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Sabato, 27 Aprile 2024
Repressione / Iran

Eseguite altre due condanne a morte in Iran: la repressione non si ferma

La magistratura iraniana ha identificato i due mandati oggi al patibolo come Mohammad Karami e Mohammad Hosseini e ha reso noto che quattro uomini sono stati giustiziati dall'inizio delle manifestazioni a settembre per la morte di Mahsa Amini

L'Iran ha annunciato l'esecuzione di altre due condanne a morte, due uomini accusati di aver ucciso un miliziano della formazione paramilitare Basij durante le proteste che da mesi sfidano il regime teocratico di Teheran. La magistratura iraniana ha identificato i due mandati oggi al patibolo come Mohammad Karami e Mohammad Hosseini e ha reso noto che quattro uomini sono stati giustiziati dall'inizio delle manifestazioni a settembre per la morte di Mahsa Amini. Secondo l'agenzia di stampa Mizan i due giustiziati oggi sono stati condannati per aver  ucciso Ruhollah Ajamian, un membro delle forze Basij, l'organizzazione fondata dopo la rivoluzione del 1979 da Khomeini per islamizzare la società iraniana, oggi pilastro della repressione delle proteste.

Decine di persone rischiano l'esecuzione in relazione alle proteste in corso in Iran. Le autorità iraniane usano la pena di morte come mezzo di repressione politica per instillare la paura tra i manifestanti e mettere fine alle proteste che da mesi si susseguono senza sosta.  Il 13 settembre 2022 Mahsa (Zhina) Amini, una ragazza di 22 anni di origini curde, è stata arrestata a Teheran dalla cosiddetta polizia "morale" iraniana, che regolarmente sottopone donne e ragazze ad arresti e detenzioni arbitrarie, torture e altri maltrattamenti per non aver rispettato l’obbligo discriminatorio di indossare il velo. Secondo testimoni oculari, Mahsa Amini è stata picchiata violentemente mentre veniva trasferita con la forza nel centro di detenzione di Vozara a Teheran. In poche ore, è stata trasferita all’ospedale di Kasra dopo essere entrata in coma. È morta tre giorni dopo. La micidiale repressione da parte delle autorità iraniane della rivolta popolare in corso in Iran, scoppiata immediatamente dopo la morte di Mahsa Amini, è l’ultima di un ciclo di violenti attacchi contro persone che, già negli anni precedenti, avevano espresso il loro legittimo dissenso.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito la scorsa settimana la "linea di grande fermezza" dell'Italia contro la pena di morte inflitta in Iran ai manifestanti, sottolineando che "continueremo a batterci per difendere la libertà, la democrazia, i diritti degli uomini e delle donne in tutto il mondo". Interpellato sulla convocazione alla Farnesina dell'ambasciatore dell'Iran in Italia, a fine dicembre, Tajani ha ricordato di aver chiesto di "interrompere le esecuzioni e di aprire un dialogo con i manifestanti", ribadendo che "quello che sta accadendo è inaccettabile".

"Ho detto all'ambasciatore che sulla pena di morte non si può discutere, che è un filo rosso oltre il quale l'Iran è andato che noi non possiamo tollerare - ha precisato - abbiamo invece detto che siamo pronti a dialogare sulla questione del nucleare. Perchè c'è il rischio che l'Iran si doti di arma nucleare e questo significa pericolo con Israele e l'Iran ha tensioni con l'Arabia Saudita. E noi abbiamo interesse che ci sia stabilità". "Sui diritti umani è impossibile accettare l'esecuzione capitale", ha rimarcato, ribadendo la "linea di grande fermezza" adottata dall'Italia.

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