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Sabato, 27 Aprile 2024
Il caso

Santanchè resiste: "Un rinvio a giudizio non è una condanna". Ma ha chiesto decine di dimissioni per molto meno

La ministra del Turismo, che nei giorni scorsi aveva aperto alla possibilità di un passo indietro in caso di apertura del processo che la vede indagata per truffa aggravata ai danni dell'Inps, sembra aver cambiato idea

Daniela Santanchè non arretra di un passo: la ministra del Turismo, indagata per truffa aggravata nei confronti dell'Inps per una presunta gestione irregolare dei fondi messi a disposizione dallo Stato per la cassa integrazione durante il Covid, rischia seriamente di essere rinviata a giudizio e nei giorni scorsi aveva aperto alla possibilità di valutare un passo indietro: "Dopo la decisione del Gup - aveva dichiarato - per rispetto del governo e del mio partito, farò una seria e cosciente valutazione".

Daniela Santanchè indagata per truffa all'Inps: notificata la chiusura dell'indagine

Una possibilità confermata dal collega e compagno di partito, Francesco Lollobrigida. Il ministro dell'Agricoltura e compagno della premier, commentando la vicenda, era stato abbastanza tassativo: "Se rinviata a giudizio - aveva detto - la ministra ne trarrà le conseguenze", aveva detto. Sembrava quindi una questione di giorni, forse di settimane; tutti davano ormai per scontato che con l'arrivo della richiesta del giudice Santanché avrebbe rassegnato le dimissioni. Tuttavia, come spesso avviene in politica, la notte ha portato consiglio: buono o cattivo che sia il consiglio lo scopriremo poi. Nelle ultime ore, infatti, l'imprenditrice votata alla politica sembra aver cambiato totalmente atteggiamento. "Un rinvio a giudizio non è mica una condanna di terzo grado. Ho parlato con Giorgia, è serenissima", avrebbe detto ai suoi.

Tutte le volte che Daniela Santanché ha chiesto a dei ministri di dimettersi

Insomma, nulla è scontato. Che si tratti di un bluff o di una posizione realmente concordata con la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, la ministra del Turismo che lega la sua immagine alla controversa campagna di comunicazione "Open to meraviglia" potrebbe restare al suo posto anche con un procedimento giudiziario per truffa aggravata allo Stato che penderebbe come una spada di Damocle sulla sua testa e sul tavolo del Consiglio dei Ministri. Eppure la stessa Daniela Santanché - fa notare su X il responsabile editoriale di Pagella Politica, Carlo Canepa - in passato ha chiesto continuamente dimissioni a ministri per fatti decisamente meno gravi.

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La prima richiesta di dimissioni risale ai tempi della Seconda Repubblica: "L'espresso certifica - aveva twittato - la casa di Fini non è quella dei moderati, ma quella di Montecarlo, Dimettersi no?". Il riferimento era al noto scandalo della casa nel Principato di Monaco lasciata in eredità ad Alleanza Nazionale da una nobildonna, poi acquistata dal fratello della compagna dell'ex presidente della Camera a un prezzo molto inferiore al valore di mercato. La vicenda è tornata agli onori delle cronache in questi giorni, con la richiesta di otto anni di reclusione per Gianfranco Fini da parte della Procura di Roma. Scorrendo il profilo di Santanchè troviamo richieste di dimissioni per svariati ministri di vari governi, spesso additati per opinioni personali o per scelte politiche, per i membri del Csm, per l'ex vicepresidente della fondazione Cariplo, Paola Pessina (che poi rassegnerà le dimissioni per degli insulti a Giorgia Meloni). Tra questi, ovviamente, ci sono anche l'ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e l'ex ministro della Salute, Roberto Speranza. Al secondo contestava la chiusura delle piste da sci durante il Covid, nel periodo in cui, secondo i giudici, gestiva in maniera illecita i fondi della "Cassa Covid" messi a disposizione da quello stesso governo per contrastare l'emergenza.

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