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Domenica, 28 Aprile 2024
Non solo rider

Gli algoritmi sfruttano 30 milioni di lavoratori, ecco chi blocca la legge che vuole proteggerli

Le finte "partite Iva" (senza orari né diritti) operano in tanti settori: trasporti, ristorazione e salute. Su pressione di alcune multinazionali, quattro Paesi impediscono una tutela europea

Si occupano di consegnare il cibo a domicilio, di portarci a casa o in aeroporto nel cuore della notte, si prendono cura dei nostri cari che invecchiano. Nell'Unione europea oltre 28 milioni di persone lavorano mediante una (o più) piattaforme di lavoro digitali e Bruxelles prevede saranno 43 milioni nel 2025. Spesso però sono costretti a ritmi insostenibili e privi di diritti. Nonostante la cosiddetta "gig economy" stia esplodendo, diffondendosi in molteplici settori, le piattaforme più forti come Uber o Bolt starebbero facendo pressione sui governi europei per impedire che venga approvata una direttiva europea che punta a stabilire standard minimi di tutela. Alcune multinazionali preferiscono considerare ad oltranza questi lavoratori come "liberi professionisti" anziché come dipendenti. Quando avvengono incidenti mortali, come quello del giovane Sebastian Galassi a Firenze o quello di Raffaele Acampora a Napoli, queste società spariscono. C'è però chi si oppone allo sfruttamento 4.0 e prova a fonire una base comune di tutele. 

Non solo rider

È stata ribattezzata "direttiva rider", ma l'esercito che consegna pizze e hamburger in bici rappresenta solo una parte minima di persone interessate dalla proposta di legge. Nell'Unione europea operano quasi 600 piattaforme, che offrono i servizi più disparati, dalla mobilità alla consegna di cibo. Seppur meno visibili, tra le più diffuse ci sono quelle che si occupano della cura e della salute delle persone, dei bambini e degli animali. "Riceviamo migliaia di email da persone che ci chiedono di far approvare questa legge. Fuori dalla bolla europea ci sono milioni di lavoratori che la aspettano", ha confessato a una ristretta cerchia di giornalisti a Strasburgo l'eurodeputata Elisabetta Gualmini, relatrice del testo ed esponente del Partito democratico.

Il blocco di 4 governi

Dopo oltre due anni di negoziati e aver ottenuto un'ampia maggioranza al Parlamento europeo, l'approvazione della direttiva sul lavoro da piattaforma è stata bloccata da una minoranza di quattro Stati membri: Francia, Germania, Grecia ed Estonia. Una delusione cocente per chi ha concepito quella legge. "Gli eurodeputati di schieramenti diversi hanno fatto il loro lavoro, non capisco perché liberali e conservatori in questi quattro Stati abbiano deciso di bloccare la legge", ha sottolineato l'eurodeputata del gruppo dei socialisti.

La "zona grigia"

La direttiva riconosce che il lavoro tramite piattaforma, intensificatosi durante il Covid, sta diventando un motore per l'innovazione e la crescita dell'occupazione. Ciò nonostante l'aumento delle piattaforme digitali ha determinato lo sviluppo di un'ampia "zona grigia" per molti lavoratori in merito alla loro situazione occupazionale. In molti casi un algoritmo controlla costantemente le persone sugli orari di lavoro, il riposo e le performance. Eppure risultano classificate come "lavoratori indipendenti". La direttiva punta a introdurre dei miglioramenti per chiarire il rapporto che intercorre tra le società che gestiscono le app e chi effettua il lavoro. Stabilisce inoltre, in maniera pionieristica, alcune norme sull'uso di sistemi algoritmici sul luogo di lavoro, per evitare che possano ledere i diritti delle persone.

Macron: l'amico francese di Uber

Come notato da alcuni esperti della materia, tra i più feroci oppositori alla norma europea c'è stato il governo francese. "Sono due gli argomenti usati dal presidente francese Emmanuel Macron. Il primo: 'se non è Uber a dare lavoro ai giovani delle banlieu che non riescono a ottenere un impiego, chi mai glielo darà?'. In secondo luogo insiste che le persone vogliono più flessibilità nella loro vita lavorativa", ha spiegato a Today.it Agnes Jongerius, portavoce dei socialisti europei (S&D) per l'occupazione. "La prima affermazione non fa altro che rafforzare le discriminazioni nei confronti di determinate classi sociali, la seconda non corrisponde a tutte le situazioni. La verità è che Macron intende proteggere i suoi amici di Uber", ha contestato l'eurodeputata belga.

Nel luglio del 2023 una commissione parlamentare di inchiesta ha riconosciuto un "rapporto opaco ma privilegiato" tra Macron e i vertici della società statunitense. "Questi Stati hanno ceduto alle pressioni delle multinazionali, voltando le spalle ai lavoratori e ai loro diritti", ha concluso Jongerius, che vanta un passato da agguerrita sindacalista nelle Fiandre. In Germania, governata da una coalizione di socialisti, verdi e liberali, sono stati questi ultimi a ostacolare l'approvazione in seno al Consiglio dell'Ue. L'Estonia starebbe invece proteggendo gli interessi del colosso della mobilità Bolt.

Autonomi o lavoratori dipendenti ?

La misura più avversata riguarda la "presunzione legale di occupazione". Le società che offrono servizi considerano i lavoratori degli autonomi, ma in tantissimi casi c'è un rapporto di subordinazione. In base alle stime di Bruxelles, applicando la presunzione circa 5,5 milioni di persone in Europa verrebbero riclassificate come "dipendenti". Si tratta di una frazione relativamente piccola rispetto alla popolazione di lavoratori della "gig economy", ma resta un punto temutissimo dalle multinazionali. "Se sei un vero lavoratore autonomo resterai tale, altrimenti avrai una tutela. Per quanto riguarda la presunzione, ciascuno Stato può decidere i criteri per farla scattare. L'importante è cambiare lo status quo, in cui non si offre alcuna tutela", ha spiegato Gualmini a margine della plenaria di febbraio dell'Eurocamera.

