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Domenica, 28 Aprile 2024
Lavoro a turni

Il lavoro a turni aumenta il rischio di ictus più gravi: lo studio

Secondo una ricerca, l'alterazione dell’orologio biologico, causato da turni di lavoro a rotazione, può aumentare in età avanzata il rischio di malattie cerebrovascolari con esiti più gravi, soprattutto nelle donne

I turni di lavoro sono una necessità per molte professioni – pensiamo a settori come la sanità -, ma rappresentano anche un potenziale rischio per la salute. Numerosi studi hanno, infatti, dimostrato come l’alterazione del ritmo circadiano (il nostro orologio biologico che regola l’alternanza sonno-veglia) possa essere causa di vari disturbi come le malattie cardiovascolari e cerebrovascolari, la sindrome metabolica, l'obesità e il diabete. Pertanto, da una meta-analisi sugli impatti sulla salute della disregolazione del ritmo circadiano è emerso che la mortalità e il rischio di morbilità cardiovascolare sono più alti del 20% nei lavoratori a turni rispetto a quelli senza esperienza di lavoro a turni, con un ulteriore aumento del rischio del 7,1% per ogni ulteriore quinquennio di esposizione. A confermare la suscettibilità del sistema vascolare all'interruzione del ritmo circadiano, uno studio svedese che ha mostrato come la mortalità correlata a ictus e cardiovascolare, è significativamente più elevata tra i turnisti maschi rispetto ai lavoratori a giornata. Inoltre, sempre secondo questo studio, gli infermieri che hanno svolto il lavoro a turni per almeno 5 anni si sono distinti per un aumento significativo del rischio di ictus ischemico rispetto ai lavoratori che non facevano a turni. Tuttavia, le prove di questi studi sono insufficienti per distinguere l'effetto dei ritmi circadiani alterati da quelli di altri fattori di rischio di ictus associati al lavoro a turni, come fumo, dieta scorretta, condizione socioeconomica inferiore.

Ora una nuova ricerca dell’Università del Texas Mentre ha rivelato che gli effetti negativi del lavoro a turni possono essere di lunga durata, cioè persistere anche dopo il ritorno a ritmi circadiani regolari. In particolare, lo studio suggerisce che il lavoro a turni, indipendentemente da altre condizioni dello stile di vita come la dieta, dovrebbe essere considerato un fattore di rischio che contribuisce alla gravità complessiva degli ictus ischemici che si verificano più avanti nella vita. La ricerca è stata pubblicata su Neurobiology of Sleep and Circadian Rhythms.

L’importanza di ritmi circadiani regolari

Il ritmo circadiano è il nostro “orologio biologico interno” che ci consente di vivere in equilibrio con l’ambiente esterno perchè adatta l'organismo ai diversi momenti delle 24 ore regolando l’alternanza tra luce e buio. La sua regolazione è mediata da un pacemaker principale nei nuclei soprachiasmatici (gruppo di neuroni) dell'ipotalamo anteriore e dagli orologi periferici in tutto il corpo. Questa rete gerarchica di orologi cellulari autonomi svolge un ruolo importante nella salute umana coordinando i processi locali specifici dei tessuti e delle cellule in modo da verificarsi al "momento giusto" l'uno rispetto all'altro e rispetto all'ambiente esterno. In particolare, regola molte funzioni importanti dell’organismo come la temperatura corporea, la pressione sanguigna, la frequenza cardiaca, i livelli di ormoni, il metabolismo e altri parametri durante la giornata, regolando il ritmo sonno/veglia sulla base di questi parametri biologici.

È noto che la desincronizzazione di questi orologi circadiani e la disregolazione dei loro ritmi di uscita – che si verificano ad esempio in risposta al lavoro a turni, al jet lag, ecc o alle influenze sociali che comunemente impongono orari altamente irregolari sui nostri schemi sonno-veglia, orari dei pasti e altri processi corporei – aumentano il rischio di sviluppare malattie. Il malfunzionamento di questi processi biologici è, infatti, sempre più chiaramente collegato a disturbi quali malattie infettive, malattie cardiocircolatorie, diabete, obesità, e probabilmente anche il disturbo da deficit di attenzione e il morbo di Alzheimer.

Lo studio

Uno studio precedente condotto da David Earnest, professore presso il Dipartimento di Neuroscienze e Terapia Sperimentale del Texas A&M University College of Medicine, e colleghi aveva scoperto in modelli animali che turni di lavoro a rotazione aumentavano il rischio di ictus più gravi, in termini sia di danni cerebrali che di deficit funzionali, rispetto a quelli che avevano cicli di 24 ore regolari. Pertanto, partendo da questi dati, hanno deciso di effettuare un nuovo studio adottando questa volta un approccio diverso: hanno riportato un gruppo di topi a cicli regolari di 24 ore, e aspettato che questi raggiungessero la mezza età (dopo 3 mesi), quando è più probabile per gli esseri umani soffrire di un ictus, per valutare la gravità e gli esiti dell'ictus.

