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Venerdì, 26 Aprile 2024
"Morte al rallentatore" / Afghanistan

La vita da incubo di donne e bambine nell'Afghanistan dei talebani

Un inferno divenuto quotidiano dopo l'avvento del regime talebano, raccontato nell'ultimo rapporto di Amnesty International: dagli arresti alle torture, fino al mancato accesso all'istruzione


Una esistenza fatta di repressione, di mancanza di diritti e di sofferenza: un incubo in cui sono piombate le donne e le bambine che vivono in Afghanistan sotto il controllo dei talebani. Condizioni terribili denunciate da Amnesty International nell'ultimo rapporto intitolato: "Morte al rallentatore: le donne e le bambine sotto il regime dei talebani". L'inizio dell'incubo viene collocato nell'agosto del 2021, quando i talebani hanno preso il potere con la forza: da quel momento è iniziata la repressione nei confronti dei diritti di donne e bambine in ogni ambito, dall'istruzione al lavoro, fino alla libertà di movimento. Tutti i sistemi che sostenevano le donne vittime di violenza domestica sono stati azzerati e anzi, quelle che fuggono dai loro carnefici, magari insieme ai figli, vengono poi incriminate per futili motivi. 

Il rapporto di Amnesty denuncia diversi casi di arresti, torture e sparizioni: "A poco meno di un anno dalla presa del potere dei talebani, le loro spietate politiche stanno privando milioni di donne e bambine del diritto a vivere in modo sicuro, libero e prosperoso - ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International - Considerate nel loro insieme, quelle politiche formano un sistema che discrimina le donne e le bambine in quasi ogni aspetto della loro vita. Ogni azione quotidiana - se andare a scuola, se e come lavorare, se e come uscire di casa - è controllata e fortemente limitata. Questa soffocante repressione aumenta ogni giorno. La comunità internazionale deve pretendere urgentemente che i talebani rispettino i diritti delle donne e delle bambine". Nonostante le richieste di governi e organizzazioni internazionali, i talebani non hanno ancora modificato la loro politica repressiva nei confronti delle donne. Tra il settembre del 2021 e il giugno del 2022, Amnesty International ha visitato l'Afghanistan, raccogliendo le testimonianze di 90 donne e 11 bambine, di età compresa tra i 14 e i 74 anni.

Dall'agosto 2021, i talebani hanno adottato una politica repressiva nei confronti dei diritti di donne e bambine, contrastando con forza anche ogni forma di protesta pacifica, rispondendo con intimidazioni, violenza, arresti arbitrari, sparizioni forzate e torture fisiche e psicologiche. Una manifestante arrestata e portata in carcere ha raccontato: "Loro venivano nella mia stanza e mi mostravano fotografie dei miei familiari, ripetendo ‘Possiamo ucciderli e tu non potrà fare nulla. Non piangere, non fare la scena. Dopo che avevi preso parte alle protese, dovevi aspettartelo’. Poi hanno chiuso la porta dietro le loro spalle e uno di loro ha iniziato a urlare: ‘Donna spregevole. L’America non ci dà i soldi per colpa di puttane come te’. Poi mi ha preso a calci, ferendomi alla schiena e al mento. Mi fa ancora male la bocca, provo dolore appena inizio a parlare":

Dopo che le foto delle ferite provocate dai maltrattamenti, i talebani hanno ideato una nuova strategia: "Ci hanno picchiate sul seno e in mezzo alle gambe, in modo che non potessimo mostrare le ferite - ha raccontato un'altra donna - Un soldato talebano mi ha detto: ‘Posso ucciderti proprio in questo momento e nessuno dirà nulla’. Ci picchiavano e ci insultavano ogni giorno". Oltre a subire violenze, le donne prigioniere vengono private di cibo, acqua, cure mediche e prodotti sanitari. Infine, al momento della scarcerazione, vengono obbligate a firmare un documento in cui si impegnano a non prendere parte a nuove proteste e a non parlare di quanto accaduto durante la detenzione.

Un altro fenomeno in forte crescita dopo l'avvento dei talebani in Afghanistan è quello dei matrimoni infantili, precoci e forzati. Secondo le ricerche di Amnesty International, corroborate dalle organizzazioni locali e internazionali che operano in Afghanistan, da attivisti locali e da altri esperti, i tassi di matrimoni infantili, precoci e forzati sono in forte aumento da quando i talebani hanno preso il potere. I principali fattori di questo aumento sono la crisi economica e umanitaria, la mancanza di prospettive educative e professionali, l’obbligo delle stesse famiglie che impongono matrimoni con parenti talebani e l’obbligo da parte dei talebani a sposarli.

Stephanie Sinclair, direttrice di “Troppo giovani per sposarsi”, ha spiegato: "In Afghanistan c’è la tempesta perfetta per i matrimoni infantili: c’è un governo patriarcale, c’è la guerra, c’è la  povertà, la siccità, le bambine non vanno a scuola. Se metti insieme tutti questi fattori, capisci perché i matrimoni infantili sono schizzati alle stelle". Una donna di 35 anni ha raccontato di aver dato in sposa la figlia di 13 anni al vicino di 30, in cambio di una cifra pari a 650 euro. Spinta dalla crisi economica e dal fatto che la figlia non avrebbe più patito la fame, ha pensato di dare in sposa anche l'altra figlia di 10 anni: "Ho sempre voluto che studiasse di più, che fosse in grado di leggere e scrivere, di parlare inglese e di guadagnare. Ho ancora la speranza che questa figlia diventerà qualcosa e potrà dare una mano in famiglia. Certo, se non aprono le scuole, sarò costretta a darla in sposa".

Tra i "muri" imposti dai talebani c'è quello che riguarda l'istruzione, divenuta off-limits per le bambine. Il programmato rientro a scuola, il 23 maggio, è durato poco: quello stesso giorno, i talebani hanno rimandato le bambine a casa per “questioni tecniche” legate alle loro uniformi. Quattro mesi dopo, la situazione non è cambiata. Una situazione che va avanti da quasi un anno e che la comunità internazionale non può ignorare: per questo Amnesty chiede provvedimenti e sanzioni, o altre forme di pressione che possano costringere i talebani a rispondere del trattamento inflitto a donne e bambine.

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