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Lunedì, 29 Aprile 2024
Città Trento

La lettera della famiglia di Andrea Papi: "A tre mesi dalla tragedia non è cambiato nulla"

"Si continua a parlare solo dell'orsa dimenticando che stiamo vivendo un dramma"

"Sono passati tre mesi esatti dalla tragedia e, purtroppo, dobbiamo constatare che non è cambiato nulla". A scrivere è la famiglia di Andrea Papi, il giovane di Caldes morto a 26 anni nei boschi del monte Peller dopo l'incontro fatale con l'orsa JJ4. "È una vergogna quello che sta accadendo" si legge nella lettera firmata dai genitori del ragazzo, dalla sorella Laura e dalla fidanzata Alessia. "Si continua a parlare sempre e soltanto dell'orsa - delle sue condizioni di salute, di quello che le accadrà, qualcuno ha addirittura detto che è stressata - dimenticando che noi abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo un dramma immenso e che non riusciamo a darci pace" scrivono i familiari di Andrea. Che poi puntualizzano: "Non si è trattato di un incidente in montagna. Andrea non è scivolato e caduto su un sentiero in mezzo al bosco. È stata una tragedia attesa e annunciata perché, nei mesi precedenti, si erano verificate numerose altre aggressioni. Il destino, in questo caso, non c'entra nulla". 

Nella lettera è evidente il rammarico della famiglia del giovane: "Abbiamo scritto lettere al prefetto, al Parco, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella (che ci ha richiamato dicendo che verrà fatto tutto il possibile), al ministro della Giustizia Carlo Nordio (29 maggio, nessuna risposta), al ministro dell'Interno Matteo Piantedosi (5 giugno, nessuna risposta, ci hanno detto che forse arriverà una lettera). Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ci ha chiamato e poi ci ha inviato un messaggio in privato. Nessuno si è scusato o si è preso la responsabilità di quanto accaduto. Anzi, spesso riceviamo lettere sconclusionate da parte di cittadini che non fanno altro che aumentare il nostro dolore e la nostra frustrazione".

"Sull'orsa siamo sempre rimasti neutrali e siamo stati attaccati su tutti i fronti" spiegano ancora i familiari di Andrea. "Noi amiamo gli animali e non ci siamo mai dichiarati a favore dell'uccisione dell'orsa che - tra l'altro - si trova al Casteller e, di conseguenza, risulta al momento innocua. Il problema semmai sono gli altri, quelli che girano per i boschi, ma l'orsa è solo la punta di un iceberg alla cui base ci sono persone e istituzioni che hanno permesso tutto questo". E ancora: "Chi si concentra solo sull'orsa - si legge ancora - però dimentica che noi, a seguito di questa tragedia, abbiamo perso chi un figlio, chi un fratello, chi un fidanzato. Vogliamo giustizia e pretendiamo che il fenomeno venga arginato. Andrea è stato il martire di un progetto politico che ora risulta fuori controllo. Basta aggressioni e basta vittime: vogliamo vivere tranquilli a casa nostra. Chiediamo forse troppo?".

Quindi il discorso si sposta sui cartelli che segnalano la presenza dell'orso. "Nella zona in cui Andrea è stato aggredito non ce n'erano" dicono i familiari, "mentre quelli presenti, alcuni dei quali tutti arrugginiti, non sono cautelativi ma informativi: si dice, cioè, che è una zona attraversata da orsi e che, nel caso in cui li si incontrasse, ci si dovrebbe stendere a terra e proteggersi la testa con le mani. No comment". Infine, scrive ancora la famiglia del ragazzo, "Andrea non era un runner. È stata la prima etichetta che gli hanno affibbiato i giornali. Si chiama - non si chiamava - Andrea Papi, e basta. Non era un corridore professionista. Ha fatto solo una gara amatoriale di corsa, in cui gli hanno scattato quella foto poi ripresa da tutti. Ma non era né federato né professionista quindi, per favore, non chiamatelo più runner. Grazie".

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