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Sabato, 27 Aprile 2024
La decisione controversa / Taiwan

Apple chiede ai fornitori di Taiwan di utilizzare l'etichetta "Made in China"

Il gigante di Cupertino, con questo nuovo provvedimento, spera di aggirare l’irrigidimento dei controlli doganali, un’altra conseguenza della crisi nello Stretto di Taiwan

Apple vuole correre ai ripari per non essere schiacciata dalla crisi di Taiwan, il principale produttore la mondo di semiconduttori. Il colosso di Cupertino ha chiesto ai suoi fornitori a Taiwan di menzionare la Cina nelle indicazioni di provenienza di chip e componenti destinati alla produzione di iPhone e altri articoli, specificando dunque "made in Taiwan, China" o "made in Taipei, China".

Il gigante tecnologico statunitense teme ripercussioni in ambito economico per una possibile interruzione della catena di approvvigionamento di chip, come ritorsione per la visita della Speaker Usa Nancy Pelosi nell'isola contesa da Pechino. E, soprattutto, non vuole irritare la Cina, uno dei suoi maggiori mercati. 

A riportare la notizia è la testata giapponese Nikkei Asia, secondo cui la richiesta dell'azienda di Cupertino è stata inviata lo scorso venerdì 5 agosto ai fornitori taiwanesi di parti essenziali dei prodotti Apple, tra cui il prossimo iPhone 14. L'obiettivo che si è posto il gigante tecnologico è rispettare una legge di vecchia data di Pechino, che vieta l'ingresso nel territorio cinese ai prodotti etichettati come "made in Taiwan" o "made in Republic of China", il nome ufficiale del governo non riconosciuto di Taipei. O meglio: la scritta può essere “Taiwan, China” oppure “Chinese Taipei”, ma comunque deve intendere che Taiwan è parte della Cina. La legge risale al 2015, ma finora non sarebbe stata realmente recepita dalle autorità doganali cinesi. 

Apple teme anche pesanti sanzioni. Stando a quanto scrive Nikkei, le aziende che non rispettano la legge e continuano a usare le etichette "made in Taiwan" o " Republic of China" sui prodotti destinati alla Cina, rischiano sanzioni fino a 4 mila yuan (circa 580 euro) o il blocco della merce.

Il gigante di Cupertino teme quindi che l'etichetta "made in Taiwan" possa portare a ritardi, multe e persino al rifiuto di un'intera spedizione del prodotto, a seguito dei controlli più rigida alla frontiera. Scenari che Apple vuole evitare per non incorrere in ulteriori rallentamenti della produzione. Al tempo stesso, Taiwan richiede che le esportazioni siano etichettate con il nome che rimarca l'origine del prodotto, “Taiwan” o il nome ufficiale del Paese, “Repubblica di Cina”. 

La scelta di richiedere ai fornitori di adottare una etichetta più vicina alle richieste di Pechino ha portato a critiche da tutto il mondo. Molti hanno infatti subito puntato il dito contro Cupertino, colpevole di aver ceduto a Pechino. GreatFire, che lavora contro la censura cinese online, ha notato che la mossa controversa segue una precedente campagna da parte di Apple, che qualche anno fa ha rimosso la bandiera di Taiwan dalle emoji per gli utenti in Cina e Hong Kong. Il momento in cui Apple dirà di non poter piu' collaborare con la Cina e attuare la sua censura e' ancora lontano", ha commentato GreatFire. 

Il gigante di Cupertino, con questo nuovo provvedimento, spera di aggirare l’irrigidimento dei controlli doganali, un’altra conseguenza della crisi nello Stretto di Taiwan. Apple ha deciso di aderire alla legge cinese a seguito di un controllo su una spedizione di prodotti da Taiwan a uno degli stabilimenti cinesi dove viene assemblato l'iPhone: attraverso le verifiche, le autorità doganali hanno controllato se il modulo della dichiarazione di importazione o i cartoni dei prodotti elettronici fossero etichettati come provenienti da Taiwan. 

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