"Ciò che è già emerso negli studi epidemiologici è che la maggior parte delle persone sperimenta il lavoro a turni solo per cinque-otto anni e poi presumibilmente torna ai normali orari di lavoro", ha affermato Earnest. "Volevamo determinare se tornare a ritmi circadiani regolari era sufficiente per cancellare eventuali danni causati da interruzioni del regolare ciclo sonno-veglia, oppure se questi effetti permanevano anche dopo il ritorno a normali orari di lavoro". Per l’analisi, i ricercatori hanno utilizzato due mediatori dell’infiammazione, i livelli circolanti di IL-17A e l'endotossina LPS, entrambi associati a malattie croniche tra cui obesità, ipertensione e infiammazione del Sistema Nervoso Centrale, e significativamente elevati nell'immediato periodo successivo all'esposizione a cicli LD (cicli luce –buio) spostato, sia nei maschi che nelle femmine.

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Il lavoro a turni aumenta il rischio di ictus ischemico con esiti più gravi

I ricercatori hanno scoperto che gli impatti sulla salute del lavoro a turni persistono nel tempo. I cicli sonno-veglia dei topi che erano stati sottoposti nello studio precedente a turni di lavoro alternati, non erano, infatti, tornati ad avere ritmi circadiani regolari, anche dopo il loro ritorno a orari normali di lavoro (e quindi a cicli LD regolari). Rispetto al gruppo di controllo (topi che hanno mantenuto un ciclo giorno-notte regolare durante lo studio), hanno mostrato alterazioni persistenti dei loro ritmi sonno-veglia. Inoltre, quando hanno subito ictus, i loro esiti erano ancora una volta peggiori rispetto a quelli del gruppo di controllo.

"Il lavoro a turni, in particolare il lavoro a turni a rotazione, confonde i nostri orologi biologici e ciò ha importanti ramificazioni in termini di salute e benessere e connessione con le malattie umane", ha affermato Earnest. "Quando i nostri orologi biologici interni sono sincronizzati correttamente, coordinano tutti i nostri processi biologici in modo che avvengano all'ora giusta del giorno o della notte. Quando questi sono disallineati, a causa del lavoro a turni o di altre interruzioni, ciò comporta cambiamenti nella fisiologia, nella biochimica processi e comportamenti vari”.

Le femmine sono più a rischio dei maschi

Dallo studio è emerso anche che le femmine avevano deficit funzionali più gravi e una mortalità più elevata rispetto ai maschi. I dati suggeriscono che i lavori a turni impattano maggiormente sulla salute delle donne rispetto agli uomini. “Questo perché l'ictus è un fattore di rischio per la demenza e colpisce in modo sproporzionato le donne anziane", ha affermato Farida Sohrabji, professoressa presso il Dipartimento di Neuroscienze e Terapie Sperimentali e direttrice del Programma per la salute delle donne nelle neuroscienze. Infine, i ricercatori hanno anche osservato un aumento dei livelli dei mediatori nell’infiammazione nell'intestino nei soggetti esposti a un programma di lavoro a turni. "Ora pensiamo che parte del meccanismo alla base di ciò che stiamo vedendo in termini di interruzione del ritmo circadiano che causa ictus più gravi possa implicare interazioni alterate tra il cervello e l'intestino", ha detto Earnest.

Come ridurre i rischi per la salute derivanti dai turni di lavoro

I risultati di questo studio potrebbero portare allo sviluppo di nuovi approcci interventisti che bloccano gli effetti avversi dei ritmi circadiani interrotti. Nel frattempo, i turnisti potrebbero avere cura dei propri orologi biologici interni cercando di avere una vita il più possibile regolare, quindi mantenere: un programma regolare di veglia, sonno e pasti che non varia drasticamente da un giorno all'altro, evita i comportamenti che aumentano il rischio cardiovascolare come seguire una dieta ricca di grassi, non svolgere abbastanza attività fisica, bere troppo alcol e fumare. Questi consigli valgono per i turnisti, ma anche per tutti coloro che non rispettano orari regolari nel corso delle 24 ore.

“A causa dell'era dei computer, molti di noi non lavorano più dalle nove alle cinque. Portiamo il lavoro a casa e talvolta lavoriamo a tarda notte", ha detto Earnest. "E anche quelli che lavorano con orari regolari hanno la tendenza a stare alzati fino a tardi nei fine settimana, producendo quello che è noto come 'jet lag sociale', che allo stesso modo rilassa i nostri orologi biologici in modo che non seguano più l'ora esatta. Tutto questo può portare agli stessi effetti sulla salute umana del lavoro a turni".

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