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Martedì, 19 Marzo 2024
Allarme o psicosi?

Effetto Squid Game in Italia, tra successo e nevrosi

Oltre 140 milioni di visualizzazioni della serie Netflix, e arriva la petizione per chiederne la rimozione dopo alcune segnalazioni relative a tentativi di emulazione tra i bambini. Dalla Postale un vademecum

Prima la petizione per chiederne la cancellazione, poi le numerose segnalazioni di insegnanti e genitori preoccupati, infine i consigli della polizia Postale: sembra prendere corpo, in Italia, una sorta di “nevrosi da Squid Game”, un’attenzione morbosa verso la serie tv coreana diventata che negli ultimi giorni è diventata un cult su Netflix entrando a fare parte, in modo rapidissimo, della cultura popolare.

La petizione contro Squid Game

Il dibattito si è acceso dopo che la Fondazione Carolina, onlus dedicata a Carolina Picchio, prima vittima acclarata di cyberbullismo in Italia, ha lanciato una petizione su Charge.org per chiedere di "fermare lo Squid Game" parlando di "giochi mortali emulati dai bambini". Nel testo della petizione, indirizzato al Garante per l’Infanzia, alla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, alle autorità per le garanzie nelle comunicazioni e a Netflix Italia, la fondazione chiede "un’azione concreta", perché "di fronte allo sgomento di mamme e maestre delle scuole materne non bastano i buoni propositi".

La fondazione nata in memoria di Carolina Picchio, suicida a 14 anni dopo che la pioggia di commenti atroci arrivati dopo la diffusione di un video a sfondo sessuale che la ritraeva a sua insaputa, sottolinea che la richiesta di cancellazione della serie "non è un atto censorio, ma risponde alla necessità di far fronte alla sconfitta dei parental control e alla crisi della genitorialità. Una debacle messa nudo dai social e, soprattutto, dalle decine di segnalazioni che gli esperti per la sicurezza digitale delle nuove generazioni hanno raccolto da tutta Italia".

Di cosa parla Squid Game?

A oggi la petizione ha raccolto oltre 5.000 firme, mentre la serie Netflix ha superato in meno di un mese i 142 milioni di visualizzazioni. Una popolarità che supera serie come Bridgeton o La Casa di Carta, altra serie rifiutata da diverse emittenti e poi diventata cult con l’approdo su Netflix e il passaparola. Ma se per La Casa di Carta i tentativi di emulazione si fermano al ribattezzare gli amici coi nomi delle città o a sfoggiare per divertimento le maschere indossate dai rapinatori, nel caso di Squid Game le segnalazioni riferiscono di comportamenti preoccupanti da parte dei più piccoli, che si cimentano con gli stessi giochi visti nella serie e inseriscono nel quadro anche la violenza.

Per chi non l’avesse ancora vista, infatti, Squid Game racconta la storia di 456 persone dilaniate dai debiti, disperate e in condizioni di estrema povertà o emarginazione, che accettano di sottoporsi a un gioco mortale per guadagnare una fortuna e riscattarsi. Ogni giocatore vale un miliardo di won, e il gioco è suddiviso in 6 "mini giochi" che prendono spunto da quelli dell’infanzia ("Un, due, tre stella" è quello della prima puntata con la bambola gigante): chi perde viene eliminato nel senso più radicale, e cioè ucciso sul posto, e il suo montepremi va ad aggiungersi a quello finale. Le prove diventano ovviamente via via più difficili e mortali, e gli equilibri tra i giocatori sempre più fragili e a rischio collasso.

I bigliettini col logo scatenano il tam tam a Roma

Non addentrandosi oltre nella trama, il concetto alla base di Squid Game è ormai noto a livello universale, e da genitori e insegnanti sono arrivati allarmi relativi all’influenza che la serie ha sui bambini. Nei giorni scorsi a Roma i carabinieri sono arrivati nel quartiere Alessandrino per una concomitanza di fattori: da un lato la presenza di alcuni bigliettini identici a quelli apparsi nella serie tv, utilizzati per la convocazione dei giocatori (un rettangolo con un quadrato, un cerchio e un triangolo e un numero di telefono stampati sopra) allo Squid Game, dall’altro le segnalazioni di alcuni genitori che riferivano di risse a scuola tra i bambini.

