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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'intervista

Perché abbiamo smesso di fare sesso? Una guida pratica per vivere nell'epoca della "recessione sessuale"

Il sexting e Onlyfans, ormai consolidati sostituti dei rapporti sessuali. Le oltre 220mila coppie bianche in Italia, ovvero quelle che rinunciano all'intimità. La necessità di "ripensare la monogamia" quando diventa tossica e, soprattutto, il concetto di tradimento. La lealtà è più importante della fedeltà? Ne parliamo con Stella Pulpo, autrice del libro "C'era una volta il sesso"

"Fate più sesso, per favore!". È l'appello che nei mesi scorsi il New York Times, quotidiano più prestigioso d'oltreoceano, lanciava agli americani, nel pieno di un'epoca che gli analisti definiscono di "recessione sessuale". Ma la situazione è peculiare anche in Italia: mentre infatti un quarto degli statunitensi rivelava di non aver fatto sesso nemmeno una volta nell'ultimo anno, nel nostro Paese, focoso per mandato culturale, aumentava la frangia degli astinenti, con un boom di uomini inattivi d'età compresa tra i 18 e i 40 anni (si è passati dal 3% all'11,6% del totale in vent'anni) e oltre 220mila coppie bianche. E l'erba del vicino non è certo più verde: anche in Germania la percentuale è volata dal 7,5 al 20,3%. Ma quand'è che le nostre lenzuola sono diventate così gelide e, soprattutto, come rimediare?

Proprio al fine di "ritrovare il valore di una sana, libera e oscena scopata", Stella Pulpo, 38 anni, ha scritto "C'era una volta il sesso", in libreria da giugno: una guida pratica e teorica per rinvenire il piacere perduto, stilata con ironia e lucidità sferzanti, ma soprattutto con la dovuta leggerezza ("perché il dramma è controindicato al sesso"). Lei che, ormai dieci anni fa - ovvero quando ancora non si chiamava così e dunque era ancora più urgente - è stata apripista della cosiddetta "sex positivity", cioè quella filosofia che promuove una visione positiva e consapevole del sesso. Suo era "Memorie di una vagina", blog iconico per le femministe millennials e non solo.

Negli ultimi anni il ritornello "il sesso è sopravvalutato" è sulla bocca di molti. Qual è invece il prezzo che paghiamo, rinunciando alla nostra vita sessuale?

"Qualcuno potebbe dire 'non ci va di fare sesso, non lo facciamo'. Ma porsi il problema è corretto perché stiamo abdicando a una parte fondamentale della nostra identità e delle nostre relazioni sessuo affettive. Stiamo rinunciando progressivamente a fare qualcosa che anche gli studi scientifici ci dicono avere un effetto benefico sulla salute generale: il sesso è tra gli indici del nostro benessere psicofisico".

Chi sono le persone che hanno smesso di fare sesso?

"Negli ultimi quindici anni c'è stato un drastico calo, trasversale a fasce d'età, genere ed orientamento sessuale. Più che di gruppi sociali, parlerei di essere umani. Probabilmente non viviamo in un benessere tale da avere una buona vita sessuale. La crisi è più profonda e credo che abbia a che fare con la paura di incontrarsi con l'altro. È uno dei motivi per cui c'è stata una sorta di ritirata generale, arrivando a preferire dei surrogati come il sexting al sesso reale. È una delle strane tendenze dei contemporanei, poi neanche così strana, visto che il sexting di per sé ha dei vantaggi immediati".

Perché preferiamo il sexting al sesso reale?

"Ci risparmia una serie di fatiche: mostrarci all'altro, metterci in discussione, esporci con i nostri limiti e le nostre eventuali defaillance ai giudizi altrui. Nel libro vado alla ricerca del sesso analogico, ovvero quello che, per essere fatto, richiede della presenza di due corpi nello stesso spazio e nello stesso momento. Ad oggi ci sono mille cose che cadono sotto l'ombrello del sesso ma non riguardano l'incontro tra due esseri umani. Negli anni il sesso è diventato una materia sempre più diversificata, praticabile in modi sempre più assortiti: basta pensare a tutto quello che si può fare con gli strumenti tecnologici, dal collaudatissimo autoerotismo all'abbonamento a Onlyfans".

La tecnologia è imputata anche del calo della libido, oltre che di tanti altri omicidi?

"Non la porrei in termini di colpa, perché non è costruttivo. Magari però negli ultimi tempi la tecnologia è andata più veloce di noi e ci saremmo dovuti dare il tempo di capire che cosa significava avere questi strumenti e quali effetti avrebbero comportato. È mancato il tempo di elaborarli"

Scrivi che le coppie scivolano troppo spesso nel rapporto tossico, ovvero nella co-dipendenza, e che questo indebolisce la relazione. Come rimediare?