Il ricatto della flessibilità

Uber si difende asserendo sul suo sito di essere la piattaforma che consente ai guidatori di "guadagnare denaro in modo flessibile". Commentando una legge statunitense che ricalca la proposta di direttiva Ue, i dirigenti della multinazionale hanno scritto: "I conducenti di tutto il paese hanno chiarito in modo schiacciante che non vogliono perdere l'indipendenza unica di cui godono". Anche Delivery Platform Europe, la lobby che riunisce le piattaforme di consegna nell'Ue, sostiene che "la flessibilità è fondamentale per accedere al lavoro su piattaforma".

In base ad uno studio, condotto da una società di consulenza e finanziato dalla lobby stessa, su 16mila corrieri risulta che la ragione principale (67%) per cui i corrieri lavorano con le piattaforme di consegna "è la flessibilità di lavorare quando e dove preferiscono". Per il 72% il lavoro di consegna è un'attività complementare, con il 34% che lo effettua mentre studia e un altro terzo (34%) che lo utilizza per integrare il reddito di un altro lavoro a tempo pieno o parziale. La maggioranza lavora in media 23 ore a settimana e secondo gli autori almeno 75mila corrieri verrebbero scoraggiati da questo tipo di lavoro se perdesse i requisiti di flessibilità. Questi dati non chiariscono però quante persone sceglierebbero di farne un "vero" lavoro a condizioni salariali differenti e più stabili. Gli scioperi dei rider delle consegne di cibo a domicilio dello scorso ottobre o a San Valentino di quest'anno dimostrano che certe condizioni non soddisfano affatto i lavoratori.

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Presunzione di occupazione

Secondo gli esperti di diritto del lavoro Antonio Aloisi, Silvia Rainone e Nicola Countouris, l'efficacia della presunzione dipende molto da quanto sia facile attivarla per il lavoratore e se possano invocarla anche le autorità di sicurezza sociale e gli ispettorati del lavoro. La presunzione occupazionale, scrivono, "non è una panacea", ma "si tratta semplicemente di un dispositivo procedurale che facilita l'accesso alla protezione del lavoro". In questo senso un esempio positivo è la "legge sui rider" spagnola (nota come "Ley pilota"), che presuppone un contratto tra lavoratori e piattaforma. Madrid ha autorizzato gli ispettorati del lavoro a sanzionare le società che non rispettano la normativa.

Anche in Italia nel 2020 è stato firmato un accordo tra sindacati dei rider e associazioni dei datori di lavoro. Rispetto a queste leggi e accordi nazionali, la direttiva Ue pone basi comuni a livello europeo e non riguarda categorie specifiche, potendosi applicare a qualunque tipo di mansione o servizio offerto. Nonostante una lunga opera per limare la legge e trovare dei compromessi, i quattro governi, guidati da Emmanuel Macron (Francia), Kaja Kallas (Estonia) e Christian Lindner (ministro delle Finanze in Germania), e Kyriakos Mitsotakis (Grecia), si sono comunque opposti, preferendo lasciare in un limbo milioni di lavoratori europei.

Modelli di business aggressivi

"La lobby di alcune multinazionali è l'elefante nella stanza. Il loro approccio è insistente, il giorno del voto al Parlamento europeo hanno chiamato a telefono i deputati per fare ancora pressione. Questo è il motivo per cui ho deciso di incontrare le piattaforme sempre insieme ai sindacati e mai singolarmente. L'aggressività, l'arroganza e l'enorme quantità di denaro che mettono in campo sono impressionanti", ha svelato Elisabetta Gualmini. La situazione non va letta solo alla luce di un conflitto tra imprenditori e lavoratori. Ci sono piattaforme che insistono affinché la direttiva entri in vigore, come ad esempio Just Eat, che ha scelto in determinati casi di riconoscere ai suoi rider lo status di lavoratore dipendente. "Molte società insistono affinché la legge passi, perché vogliono evitare la concorrenza sleale con quelle piattaforme che non garantiscono gli stessi standard ai loro lavoratori", ha ammesso l'eurodeputata del Pd.

"Le aziende che si oppongono sono quelle che ottengono denaro dai venture capitalist. Si tratta di un modello di business che funziona solo con Uber o Bolt, che non investono denaro nei lavoratori ma solo in se stessi", ha rimarcato Agnes Jongerius. I governi voteranno nuovamente sulla direttiva l'11 marzo a Bruxelles. Sarà l'ultima occasione perché la norma possa essere varata prima della fine della legislatura. Se non dovesse accadere, i socialisti si dicono pronti a rilanciarla in vista delle prossime europee. "Elly Schlein sostiene questa legge, che vuole tutelare persone vulnerabili e sfruttate. Nel caso in cui venisse bloccata Schlein avrà un'arma enorme per la campagna elettorale", ha detto Gualmini a Today.it. In un'Europa dove aumentano "gli sfruttati malpagati e frustrati" qualcuno alza finalmente la voce contro la prepotenza di chi, nascondendosi dietro gli algoritmi, tratta le persone come posate monouso.

Edit: In una prima versione avevamo scritto erroneamente che il voto sulla direttiva in Consiglio Ue Occupazione e politica sociale si sarebbe svolto il 19 marzo. Il voto è in agenda invece l'11marzo a Bruxelles.

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