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Lunedì, 29 Aprile 2024

L'approfondimento

Giulio Zoppello

Giornalista

La Spada nella Roccia dopo 60 anni ha ancora tanto da insegnarci

La Spada nella Roccia fu l’ultimo film che Walt Disney seguì prima di andarsene. Arrivò nelle sale il giorno di Natale di quel 1963 e forse fu proprio la commozione per la scomparsa del grande animatore a far sì che il film, costato 4 milioni, dominasse i botteghini incassandone 35. A 60 anni esatti di distanza, questo originale e profondissimo racconto sul giovane Re Artù rimane forse l'apice per ciò che riguarda il concetto di film di formazione. 

La Spada nella Roccia era stato un romanzo di grande successo pubblicato da T. H. White, parte di una tetralogia che a partire dal 1938, ridisegnò e ridefinì ciò che sarebbe stato Re Artù per il grande pubblico. Artù eperò in quei primi anni '60 era soprattutto come 10 anni prima l’aveva rappresentato Richard Thorpe nel colossal I Cavalieri della Tavola Rotonda o Joshua Harris nel musical Camelot: barocco, aulico e un po’ pomposo. Disney fin dal 1939 cullava l’idea di trasportare sul grande schermo il libro di White, ma come molte altre volte, fu costretto ad aspettare che il suo impero prendesse maggior solidità finanziaria e seguito. La genesi fu complicata, anche perché non tutti pensavano che un film così desacralizzante e ironico potesse piacere al grande pubblico, che di Artù immaginava eroiche gesta e imprese.

Fu Disney ad imporsi e ad approvare uno script creato da Bill Peet, riprendendo lo stile grafico che aveva decretato il successo de La Carica dei 101. La Spada nella Roccia era attraversato da uno humor molto inglese, frizzante, dissacrante e a tratti parodistico dei grandi, supposti, ideali della cavalleria, così come del cosiddetto “percorso dell’eroe” classicamente inteso. Per certi versi, anticipò ciò che di lì a poco avrebbero proposto anche i Monthy Python, ma senza rinunciare ad essere innanzitutto un racconto di formazione. Re Artù, anzi Semola, era un 12enne che in tutto e per tutto, ricordava tantissimo Peter Parker. Come Spider-Man infatti, Artù è solo, bullizzato, non sa chi è, ma è generoso, curioso, intelligente e sensibili.

Il superpotere che cambierà la sua vita non sarà però il morso di un ragno e non è neppure la Spada mitologica, che impugnerà solo nel finale (anche questo parecchio irriverente), ma è Mago Merlino. E il Mago Merlino che abbiamo avuto da La Spada nella Roccia, era e rimane il più spassoso, interessante, complesso mago della storia del cinema, l’insegnate più incasinato eppure bravo che si sia mai visto. Il rapporto tra Artù e Merlino rimane ancora oggi unico per complessità e per ambivalenza, visto che decostruisce completamente il concetto di giovane adolescente vuoto e senza idee, mettendo spesso all’angolo il suo tutore, assai meno perfetto di quanto egli si ritenga.

La Spada nella Roccia è un racconto di formazione e in quanto tale non può prescindere da prove, avventure e anche esperienze difficili. Abbellito da una colonna sonora spassosa e mai eccessivamente presente, il film diventa quasi un buddy movie, grazie ad Archimede, il gufo cinico, burbero e permaloso che fa da spalla comica ma anche da compagno di avventure dello strano duo. Tra trasformazioni nel mondo animale, trucchi di magia e battibecchi, Artù infine imparerà moltissimo sulla vita e su come non tutto sia bianco o nero, al contrario di come il patrigno Ser Ector e il fratellastro Kay pensano. La Spada nella Roccia proprio per questo ha come villain non qualche lugubre figuro, ma un lupo sfigatissimo e soprattutto la scatenata Maga Magò, fattucchiera birbante, sleale ma a cui in fin dei conti non si può non adorare per vitalità e simpatia.

Quindi tutte risate? Non proprio. La Spada nella Roccia è attraversato da una malinconia persistente, dovuta sia alla solitudine di Artù (non c’è un solo coetaneo in tutto il film) che del suo mentore. Crescere vuol dire anche accettare la sofferenza, non solo la propria, ma anche quella che magari possiamo causare negli altri senza volerlo. Anche per questo, la trasformazione in scoiattolo di Artù e Merlino, con la love story impossibile con una femmina della specie, è tanto disturbante quanto profonda. E Merlino? Anche lui commetterà un errore di valutazione, non rispetterà la sensibilità di Artù, il fatto che bene o male lui viva nel mondo reale, non può spostarsi avanti e indietro come fa lui.

La Spada nella Roccia fu accolto in modo tiepido dalla critica, che lo giudicò troppo ironico e squilibrato, non gradì forse il tono irriverente dell'insieme. Ma per molti versi Disney anticipò l'imminente iter della Generazione del ’68, la contestazione dei cosiddetti “valori tradizionali” e la volontà di creare un mondo diverso. Ma per il pubblico ancora oggi, questo film rimane uno dei momenti più alti del vecchio universo Disney, quando l'animazione era fatta di idee e scrittura. Ad oggi è uno di quei film capaci di passare di padre in figlio proprio come le lezioni di vita che ne erano il cuore. 

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