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Sabato, 27 Aprile 2024
La verità / Cina

In un mese 60.000 persone sono morte per Covid in Cina

Il conteggio ufficiale deciso dalla Cina, tuttavia, include solo le morti che sono conseguenza diretta del Covid

Quasi 60.000 persone sono morte di Covid in Cina nelle ultime cinque settimane. Dopo settimane di silenzio e illazioni sulla circolazione del virus nel paese, le autorità cinesi hanno presentato nella giornata di oggi 14 gennaio un primo grande bilancio delle vittime da quando c'è stato l'allentamento delle restrizioni della politica della 'tolleranza zero' decisa all'inizio di dicembre. 

Nel dettaglio, i morti sono 59.938 tra l'8 dicembre 2022 e il 12 gennaio 2023, ha affermato in conferenza stampa Jiao Yahui, capo dell'Ufficio dell'amministrazione medica della Commissione sanitaria nazionale: 5.503 decessi sono dovuti a insufficienza respiratoria innescata dall'infezione, mentre altri 54.435 sono i casi di decessi legati al Covid, ma su persone con patologie croniche come cancro o malattie cardiovascolari.

Il conteggio ufficiale deciso dalla Cina, tuttavia, include solo le morti che sono conseguenza diretta del Covid, senza la presenza di patologie di altro tipo, secondo la definizione restrittiva annunciata nelle scorse settimane dalle autorità locali, alla base delle critiche dell'Organizzazione mondiale della sanità. L'età media di coloro che sono deceduti era di 80,3 anni e il 90% aveva un'età pari o superiore a 65 anni, secondo i media cinesi.

Cos'è successo

Prima l'allentamento della politica Zero Covid con la conseguente eliminazione di alcune restrizioni anti virus, poi la decisione di non comunicare giornalmente i numeri dei casi e dei decessi. Le misure adottate dalla Cina nelle scorse settimane, e cioè da quando le autorità hanno fatto un'inversione a U sulle restrizioni che hanno influenzato e determinato la vita dei cinesi per tre anni, avevano sollevato parecchi dubbi sulla trasparenza dei numeri e sulla reale condizione della circolazione del virus nel paese. Le immagini satellitari di lunghe file ai forni crematori e gli allarmi lanciati dagli istituti di ricerca contrastavano con le rassicurazioni del governo cinese. 

Le decisioni prese dal governo di Pechino di non comunicare più i dati giornalieri dei contagi hanno alimentato speculazioni sulla poca trasparenza dei numeri di casi e decessi trasmessi dalle autorità sanitarie cinesi. Il Centro cinese per il controllo e la prevenzione delle malattie segnala infatti solo i casi gravi e che i numeri dei decessi che vengono forniti solo una volta al mese. Fino a oggi, il vero bilancio dei decessi era sconosciuto perché i funzionari registrano solo le morti direttamente riconducibili a polmonite e insufficienza respiratoria causate dal virus: non vengono quindi segnati i decessi di pazienti che, per esempio, hanno avuto un infarto dopo essere stati infettati.

Una decisione che ha spinto molti Paesi a imporre restrizioni ai viaggiatori provenienti dalla Cina chiedendo a Pechino di condividere più dati con il resto del mondo. Tuttavia, il ministero degli Esteri cinese ha affermato che anche gli Stati Uniti - lodati dall'Oms per le informazioni fornite finora - dovrebbero subire pressioni affinché condividano in modo tempestivo i propri dati sulla diffusione della sotto variante Omicron XBB.1.5, ritenuta altamente contagiosa. 

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