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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Genova

Porti aperti alle navi che trasportano bombe: la mobilitazione non si ferma

Verso Cagliari e Genova la nave saudita "Bahri Yanbu", carica di armi che rischiano di essere utilizzate anche nella guerra in Yemen. Proteste e interrogativi di varie associazioni. Cgil: "Porti aperti per le persone e porti chiusi per le guerre"

Il tema armi è e resta di stretta attualità: pochi giorni fa è stata pubblicata la relazione sull'export italiano di armamenti nel mondo nel 2018. La produzione di armi italiane va a finire anche in regioni ad altissima tensione, dall'Africa e Medio Oriente. Qualche esempio: l'Egitto di Al Sisi e l'Arabia Saudita che da tempo conduce nella guerra in Yemen. Ma non si deve per forza andare così lontano per toccare con mano le pervasività della questione. 

Porti aperti alla nave che trasporta bombe: esplode il caso

Fa rotta verso l'Italia la nave saudita «Bahri Yanbu», carica di armi che rischiano di essere utilizzate anche nella guerra in Yemen, sta cercando di attraccare nei porti europei per caricare armamenti destinati alle forze armate della monarchia assoluta saudita. Dopo aver caricato munizioni di produzione belga ad Anversa, ha visitato o tentato di visitare porti nel Regno Unito, in Francia e Spagna, e dovrebbe attraccare nel porto italiano di Genova a partire da lunedì 20 maggio. Prima potrebbe attraccare anche a Cagliari. La nave partita dagli Stati Uniti, passata per il Canada prima di arrivare in Europa, ha come destinazione finale Gedda, Arabia Saudita, con arrivo previsto il 25 maggio. È perciò reale e preoccupante la possibilità che anche a Genova possano essere caricate armi e munizionamento militare; ricordiamo infatti che negli ultimi anni è stato accertato da numerosi osservatori indipendenti l'utilizzo contro la popolazione civile yemenita anche di bombe prodotte dalla RWM Italia (con sede a Ghedi, Brescia, e stabilimento a Domusnovas in Sardegna). 

La nave ha fatto altri accosti in passato e "non c’erano problemi di natura tecnico-nautica" dicono dalla Capitaneria. "Dal punto di vista tecnico nautico se la nave ha i requisiti per entrare in porto, come già avvenuto in passato, avrà l’autorizzazione". A meno che non arrivini indicazioni diverse "dall'alta". Difficile, ma la mobilitazione ha proprio quell'obiettivo. In base al Testo unico di pubblica sicurezza è affidato alla Prefettura il compito di autorizzare anche il solo transito in acque nazionali e nei porti nazionali di materiale bellico.

Un gruppo di associazioni, tra cui Amnesty International Italia, Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari Italia, Oxfam Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo e Save the Children Italia denuncia come esista "il fondato pericolo che i porti italiani accolgano gli operatori marittimi che trasferiscono sistemi di armi e munizioni destinati a paesi in conflitto: armi che possono essere usate – com’è già accaduto – per commettere gravi violazioni dei diritti umani e che anche secondo i trattati internazionali firmati dal nostro Paese non dovrebbero essere consegnate. Bombe che alimentano le guerre che a loro volta alimentano le migrazioni che, a parole, tutti vorrebbero prevenire aiutando le popolazioni “a casa loro”: una vera follia".

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Bahri Yanbu, la nave carica di armi diventa un caso internazionale

La vicenda del cargo saudita «Bahri Yanbu» rischia ora di diventare un caso internazionale, coinvolgendo anche le autorità italiane. La nave, partita all’inizio di aprile dal porto di Corpus Christi, USA, per poi arrivare a Sunny Point, il più grande terminal militare del mondo, il 4 maggio ha imbarcato ad Anversa – secondo alcune organizzazioni della società civile belga – 6 container di munizioni. L’8 maggio avrebbe dovuto entrare nel porto di Le Havre per caricare 8 cannoni semoventi Caesar da 155 mm prodotti da Nexter, ma ha dovuto rinunciarvi per la mobilitazione dei gruppi francesi di attivisti dei diritti umani, contrari alla vendita di armi che potrebbero essere impiegate nella guerra in Yemen. Si è quindi diretta verso il porto spagnolo di Santander, dove è giunta per uno scalo non previsto, presumibilmente per aggirare l’azione legale avviata dagli attivisti francesi. Anche qui si sta registrando la mobilitazione di varie associazioni della società civile – tra cui Amnesty International, Oxfam, Grenpeace, Fundipau – che si sono appellate alle autorità spagnole.