"Dobbiamo andare a minare certi fondamenti di cui siamo tutti portatori, sebbene ognuno in misura diversa: il possesso, il controllo, la convizione che il partner sia una proprietà di cui ci spetta l'usufrutto eterno e totale. Siamo tutti consapevoli che rappresentano una visione sbagliata e lo sbandieriamo con convinzione, eppure allo stesso modo continuiamo a portarceli dentro. Sono problemi che si scontrano ormai con la pluralità delle occasioni possibili nella vita reale, oltre che con la libertà del desiderio e la frustrazione sessuale".

Non a caso, inviti a "ripensare la monogamia romantica". In che modo?

"Continuiamo ad adottare regole, codici e valori che abbiamo ereditato per background culturale, nonostante molti di noi siano in realtà consapevoli dei limiti. Ripensamento è chiedersi: ma qual è la cosa più importante nella nostra relazione? Di che cosa abbiamo davvero bisogno? Siamo sicuri che, ad esempio, l'esclusiva sessuale sia la cosa più importante? E il tradimento quella peggiore che può succedere? Ma poi che cosa significa tradimento nel 2023? Noi tendiamo a dare per scontato i significati di queste parole, quando invece dovremmo fare un'opera di decostruzione, ovvero scegliere il significato che riteniamo più consono alla nostra relazione e adattarlo alla nostra epoca".

"La lealtà è più importante della fedeltà", scrivi ancora. E inviti a ripensare anche il tradimento. In quale senso?

"Non mi interessa giudicare, ma spesso ascolto storie di persone che si sentono tradite da un messaggino mandato a qualcun altro, dall'uso di un sex toys, dall'autoerotismo del partner. Il perimetro della parola tradimento va ridimensionato, perché troppe cose ricadono ormai sotto a questo cappello. Non sto dicendo 'diventiamo tutti poliamorosi', ma tutti dovremmo applicarci nello studio, nell'analisi di sé e dei significati che attribuiamo a questa parola".

In Italia ci sono 220mila coppie bianche, ovvero coppie che non fanno sesso. Quali sono i pregiudizi da smontare, nei loro confronti?

"Quando si parla di coppie bianche, si presuppone sempre che siano coppie in crisi, stanche, fraterne, o comunque che non possano considerarsi portatori di un amore a pieno titolo. In realtà possiamo prevedere l'esistenza di coppie che non fanno sesso ma che si alimentano diversamente, stando bene così: le ragioni possono essere variegate e di certo non visibili o intuibili all'esterno. A fare la differenza è sempre il modo in cui l'astinenza sessuale viene vissuta, se come una scelta condivisa o come una imposizione".

Cosa consigli a chi vorrebbe tornare al sesso dopo tanto tempo ma vive nell'ansia da prestazione?

"Il sesso è una attività partecipata. Indipendentemente dalla durata dell'astinenza, e se si ha di fronte una persona verso cui si ha desiderio, qualcosa di fa. Per qualche tempo c'è stato sicuramente un certo costume per cui abbiamo fatto sesso senza che ne avessimo reale voglia, ovvero perché faceva parte del nostro copione culturale: è come se nella nostra società esistesse un certo mandato all'ipersessualità anche se poi paradossalmente questo non trova riscontro nell'esperienza di tanti".

Secondo il New York Times, l'epidemia di solitudine che attraversa la nostra epoca è complice del calo del desiderio. E la solitudine spesso diventa un circolo vizioso da cui è difficile uscire.

"L'estremo senso di solitudine è una caratteristica specifica del nostro tempo e ha implicazioni che vanno al di là della vita sessuale. Il sesso è solo una delle conseguenze di una condizione difficile da gestire socialmente ed esistenzialmente. Anche in questo caso, il sesso diventa specchio della società".

Un'eredità della pandemia, senz'altro.

"La pandemia ha lasciato strascichi più sottili di quanto si crede. Basti pensare che abbiamo passato un anno in cui avevamo la possibilità di vedere al massimo quattro persone, i cosiddetti affetti stabili. Questo ha implicato la disabitudine alla pluralità, agli incontri, ai dialoghi. Si stima che nel 2020 la libido italiana sia crollata dell'ottanta per cento, una battuta d'arresto che ha come precedente solo l'epidemia di Aids. Al contempo però, si è registrato un boom di vendite dei sex toys, col mercato che ha smesso  finalmente di rivolgersi solo agli uomini e si è aperto alle donne".

Ancora oggi ci sono sessuologi che indicano nell'evoluzione dei ruoli di genere una delle cause della recessione sessuale. Il solito pericoloso dualismo tra uomini "svirilizzati" e donne intraprendenti.

"È da dieci anni che diciamo questa cosa. C'è stata sicuramente una modifica nelle grammatiche nei ruoli, ma la crisi ha un senso molto più generale, che supera le questioni di genere, supera la visione delle donne assatanate e intraprendenti e i maschi offesi nell'angolino a dondolare su se stessi dedicandosi alla masturbazione perché spaventati".

E supera anche le generazioni. Un altro cliché vuole infatti che siano i giovani, quelli che non fanno più sesso...

