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Sabato, 27 Aprile 2024
Le previsioni

I russi minacciano un'altra Chernobyl? Cosa rischiamo davvero

L'intelligence ucraina: Mosca pronta a organizzare un attacco terroristico alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Uno scenario che ricalca quello della distruzione della diga di Kachovka. E che evoca il fantasma del disastro del 1986. Ma quali sono i pericoli reali per tutti noi?

L'ultimo appello viene dal presidente ucraino Vlodomyr Zelensky, in un video pubblicato sui suoi social lo scorso 22 giugno: quello che potrebbe presto succedere nella centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, potrebbe essere la replica (su scala enorme) di quanto già avvenuto nella centrale idroelettrica di Kalkhova.

"L’Intelligence ucraina ha raccolto nuove prove di come i russi abbiano fatto saltare la diga e le altre strutture della centrale idroelettrica di Kakhovka nei loro territori occupati. È un anno che avvertiamo il mondo che la Russia si stava preparando a questo attacco - ha sottolineato il presidente ucraino - e ora sta per avvenire la stessa cosa con la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che ricordo a tutti, è la più grande d’Europa. La Russia ha dall’inizio della guerra usato la centrale come arma di aggressione. Per esempio per nascondersi dopo aver bombardato le città limitrofe o come posto per nascondere armi e truppe. Ora la nostra intelligence ha ricevuto informazioni che la Russia considera lo scenario di un attacco terroristico nella centrale con perdita di radiazioni. È già tutto pronto per questo, il mondo è avvertito". 

"La Russia ha fatto saltare la diga di Kakhovka", le prove che inchioderebbero Mosca

Come i russi potrebbero sabotare la centrale 

La strategia sarebbe quella di provocare un incidente per poi attribuire la colpa a Kiev. Una dinamica già sperimentata molte volte. E il monito viene da una campana che finora non ha sbagliato un colpo. Il capo dell’intelligence ucraina, Kyrylo Budanov, è infatti riuscito finora a prevedere l’attacco russo e la sua dinamica contro il parere dei vertici e ha anticipato molte delle mosse tattiche russe. Ora avverte Zelensky che, in base alle informazioni in suo possesso, la Russia potrebbe presto sabotare la centrale che controlla. 

Secondo Budanov, la centrale sarebbe stata già minata. In particolare sarebbero stati minati i dispositivi di raffreddamento dei reattori. "Se li disabilitano, allora c'è un'alta probabilità che ci saranno problemi significativi" afferma il capo dell'intelligence, che sottolinea come i russi potrebbero usare tutti i mezzi tecnici in loro potere per aumentare la scala del possibile disastro. Il piano, secondo gli ucraini, sarebbe già stato approvato e scatterebbe, in particolare, in caso di ritiro dall'area. Sono accuse che vengono bollate come assoluto "nonsense" da parte del ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. Ma che inquietano non poco media e cancellerie occidentali. 

centrale_zaporizhia

Le truppe russe hanno preso il pieno controllo della centrale il 4 marzo del 2022, mentre la regione omonima è ancora contesa. Parliamo del più grande impianto nucleare in Europa e il nono più grande al mondo. Ciascuno dei suoi sei reattori eroga 950 megawatt di energia, per un totale di 5.700 megawatt (5,7 gigawatt termici nominali), sufficienti ad alimentare 4 milioni di abitazioni. Costruita tra il 1984 e il 1985, produceva un quinto dell'energia elettrica dell'Ucraina ed è stato per questo, fin da subito, un importante obiettivo strategico russo. La centrale è progettata per spegnersi automaticamente in caso di emergenza. Tuttavia un danneggiamento degli impianti di raffeddamento, come evocato dall'intelligence ucraina, potrebbe provocare un potenziale disastro. Ma potremmo davvero trovarci presto a questo punto? 

Perché è improbabile che si verifichi una catastrofe

In realtà il rischio di catastrofe nucleare paventato potrebbe essere piuttosto remoto: "Il danno reale sarebbe parecchio limitato. La maggior parte dei reattori (almeno 5) sono spenti. Ovvero sono nella fase chiamata di 'cold shutdow'": richiedono ancora un raffreddamento, ma non devono essere refrigerati con le pompe. Anche il sesto reattore dovrebbe essere in questa fase da maggio" spiega Luca Romano, fisico ed esperto di energia atomica.

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Ma di cosa parliamo esattamente? Un reattore quando viene spento, e non genera quindi più energia elettrica, nel nocciolo sviluppa ancora calore a causa dei meccanismi radioattivi. Quindi va ancora raffreddato. Questa fase è chiamata "hot shutdown": bisogna immettere acqua nel nocciolo e farla ricircolare con le pompe. Dopo qualche settimana il sistema va verso lo stato di spegnimento a freddo, definito "cold shutdown". A quel punto non è più necessario usare molta energia. L'acqua finisce di raffreddare il reattore, senza bisogno di essere pompata costantemente, ad altissima potenza, all'interno. Va da sé che, essendo tutti i reattori della centrale nella fase di "spegnimento a freddo", il rischio di manomissione dell'impianto di raffreddamento non evoca scenari da catastrofe. 

Zaporizhia-2

"I reattori di Zaporizhzhia si trovano in 'cold shutdown' - continua Luca Romano - richiedono davvero poca acqua di raffreddamento. Dovesse saltare completamente, il calore residuo può essere rimosso semplicemente tramite autopompe che potrebbero sparare acqua sui reattori per mantenerli freddi. In questo contesto non vedo uno scenario catastrofico. Ovviamente è possibile che delle quantità piccole, ma non zero, di materiale radioattivo possano finire in atmosfera. Specialmente se viene presa di mira la piscina del combustibille esausto tolto dal reattore". 