La «Bahri Yanbu» appartiene alla maggiore compagnia di shipping saudita, la Bahri, già nota come National Shipping Company of Saudi Arabia, società controllata dal governo saudita, e dal 2014 gestisce in monopolio la logistica militare di Riyadh. Anche la tipologia della nave, una delle 6 moderne con/ro multipurpose della flotta Bahri, ha una chiara vocazione militare, adatta al trasporto sia di carichi ro/ro e heavy-lift speciali (ovvero anche mezzi militari fuori norma), sia di container.

Le associazioni "hanno ripetutamente chiesto ai precedenti Governi e all'attuale Governo Conte di sospendere l'invio di sistemi militari all'Arabia Saudita ed in particolare le forniture di bombe aeree MK80 prodotte dalla RWM Italia che vengono sicuramente utilizzate dall'aeronautica saudita nei bombardamenti indiscriminati contro la popolazione civile in Yemen. Riteniamo che queste esportazioni siano in aperta violazione della legge 185/1990 e del Trattato internazionale sul commercio delle armi (ATT) ratificato dal nostro Paese. Il Trattato sul commercio delle armi (ATT) impone a tutti i paesi coinvolti nel trasferimento di attrezzature militari (cioè anche nel transito e nel trasbordo) verso Paesi coinvolti in conflitti armati di verificare (art. 6.3) se le armi trasferite possano essere impiegate per commettere crimini di guerra o violazioni dei diritti umani e di conseguenza di sospendere le forniture (art. 7)".

Il commercio di armi è più che mai fiorente. Secondo i rapporti dell'UE sulle esportazioni di armi, gli Stati membri dell'UE hanno emesso almeno 607 licenze per oltre 15,8 miliardi di euro in Arabia Saudita nel 2016. I principali esportatori europei di armi convenzionali verso l'Arabia Saudita includono Regno Unito, Francia, Spagna, Italia e Bulgaria. Tra il 2013 e il 2018, l'Arabia Saudita rappresentava circa la metà delle esportazioni militari del Regno Unito e un terzo di quelle del Belgio. Altri paesi - tra cui Svezia, Germania, Paesi Bassi e Norvegia - hanno sospeso o iniziato a limitare le vendite di armi alla coalizione guidata dall'Arabia Saudita e dagli EAU. In Italia, nonostante il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scorso 28 dicembre abbia affermato che «il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze», nessuna sospensione è stata ancora definita e le forniture di bombe e sistemi militari sono continuate anche in questi mesi ammontando ad un controvalore di 108 milioni di euro nel solo 2018 (come risultante dai dati ufficiali governativi elaborati dall'Osservatorio Opal di Brescia). Le associazioni pertanto invitano le autorità competenti a non mettere a disposizione della nave Bahri Yanbu lo scalo di Genova.

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Cgil: "Non consentire l'attracco della Bahri Yanbu"

''La Cgil sostiene e si unisce alla mobilitazione della Filt di Genova e dei portuali, per chiedere al governo italiano di non consentire il permesso di attracco nei porti italiani alla nave Bahri Yanbu con il suo carico di armi, ancora una volta destinate alla guerra nello Yemen''. Così il segretario confederale della Cgil nazionale, Giuseppe Massafra. ''Il nostro Paese, il nostro sistema produttivo e industriale, il lavoro - aggiunge il dirigente sindacale - non possono essere messi al servizio né di guerre, né di operazioni commerciali che alimentano  crisi umanitarie e violazione dei diritti umani''.

"Il nostro Paese - conclude Massafra - deve avere porti aperti per le persone e porti chiusi per le guerre''.

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