I carabinieri non hanno riscontrato nulla di preoccupante oltre a una trovata pubblicitaria: un’agenzia immobiliare aveva deciso di stampare dei bigliettini con il logo di Squid Game per “agganciare” potenziali dipendenti e incentivarli a chiamare. Eppure la presenza dei cartoncini nei pressi di un istituto scolastico ha fatto scattare il tam tam preoccupato sulle chat di genitori. Ancora, una mamma di Torino si è rivolta alla Fondazione Carolina perchè ha scoperto che il figlio ha partecipato a un gioco che ricalcava una scena di Squid Game: nella serie uno dei protagonisti viene sfidato a ribaltare un cartoncino colpendolo dall'altro con un altro. Se ci riesce vince soldi, se non ce la fa viene preso a schiaffi. La mamma ha riferito alla Fondazione che il figlio e altri compagni di scuola avrebbero fatto lo stesso, usando però astucci e righelli.

Il vademecum della polizia Postale per i genitori

I timori aumentano di pari passo con le segnalazioni, insomma, e sabato è comparso un vademecum firmato dalla Polizia Postale relativo alle reazioni a Squid Game: "Un fenomeno molto pericoloso che va di moda tra i bambini", esordisce il post su Facebook, passando poi a fornire alcuni "consigli utili per i genitori" che rimandano in gran parte proprio alla loro responsabilità:

  • Ricordate che la serie Squid Game è stata classificata come VM 14 ovvero vietata ad un pubblico di età inferiore a quella indicata. Questa limitazione indica che i suoi contenuti possono turbare i minori con intensità variabile a breve e lungo termine;
  • Valutate se possa essere utile guardare la serie prima di esprimere assenso o dissenso alla visione dei vostri figli che hanno più di 14 anni: sarete più precisi e consapevoli di quali siano gli elementi critici su cui poggia la vostra decisione e potrete argomentarli in modo convincente ai vostri figli;
  • Parlate in famiglia della serie, chiedete ai bambini/ragazzi cosa ne pensano in modo che, anche se non hanno il permesso di vederla, siano in grado di partecipare ad eventuali commenti e discussioni con i coetanei;
  • Ricordate ai bambini/ragazzi che quanto rappresentato nelle serie è frutto di finzione e che la violenza non è mai un gioco a cui partecipare;
  • Tenete sempre vivo il dialogo familiare sui temi dell’uso delle nuove tecnologie con i ragazzi: ponete loro domande e ascoltate come la pensano. I nativi digitali hanno una visione differente da quella degli adulti e può essere utile conoscere il loro punto di vista sui rischi e sui fenomeni emergenti;
  • Se avete contezza che stanno circolando tra i bambini/ragazzi giochi violenti che imitano quelle ritratte nella serie, non esitate a segnalare la cosa

Anche Maria Teresa Bellucci, deputata di Fratelli d’Italia e capogruppo della commissione Bicamerale Infanzia e Adolescenza, è intevenuta sulla questione: "I recenti fatti di cronaca che riguardano i minori in età scolare e i tentativi di emulazione di Squid Game, la famosa serie TV di Netflix, allarmano e impongono un intervento tempestivo delle Istituzione volto alla protezione dei bambini", ha datto sapere.

Le reazioni a quanto sta accadendo sono contrastanti: da un lato c’è chi chiede l’intervento delle autorità per vietare la serie, dall’altro chi ritiene inopportuno censurare un contenuto finalizzato all’entertainment e destinato a un pubblico adulto, con cui - teoricamente - i più piccoli non dovrebbero neppure entrare in contatto, posta la dovuta supervisione. Come per esempio il parental control su smartphone, tablet, smart tv e pc e il monitoraggio dei bambini quando ne stanno usufruendo. Squid Game d’altronde aveva già scatenato un’altra polemica a pochi giorni dal lancio, questa volta non per la violenza, ma per l’assenza di doppiaggio in italiano.

La serie è infatti disponibile solo in coreano, inglese, spagnolo e francese, e in molti hanno invaso la bacheca di Netflix Italia per chiedere che venisse aggiunto l’italiano. E pensare che Hwang Dong-hyuk, regista e ideatore della serie, la scrisse per la prima volta nel 2008 e impiegò oltre 10 anni a trovare qualcuno che gli desse abbastanza fiducia da produrla: nel 2019 è arrivato Netflix, il resto è già storia. 

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