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Lunedì, 29 Aprile 2024
Cronaca Napoli

Il busto di Emanuele Sibillo al Museo Criminologico (l'unico luogo deputato a esporlo)

Decisione "incondivisibile e contraddittoria", così ha commentato l'Avv. Iorio, difensore dei genitori di Emanuele Sibillo

Già in passato vi abbiamo parlato degli “altarini di camorra” che sbucano come funghi per le strade di Napoli.  È di pochi giorni fa la notizia che il procuratore di Napoli Giovanni Melillo e il comandante provinciale dei carabinieri Enrico Scandone, hanno consegnato il busto di Emanuele Sibillo, esponente dell’omonimo clan - ucciso in un agguato camorristico nel luglio 2015 - al direttore generale della Formazione penitenziaria, Riccardo Turrini Vita.

Il busto era stato realizzato in gesso e collocato in un’edicola nel cortile dell’ abitazione di Sibillo e, adesso, sarà esposto in una delle sale del museo Criminologico di Roma insieme a tanti altri strumenti e reperti legati al mondo della criminalità italiana. Un percorso che offre spunti di riflessione per chi voglia approfondire temi che riguardano ambiti meno noti della nostra storia. Un modo per fornire alle nuove generazioni gli strumenti interpretativi di una realtà in gran parte sconosciuta. 

L'avvocato dei Sibillo: "Decisione incondivisibile e contraddittoria"

Decisione "incondivisibile e contraddittoria", così ha commentato l'Avvocato Rolando Iorio, difensore dei genitori di Emanuele Sibillo, la notizia della consegna del busto di E 17 al Dipartimento del'Amministrazione Penitenziaria per la successiva esposizione dell'oggetto, raffigurante il giovane boss, in una delle sale del Museo Criminologico di Roma.

"Una decisione inaccettabile e incomprensibile, che crea immenso dolore ai genitori di Emanuele, in modo particolare alla madre, che dopo aver visto rimuovere gli oggetti che ricordavano il figlio da una edicola privata posta all'interno di un cortile privato,  deve ora anche patire che il busto in gesso del figlio Emanuele  - commissionato dalla stessa madre a un artista locale per ricordare il volto del figlio, morto prematuramente poco più che diciottenne -,  sia ora posto accanto a oggetti macabri e di tutt'altro genere, come le scuri utilizzate dalla saponificatrice di Carreggio, o anche le ghigliottine e gli strumenti vari di tortura utilizzati nel corso dei secoli!"

"Bisogna tra l'altro considerare" continua l'Avvocato Rolando Iorio "che il suddetto busto è oggetto di un sequestro probatorio in un procedimento penale che vede gli stessi genitori di Emanuele Sibillo indagati con accuse gravissime. Busto per il quale, tra l'altro, così come per tutti gli altri oggetti sequestrati nell'operazione del 28 Aprile 2021 condotta dalla DDA di Napoli, abbiamo già avanzato istanza di dissequestro. Meraviglia quindi constatare che un oggetto, posto sotto sequestro probatorio in un procedimento penale in corso, venga consegnato ad un Museo in luogo di essere custodito nei locali appositamente adibiti per i depositi giudiziari".

"Da ultimo" aggiunge l'Avvocato Rolando Iorio "non può non rilevarsi la profonda contraddittorietà insita nella scelta di esporre il busto di Emanuele Sibillo nel Museo criminologico di Roma. Infatti, dopo una intensa campagna mediatica che ha portato, negli ultimi mesi, alla rimozione da parte delle Forze dell'Ordine di centinaia di altarini e murales presenti nella città di Napoli, in primis quello dedicato a Emanuele Sibillo, ritenuto un vero e proprio simbolo, meta di pellegrinaggio anche per giovanissimi estranei alle logiche criminali, evidentemente affascinati da un'immagine che aveva assunto col tempo carisma e popolarità sempre più crescenti, sconcerta poi constatare che l'oggetto simbolo di tutto questo, ossia proprio il busto del Baby Boss Emanuele Sibillo, venga esposto con tutti gli onori in una sala del Museo di Roma. Sembra, infatti, che in tal modo quello che era un fenomeno prettamente cittadino sia stato di fatto elevato a livello nazionale, in palese contraddizione, tra l'altro, con la massiccia opera di rimozione e cancellazione perpetrata negli ultimi mesi nella città partenopea".

Soltanto un simulacro del potere camorristico… nulla che possa meritare rispetto

L’infestazione degli “altarini di camorra” che sbucano come funghi per le strade di Napoli è ben nota ma, ovviamente, nessuno ha mai pensato di sradicare il problema alla radice, attraverso un percorso di crescita culturale. Nessuno dei residenti ha cercato di ELIMINARE quelle ignobili strutture. Soltanto pochi condomini avanzarono all'amministratore "timide rimostranze" relative alle spese per i costi d'illuminazione della cappella. Ottenendo, neanche a dirlo, soltanto goffi tentativi di minimizzare il problema. Una condotta che, chiaramente, rappresenta il segno tangibile della forza d'intimidazione del clan. I residenti hanno dovuto tollerare non soltanto la costruzione del manufatto ma anche e soprattutto una "perdurante e tangibile evocazione della presenza del clan, nella figura di Emanuele Sibillo, in quel territorio diventato nel tempo anche meta di pellegrinaggio".

Smettiamola di associare quegli ignobili altarini a qualcosa di religioso. Non sono altro che un volgare simulacro di potere camorristico. Nulla più di una marcatura territoriale voluto dal clan che l'ha eretto. Vanno abbattuti TUTTI, dal primo all’ultimo.

È questa - e questa soltanto - la motivazione che ha spinto Vincenzo Sibillo e Anna Ingenito a realizzare la pomposa cappella in un luogo del tutto inappropriato ad accogliere siffatta indecenza. Certamente non per dimostrare sentimenti di pietà per un giovane morto ammazzato. L’obiettivo è sempre stato quello di far sentire l’opprimente presenza del sodalizio criminale e la sua capacità di sopraffazione, unendola - infine - al simbolo religioso dell'immagine della Madonna… e siamo certi che, se quest’ultima avesse avuto modo di dire la sua, non avrebbe certamente gradito la nuova collocazione.

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