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Sabato, 27 Aprile 2024
Le indagini / Bologna

Alessandra Matteuzzi massacrata dal calciatore Giovanni Padovani: la perizia che lo inchioda

L'uomo è sotto processo per omicidio aggravato, i giudici hanno chiesto una nuova valutazione per capire se era capace di intendere e volere. Per gli esperti sarebbe anche stato in grado di simulare i sintomi di un disturbo per alleggerire la sua posizione

Quando Giovanni Padovani il 23 agosto del 2022 ha aggredito e ucciso la sua ex compagna Alessandra Matteuzzi a Bologna "non presentava alcuna condizione di infermità di mente tale da incidere in maniera significativa sulla sua capacità di intendere o di volere". C'era "piena capacità di intendere al momento della commissione del reato".

A questa conclusione sono giunti i periti Pietro Pietrini e Giuseppe Sartori, coadiuvati da Cristina Scarpazza, incaricati dalla corte d'assise di Bologna di stilare una perizia psichiatrica sul calciatore. Lo scopo dell'esame era accertare se quando ha colpito a morte la donna fosse affetto da patologie psichiche tali da inficiarne la capacità di intendere e di volere, in tutto o in parte.

Padovani è sotto processo per omicidio aggravato da premeditazione, futili motivi, legame affettivo e stalking. Per il momento rimarrà nel carcere di Reggio Emilia, come stabilito dalla Corte di assise di Bologna, dopo che i legali dell’imputato avevano chiesto un trasferimento al Rems (residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza). 

Il giorno dell'omicidio Alessandra Matteuzzi stava tornando a casa ed era al telefono con la sorella, quando si è trovata davanti Padovani. La stava aspettando. Gli ha chiesto di andare via - in passato lo aveva già denunciato - ma è stato inutile, hanno iniziato a discutere poi lui l'ha spinta per terra e aggredita. Le urla della donna hanno attirato l'attenzione dei residenti. Quando i soccorsi sono arrivati era ancora viva, è morta prima che i sanitari riuscissero a portarla in ospedale.

I periti dovranno illustrare le loro conclusioni nella prossima udienza del processo, fissata per il 20 novembre. Secondo quanto emerso, Padovani si sarebbe rifiutato di "svolgere i preventivati colloqui", tuttavia i periti hanno ritenuto che "i due colloqui condotti nell'ambito del precedente incarico peritale, seppur finalizzato a rispondere al solo quesito della capacità dello stesso di stare in giudizio, siano stati esaustivi", e per questa seconda perizia si sono quindi basati "sull'analisi della documentazione agli atti, sull'analisi di quanto riferito dal Padovani durante i colloqui in corso della precedente perizia" e sui risultati dei test psicopatologici e neuropsicologici e di altre analisi.  

Secondo i periti non ci sono "i criteri diagnostici necessari per poter porre la diagnosi di disturbo di personalità, le diagnosi di disturbo paranoide, schizotipico, schizoide poste dal professor Alessandro Meluzzi (consulente della difesa, ndr) decadono automaticamente", e in generale, dalle analisi svolte emergerebbe che "nessuna delle molteplici ipotesi" proposte dai consulenti della difesa - come disturbo delirante, un disturbo psicotico breve, schizofrenia o disturbo di personalità - trova riscontro nei dati documentali, come pure dalle risultanze dell'esame diretto" dell'imputato.

Secondo la perizia Padovani "era consapevole che il suo comportamento è una grave violazione alla morale naturale, era consapevole delle conseguenze della sua azione ed era consapevole, al momento del fatto, del valore anti-giuridico del suo gesto e delle conseguenze che ne derivano. Era - inoltre - in grado di trattenere l'impulso aggressivo". Dunque, anche "volendo considerare il reato commesso come reato d'impeto (cosa che tuttavia è da escludersi visti i comportamenti di Padovani nei giorni, se non addirittura mesi, prima della commissione del fatto)", per i periti l'imputato "era pienamente in possesso della capacità di fare diversamente, se solo lo avesse voluto". 

"Padovani poco credibile"

A febbraio, ai magistrati che lo hanno interrogato, aveva affermato che nel periodo precedente al delitto "era in uno stato di alterazione profonda, che negli ultimi tempi si era aggravato". Dai test a cui è stato sottoposto, emergerebbero "dati convergenti che indicano la sussistenza di una sintomatologia a bassa credibilità. Dal punto di vista psicopatologico tutti i test che contengono al loro interno scale apposite di controllo della genuinità della sintomatologia concordemente rilevano una franca esagerazione" della sintomatologia stessa, e portano a concludere "per la presenza di una generalizzata tendenza di Padovani ad accentuare significativamente... se non francamente simulare, sintomi psicopatologici e neurocognitivi". 

Secondo i periti, insomma, "la florida sintomatologia psichiatrica che sembrerebbe caratterizzare Padovani (ipocondria, depressione, isteria, deviazione psicopatica, paranoia, schizofrenia e altro) è da considerarsi a bassa credibilità a causa di una probabile simulazione del profilo psicopatologico".

L'analisi del genotipo evidenzierebbe che Padovani "è risultato portatore di varianti alleliche associate ad aggressività, ansia, depressione e disturbo ossessivo compulsivo". Tuttavia, scrivono i periti, la combinazione di queste varianti aumenta "il rischio di comportamento aggressivo", ma non si traduce automaticamente in un simile comportamento.

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