"Questa piscina non è così ben protetta come i reattori - spiega Luca Romano -. Se venisse fatto saltare il sistema di raffreddamento di questa piscina, o la vasca che la contiene, si avrebbe un evento radiologico, ovvero una dispersione di radioattività nell’atmosfera. Ma quanto è pericolosa questa radiottività? Dal punto di vista reale poco. Quel combustibile esausto è lì da parecchio tempo. La più pericolosa delle sostanze radioattive, lo iodio 131, non c’è più, perché si dimezza in otto giorni. Poi ci sono altri elementi che possono creare problemi, ma non con quella nocività e verrebbero dispersi comunque in un’area che non è enorme. Il paragone con Fukushima o addirittura Chernobyl mi sembra assolutamente fuori luogo". 

Ancora più improbabile, forse, la minaccia di far saltare in aria completamemente la centrale: "Bisognerebbe mettersi d’impegno, perché le mura sono in cemento armato. Si dovrebbero impegnare settimane a scavare al di sotto e minarlo dall’interno. Non è impossibile, ma sarebbe uno spreco di risorse umane improbabile. Lo scenario fusione del nocciolo, evocato come spettro per una carastrofe nucleare, non è impossibile, ma assai improbabile per le dinamiche che abbiamo già spiegato. In ogni caso avrebbe conseguenze a pochi km dall’impianto. Secondo uno studio, con i reattori accesi, le conseguenze si sarebbero registrate fino a 30 chilometri dall’impianto. Adesso sono addirittura spenti" puntualizza Romano. E allora più che sulla catastrofe naturale, bisognerebbe puntare i fari sull'importanza strategica della centrale e del perché è da mesi al centro di furiose rivendicazioni e minacce. 

Il nodo strategico della centrale 

L'evidenza è che Zaporizhzhia è un importantissimo snodo energetico e ferroviario. Non è un caso che i russi se ne siano impossessati nei primi giorni dell'invasione e la utilizzino come avamposto, nascondendo al suo interno (almeno secondo gli ucraini) armi e uomini. Per rendersene conto è sufficente dare uno sguardo alla cartina e capire dove è posizionata. 

ZAPORIZHIA
"Zaporizhzhia è sicuramente importante da un punto di vista dello sforzo complessivo ucraino, non solo militare. Dà alla Russia l’accesso a una fonte energetica, ma soprattutto la toglie all’Ucraina che da questo punto di vista ha molte difficoltà. Poi sicuramente è un asse tatticamente importante perché è uno snodo soprattutto ferroviario, che vuol dire muovere efficacemente mezzi e uomini - osserva Claudio Bertolotti, analista Ispi -. Ma anche nel caso in cui la Russia dovesse perdere il controllo sulla centrale, dubito che si possa procedere a un sabotaggio, o peggio, a una distruzione. Perché rischierebbe di colpire le sue stesse truppe, sia sul terreno, sia sullo stesso territorio russo. Esporrebbe inoltre suoi cittadini alla minaccia di una catastrofe nucleare in un Paese che ha ancora piena memoria di Chernobyl". 

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Accostare la centrale alla catastrofe verificatasi con la distruzione della diga di Kakhovka è, per Bertolotti, fuorviante: "Il crollo della diga si pone su un altro piano che è quello tattico. Ovvero sulla rimozione degli ostacoli, attivi e passivi, che si trovano sul campo di battaglia. Ovviamente, secondo il diritto internazionale, non si possono prendere decisioni che danneggiano la popolazione civile e quindi il dolo costituisce un reato. Non sappiamo se qualcuno abbia preso la decisione alla ‘leggera’ in questo senso, se ci sia stato un deliberato atto criminale o se, più semplicemente, la situazione sia sfuggita di mano. Fattostà che, al prezzo di vite umane e devastazioni senza fine, ha regalato ai russi un grande vantaggio dal punto di vista tattico. Ha reso di fatto impraticabile il settore sud, di Kherson, e ha dirottato le truppe russe sul territorio a nord, dove la controffensiva ucraina stava spingendo. Ma non metterei le cose sullo stesso piano della centrale. La minaccia di colpire Zaporizhzhia rievoca lo spettro di Chernobyl sia nell'immaginario ucraino, che in quello russo e implica alterazioni permanenti, non temporalmente limitate". 

E allora perché giocare sulla centrale? Paventare possibili sabotaggi o, peggio, attuarli? La risposta è in un tipo di guerra più sottile, quella psicologica, come spiega Luca Romano: "Il problema di un eventuale sabotaggio sarebbero più le conseguenze psicologiche che quelle reali. Che si verifichi una catastrofe o un largo riversamento di materiale radioattivo è improbabile, ma queste cose le sanno i tecnici, non i militari ucraini.  E in caso di un'eventualità simile, Kiev dovrebbe rivalutare la sua avanzata in quell’area e anche la popolazione si spaventerebbe . Assisteremmo a una fuga di massa. L’eco arriverebbe anche da noi tramite l’informazione. Quindi, in questo momento, vedo un sabotaggio più come un’arma psicologica che reale: può restringere il fronte e tenere occupato l’esercito ucraino. C’è poi l’aspetto del ricatto radiologico, dopo un evento del genere anche l’Occidente potrebbe prendere sul serio il ricatto atomico di Putin". Del resto, dall'inizio della guerra, tanto i russi che gli ucraini ci hanno abituato all'iperbole e alle minacce di apocalissi vere o presunte. La centrale di Zaporizhzhia, con tutto il suo carico simbolico, non fa eccezione. 

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