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Domenica, 28 Aprile 2024
L'analisi

Perché Giorgia Meloni si candiderà alle elezioni europee 2024

La presidente del Consiglio con molta probabilità correrà in tutte le cricoscrizioni. L'obiettivo è l'egemonia totale sulla sua coalizione

La corsa è partita e Giorgia Meloni punta a far terra bruciata, staccando di almeno dieci punti il Partito Democratico di Elly Schlein, ma soprattutto egemonizzando la sua stessa maggioranza, lasciando briciole alla Lega di Matteo Salvini e a Forza Italia. 

L’egemonia totale di Giorgia Meloni sulla destra italiana

È questo il piano che avrebbe in testa la premier, che in queste ore starebbe valutando l’ipotesi di candidarsi alle elezioni europee 2024 in tutte le circoscrizioni. Chi pensa il suo prossimo obiettivo non sia “stravincere”, per non alimentare malumori nel governo, rischia di sbagliare le sue previsioni. Meloni sa bene che il voto in primavera sarà un referendum su di lei, la sua definitiva consacrazione a leader indiscussa della destra post-berlusconiana: nel giro di poche settimane ha dismesso velocemente i panni della mite presidente del Consiglio nelle foto con Ursula von der Leyen, per rimettere quelli della rabbiosa leader di partito; un cambio di atteggiamento radicale che si è palesato sul palco di Atreju e durante il dibattito in Parlamento sulla legge di Bilancio.

Cosa c'entra il no al Mes con le elezioni europee 2024 

Il voto sulla ratifica del Mes è stata una mossa che ha spiazzato entrambi gli alleati: Tajani sperava di portarla sulle posizioni del Ppe per non sfigurare in Europa, Salvini puntava ad avere il copyright dell’antieuropeismo. Ora entrambi sanno che Giorgia è disposta a mettere in discussione tutti i crediti maturati a Bruxelles per acquisire l’egemonia totale sulla destra italiana e presentarsi in Ue come una nuova Orban. Un premierato di fatto, ancor prima dell’approvazione della riforma costituzionale.

L’alleato da “sedare”

L’obiettivo minimo è confermare il risultato delle politiche, quello sperato è superare la soglia psicologica del 30 per cento. Una decisione che la premier avrebbe maturato negli ultimi mesi: più che le opposizioni, divise e a loro volta impegnate in una sfida all’ultimo voto, Meloni vuole sedare definitivamente le velleità degli alleati, soprattutto quelle di Matteo Salvini, che cerca disperatamente di recuperare terreno riproponendo, in versione più edulcorata, il suo consueto schema di “opposizione di governo”, già visto nel primo esecutivo a guida Giuseppe Conte e durante 616 giorni di Mario Deaghi.

Se il capo del Carroccio porterà a casa un risultato inferiore al 10 per cento, la sua leadership potrebbe seriamente traballare e a quel punto gli subentrerebbe Luca Zaia. Per allontanare l’ombra del presidente del Veneto e recuperare punti sulla potente alleata, il vicepremier leghista ha approfittato delle festività natalizie per rispolverare tutto il vecchio armamentario: la difesa del presepe da fantomatici nemici che vorrebbero vietarlo, le rassicurazioni ai bambini sull’esistenza di Babbo Natale, una foto con il mascarpone. Le sue pagine social sono ormai sempre più simili a quelle dei tempi d’oro della “bestia” di Luca Morisi e passano senza soluzione di continuità dai tecnici del Soccorso Alpino e Speleologico siciliano che si calano, vestiti da Santa Claus, dal tetto di un ospedale di Palermo per salutare i bambini ricoverati, al video virale del cervo che va a mangiare delle mele al mercato di Cortina d'Ampezzo.

Il generale Vannacci candidato con la Lega? Cosa c’è di vero

Sul piano politico punterà a intestarsi il consenso della destra “dura e pura”, mettendo in campo candidature del calibro di Anna Maria Cisint – la sindaca di Monfalcone che chiude i centri culturali dei musulmani – e magari il corteggiassimo generale Roberto Vannacci, che nel suo vendutissimo libro sostiene che gli omosessuali non sono persone normali e che le donne devono rimanere in casa a fare figli. Difficilmente, però, Matteo Salvini riuscirà a contenere l’inesorabile avanzata di Giorgia Meloni: l’elettorato di destra ha individuato in lei il nuovo “uomo forte” e la migrazione di voti dalla Lega a Fratelli d’Italia, al netto dei disperati tentativi del leader leghista di provare a rallentarla, è ormai cronicizzata.

Il crepuscolo di Forza Italia

Nel breve termine, Meloni ha un altro obiettivo, ancor più alla portata del precedente: inglobare Forza Italia. Il partito fondato dal defunto Silvio Berlusconi è ormai sul mercato e Antonio Tajani più che una guida sembra un curatore fallimentare. Il peso politico ormai nullo della forza politica che un tempo guidava la destra è stato evidente nelle ultime settimane, con le proposte di modifica alla manovra cordialmente rigettate. In vista del voto di primavera, altri dirigenti territoriali sono già prossimi al cambio di casacca e fremono per accasarsi nel partito della premier. Sono movimenti importanti, perché il voto delle europee si gioca anche sulle preferenze e i “portatori di voti” sono merce molto ambita, soprattutto per “arrotondare” il risultato.

La scommessa, in questo caso, è sull’elettorato. Leggenda vuole che sia più “moderato” di quello che sceglie Lega o Fratelli d’Italia, motivo per cui sono in molti, da Matteo Renzi a Carlo Calenda, passando per Più Europa ai centristi del Pd, ad averlo puntato. In sostanza, andrebbe ricordato che quegli elettori sono gli stessi che votavano un ex premier che durante una seduta dell’Europarlamento diede del kapò nazista a Martin Schulz, che nel 2001 guidava il Paese durante i fatti del G8 di Genova, che vantava fraterne amicizie con Putin e Gheddafi, che arringava le piazze col fantasma del comunismo, eccetera, eccetera, eccetera (cit.). Perché quegli elettori dovrebbero avere delle remore a votare Giorgia Meloni?

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