello che è successo". 

Hai una storia personale che ti avvicina in qualche modo a queste ragazze?
"Diverse compagne di classe, una in particolare al liceo. A un certo punto era diventata incomprensibile ai nostri occhi, evidentemente viveva qualcosa che non riusciva a spiegare. Più che altro, però, il mio avvicinamento è stato a livello professionale. Nel 2007 uscì la campagna di Oliviero Toscani con Isabelle Caro, fu esposta su tutti i palazzi, con gigantografie. Era un corpo nudo e scheletrico di una modella che stava denunciando il suo stato, ma ben presto quel corpo ce l'hanno tolto dagli occhi. I poster sono stati ritirati perché ritenuti troppo forti. Questa cosa mi ha lasciato con un grande punto interrogativo. Perché Isabelle Caro non può dire cosa sta passando? Cosa disturba? Quale domanda ci pone lei e perché noi non dobbiamo interrogarci su questa patologia che ci è esplosa tra le mani ed è sempre più diffusa? Mi sono chiesta il motivo per cui non dovremmo parlarne. Ormai i social ci hanno superato a destra, tutto arriva più veloce. Ci sono gruppi nascosti dove questi ragazzi si scambiano anche consigli per aggravare la malattia. L'effetto competizione esiste, è un aspetto narcisistico dell'anoressia nervosa, ma noi come televisione generalista abbiamo il dovere di provare a dare informazioni a riguardo, anche attraverso immagini forti. Per me è un modo per dare voce anche a Isabelle Caro".

Tu che rapporto hai con il tuo corpo?
"Un rapporto sano. Sono adulta, ho lavorato su me stessa. Mi voglio bene, ho stima di me e del percorso che ho fatto". 

Non c'è nulla che ti mette in crisi?
"Da giovane sicuramente il fisico che cambiava. Nel mio caso è successo tutto velocemente, fra i 13 e i 14 anni mi sono ritrovata improvvisamente donna e ho dovuto fare anch'io i conti con un nuovo corpo, le forme, il seno. Se invece mi chiedi cosa mi disturba oggi, ti rispondo l'esasperazione che c'è sul corpo delle donne. Da oggetto che è stato sempre utilizzato in modo esasperato dalla pubblicità, oggi noi per prime lo esasperiamo mettendoci in tutte le pose del mondo per ammiccare attraverso un telefonino. Non che questo sia sbagliato in sè, perché ognuno deve essere libero di fare quello che vuole, ma la mia domanda è: 'Sei consapevole di quello che stai facendo?'. È veramente una scelta di libertà?".

Lo è secondo te?
"Quello per me è esibizionismo narcisistico che fa del male alle nostre ragazze, ma anche ai ragazzi. Gli mettiamo dentro una competizione sui canoni estetici. E quella esibizione a cosa serve? Solo a raccogliere like, quindi ad ammiccare allo sguardo possibile di un partner, tendenzialmente uomo". 

Foto di nudo come atto politico per affermare la libertà della donna. Ultimamente è un'argomentazione molto gettonata...
"Ci sono solo corpi nudi in giro. Difficile incontrarne qualcuno vestito. Si pensa che faccia ancora scalpore, invece no. Non è neanche più una provocazione, ormai è ovunque. Appena apri Instagram ci sono solo corpi di donne nude, in costume, o di ragazzine che fanno le stesse pose". 

Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha aperto il dibattito sul patriarcato, su comportamenti radicati che metterebbero la donna ancora oggi in una condizione di subordinazione rispetto all'uomo. La causa di tanta violenza nei confronti delle donne è davvero culturale?
"Penso che il patriarcato abbia condizionato profondamente le nostre relazioni e che anche il capitalismo sia fortemente viziato da un potere maschile. Purtroppo è l'asimmetria di potere nelle relazioni che determina la violenza. Questo a prescindere dai generi. Però è indiscutibile che il numero delle donne uccise sia sempre costante in questi anni, ed è indiscutibile il fatto che sia per la maggior parte dei casi un uomo a uccidere una donna. È una questione numerica e statistica, chi mette in dubbio questi dati è in malafede".

Difficile che una donna non si sia mai trovata in una situazione di sudditanza rispetto a un uomo. Non si può mettere in dubbio neanche questo.
"La violenza psicologica però non è ancora riconosciuta come reato. Così come l'incitamento all'odio sui social. Non esiste una legge a livello internazionale che lo definisca, in modo da poter moderare gli interventi sui social, che molto spesso spingono ad atti di bullismo o addirittura portano al suicidio molti ragazzini. C'è un vulnus legislativo potente e prepotente, e la violenza psicologica è talmente sottile e purtroppo quotidiana, le parole vengono usate in maniera manipolata e manipolatoria, per cui alla fine si fa fatica anche a riconoscerla. Non è dimostrabile e finché non è dimostrabile c'è la possibilità che si sviluppi un rapporto tossico".

Educazione sessuale e affettiva nelle scuole. È questa la soluzione?
"Educazione sessuale, educazione affettiva, educazione civica. Ci vogliono queste tre cose. Non è la soluzione, ma è una delle tante misure che vanno messe in atto subito, adesso. Oggi stesso, senza aspettare oltre. Ma la scuola è solo una delle realtà in cui si interfacciano i ragazzi, quindi lo stesso dovrebbe avvenire in tutti i loro luoghi di associazione".

Anche nelle parrocchie?
"Certo. Io conosco sacerdoti che questo già lo fanno. Naturalmente con grande cautela, con il coinvolgimento delle famiglie. Ma il punto è che se le realtà associative sono sempre meno frequentate dai ragazzi e sono sempre più frequentati i social, l'asse della relazione si è spostato. Anche i social dovrebbero adeguarsi a un manuale delle relazioni, a un manuale del linguaggio. Andrebbero controllati".

Ti senti una donna libera?
"Bisogna lottare tutti i giorni per esserlo. Ogni giorno dobbiamo allenare il senso critico per liberarci da certe dinamiche. La libertà è una conquista". 

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