"Pensare che il disinteresse per il sesso riguardi solo i giovani è miope. Questo non significa che è falso, perché sicuramente la sessualità giovanile ha delle problematiche specifiche, essendo essa stessa nativa digitale. Ma generalizzare è un modo per lavarsene le mani: servirebbe invece un passaggio di onestà e dire che anche noi adulti siamo smarriti nelle nostre vite psicoaffettive. Sarebbe propedeutico per pensare ad una conversazione comune sulle difficoltà, visto che saremo noi i loro modelli di riferimento".

Tra le nuove piattaforme c'è Onlyfans, che permette la condivisione di contenuti per adulti. È qui che nelle ultime settimane le ragazze stanno parlando del proprio lavoro di sex worker, ovvero lavoratrici del sesso, come di una scelta femminista di autodeterminazione. È un'idea con cui sei d'accordo oppure ritieni che i social, col loro carico di esibizionismo e voyeurismo, possano inquinare il tutto?

"Non ho avuto ancora tempo per farmi un'opinione in merito, perché i contorni non sono sempre così netti. Il tema sex work e prostituzione è complicato, poiché sono termini che significano cose diverse. Credo che sia femminista farlo nella misura in cui di base sei libera di fare quello che ti pare senza dover rendere conto ad altre persone".

Nel libro parli di un tuo amico che dice "Onlyfans ha fatto per le donne quello che il femminismo non ha fatto in trent'anni".

"Non concordo con lui. Che il sex work - termine cappello che include una quantità di attività molto varia - possa costituire uno strumento di sperimentazione e indipendenza è vero, ma Onlyfans apre anche a tante altre considerazioni: l'esibizionismo e il voyeurismo citati sopra sono sempre esistiti ad esempio, ma il mondo digitale porta anche a moltiplicare i piani".

Scrivi di femminismo da oltre dieci anni. A oggi se ne parla principalmente sui social network, dove l'attivismo è diventato la professione di molte influencer, tra pubblicità e performance. Tutto fa brodo oppure noti incongruenze?

"Se ne parla molto più di dieci anni fa, e questo è un tema. Poi ci sono effetti collaterali che hanno a che fare col femminismo performativo, mediatico, pinkwashing di aziende, cose e persone. Dubito che il femminismo possa consumarsi tutto sui social".

Perché?

"I social sono il luogo dalle platee sconfinate, ma non quello ideale per condurre conversazioni complesse. E la realtà è quasi sempre un fatto complesso, che difficilmente si può dirimere in tifo da spalto e conversazioni altamente polarizzate. Il femminismo si nutre anche di contraddittorio, altrimenti restiamo nella nostra bolla a farci gli applausi tra di noi e il mondo resta fuori".

Educazione sessuale a scuola, sì o no?

"Sì, senza dubbio".

E a quale età?

"Alle medie, come minimo. Ma probabilmente già prima. Di recente una mia amica mi raccontava che il figlio di cinque anni le ha già chiesto come nascono i bambini: io alla sua età non mi ero posta il problema. Le domande arrivano molto presto. Seppure da una parte condivido il punto di vista di chi è perplesso rispetto allo spiegare certi temi ai bambini molto piccoli, dall'altra è meglio che persone molto giovani non vi entrino in contatto in maniera inappropriata".

E quali temi dovrebbero rientrare nell'educazione sessuale?

"Ad esempio parlare di corpo, e non di sesso, dovrebbe essere un modulo base. Parlare di come siamo fatti, delle nostre parti anatomiche e di quali sono gli organi che concorrono al nostro piacere sessuale e alla riproduzione. E penso soprattutto alle donne, sul cui corpo grava da millenni una diffusissima ignoranza, persino negli ambienti scientifici. Io stessa, che sono nata negli anni Ottanta, riconosco che non ho avuto alcuna forma di preparazione: ho imparato attraverso altri tipi di canali, in età più adulta. Anzi, perlomeno ai miei tempi venivano a scuola a dirci di usare il preservativo, oggi non si fa più. Non a caso, l'uso di precauzioni è calato. Sarebbe però altrettanto sbagliato pensare che l'educazione sessuale debba insegnare solo come non restare incinta".

Aiuterebbe senz'altro i più giovani sentirsi meno problematici. E ad avere più strumenti per elaborare la pornografia, mai così "democratica" ed accessibile.

"Neanche amo la parola 'educazione', perché  preferirei la formula 'conversazione sessuale'. Uno spazio di ascolto reciproco nel quale le persone, giovani in questo caso ma non solo loro, possano porsi domande senza sentirsi giudicati".

Una conversazione che potrebbe avvenire in famiglia?

"In famiglia spesso non si fa. Le famiglie non sono tutte uguali in termini di disponibilità culturali ed economiche. Parlarne invece dovrebbe essere un diritto per tutti, perché questi temi fanno parte della nostra vita e la condizionano. Pensiamo solo al concetto di 'consenso': in America Latina si fanno corsi a scuola per insegnarlo, lezioni in merito ai ruoli di genere. Pensate quanto sarebbero utili".

Stella Pulpo

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