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Martedì, 30 Aprile 2024
Malagiustizia

Morì in un carcere francese: "Non è stato soccorso"

Dopo tre anni di buio e silenzi il pm ha rinviato a giudizio un medico e due infermieri del carcere in cui morì Daniele Franceschi: "Hanno fatto poco o nulla per salvargli la vita"

ROMA - Non ha mai smesso di combattere. Ha urlato il suo dolore all'ambasciata francese a Roma, ha mostrato le sue lacrime all'Eliseo e ha continuato, in tre interminabili anni, a chiedere giustizia per suo figlio che non c'è più. Un figlio morto, il 25 agosto del 2010, nel carcere francese di Grasse, in Provenza, per motivi che ancora nessuno sa. 

Dopo tre anni di lotte e sofferenze per Cira Antignano, la mamma di Daniele Franceschi, il 36enne carpentiere di Viareggio che ha perso la vita nel penitenziario francese di Grasse in situazioni ancora poco chiare, è forse arrivato il momento di "sorridere". Il pm Jean Luc Moreau, infatti, ha chiesto il rinvio a giudizio di un medico, due infermiere del carcere e della direzione dell'ospedale della cittadina francese. Per tutti l'accusa è omissione di soccorso e omicidio colposo: avrebbero fatto poco o nulla per salvare la vita a Daniele. 

Certo, non è che un primo piccolo passo, ma forse la strada intrapresa potrebbe portare alla verità. "Sarà il giudice che dovrà decidere se mandare a processo le persone indagate - ha spiegato l'avvocato della famiglia Franceschi, Aldo Lasagna - ma le possibilità che si vada finalmente a un dibattimento sono molto alte".

A processo potrebbero finire le infermiere e il medico che erano di turno all'infermeria della prigione francese, il pomeriggio in cui Daniele morì. Un pomeriggio che, a tre anni di distanza, ha ancora troppe ombre. "Dal carcere Daniele mi aveva scritto alcune lettere terribili - ha raccontato la mamma di Franceschi - Aveva paura, mi diceva che odiavano gli italiani, si sentiva minacciato. 'Mamma ci trattano peggio delle bestie', mi aveva scritto. Subito dopo l'arresto, era stato colpito da un virus. Febbre a 41, eppure nessuno lo aveva curato o aiutato. Lo accusavano di non voler lavorare, con lui ce l’avevano guardie e gli altri detenuti, ma nessuno l'ha aiutato". 

E' successo lo stesso quel 25 agosto? Daniele, pochi giorni prima, aveva scritto una lettera alla madre dicendole di "avere un dolore che dalla spalla arriva al cuore": perché non è stato visitato? Perché il giorno in cui è morto gli era stato fatto un elettrocardiogramma ed era stato rinchiuso in cella? Perché il certificato di morte, firmato alle 17:30, parla genericamente di arresto cardiaco e niente più? Perché il corpo di Daniele è tumefatto e i suoi organi sono scomparsi nel nulla? Ed è solo un caso che nello stesso carcere e in circostanze molto simili sia morto anche Claudio Faraldi?

A tre anni di distanza, tutti gli interrogativi sulla morte di Daniele sono ancora senza una risposta. L'unica cosa certa è che il carpentiere di Viareggio è entrato vivo in un carcere francese per carte di credito false. E ne è uscito morto. 

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