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Lunedì, 29 Aprile 2024
La conferma

L'Istat smentisce il governo: così l'Italia arma Israele dopo l'inizio del conflitto a Gaza

La tabella con i dati sul commercio estero certifica che tra ottobre e novembre 2023 l'Italia ha esportato  817.536 euro di "armi e munizioni" a Tel Aviv

Il governo Meloni nega, ma le preoccupazioni espresse su queste pagine da Giorgio Beretta, analista dell'Osservatorio Permanente sulle armi leggere (Opal), si sono rivelate tutt'altro che infondate. L'Italia, anche dopo l'inizio dell'operazione militare dello Stato di Israele sulla striscia di Gaza, che ha già causato oltre 30 mila morti, molti dei quali civili, ha continuato a fornire armamenti a Tel Aviv. A smentire le recenti dichiarazioni del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che aveva dichiarato: "L’Italia ha interrotto dall’inizio della guerra di Gaza l’invio di qualsiasi tipo di armi a Israele", accusando di "ignoranza" chi sosteneva il contrario, ci pensa l'Istat, che nelle sue statistiche del commercio estero, certifica che il nostro Paese ha esportato armi e munizioni verso Israele, tra ottobre e novembre 2023 (quindi dopo l'inizio delle operazioni militari a Gaza), per un valore di 817.536 euro, nel dettaglio 233.025 euro a ottobre e 584.511 a novembre. Si tratta di materiale corrispondente alla voce "armi e munizioni" seconfo la classificazione Ateco 2007.

"Così il governo Meloni vuole nascondere il commercio di armi con Paesi in guerra e dittature"

Cifre sicuramente non elevate (nello stesso periodo del 2022  la cifra si aggirava intorno agli 1,5 milioni di euro) che però smentiscono l'esecutivo. Ipotizzando pure che il commercio di armi con lo Stato di Israele, nel mese di ottobre, sia avvenuto prima degli attacchi di Hamas del 7, quello del mese di novembre è sicuramente avvenuto a conflitto già iniziato. E quindi no, non è stato "bloccato tutto" come ha detto Tajani.

istat 2024 armi

Riguardo il tipo di forniture, l'Istat precisa che circa 7 mila euro sarebbero riferibili a "Fucili, carabine e pistole a molla, ad aria compressa o a gas, sfollagente ed altre armi simili", mentre 430 mila euro sarebbero stati incassati per "parti e accessori", ovvero oggetti che vanno dalle più comuni armi da guerra (pistole e mitragliatrici) ad "armi da fuoco e congegni simili che utilizzano la deflagrazione della polvere", fino a "carabine e pistole a molla, ad aria compressa o a gas, sfollagente".

La mancanza di trasparenza 

Risultano invece "oscurati" 147.126 euro. Si tratterebbe di armi e munizioni a uso militare, che Istat oscura nei sottocapitoli, ma potrebbero essere persino altri materiali e strumenti per uso militare, tra cui componenti per velivoli e mezzi terrestri, sistemi elettronici, laminati e miscelatori per prodotti chimici. Dal canto suo, il governo non accenna chiarimenti sulla natura del tipo di materiale bellico inviato a Israele, rimandando alla pubblicazione della relazione di UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento in seno al ministero degli Esteri), prevista per la prossima primavera estate. Una trasparenza monca, perché quella relazione sarà redatta su base annuale e non si potrà quindi risalire al periodo dell'anno in cui è stato commercializzato il materiale bellico.

A rendere tutto ancora più torbido, come ha spiegato Giorgio Beretta su Today.it, l'approvazione, da parte del governo Meloni, di tre emendamenti che riducono gravemente la trasparenza della Relazione annuale al Parlamento sulle esportazioni dall’Italia di materiali militari, regolati dalla legge 185/90. "Il disegno di legge del governo Meloni - aveva detto l'analista di Opal - ha due scopi ben precisi. Il primo è quello di ridurre al massimo la trasparenza, cioè l’informazione pubblica e al Parlamento, sulle attività di esportazioni di armi e sistemi militari compresi i finanziamenti e il supporto da parte degli istituti di credito. Il secondo è di limitare i divieti che vengono decisi, sulla base delle norme nazionali e internazionali, dall'Autorità nazionale UAMA (Unità per le autorizzazioni di materiali d'armamento, ndr.) e dal ministero degli Esteri".

“Dalle dichiarazioni dei ministri Crosetto e Tajani – continua Beretta – si ricava l’impressione che la sospensione delle forniture militari a Israele sia stata trattata come una questione di contrapposizione politica con le opposizioni. Non è chiaro, infatti, quanto la decisione abbia visto protagonista il governo e non è un caso che entrambi i ministri abbiano sottolineato che sia stata opera di UAMA, l’organismo preposto al rilascio delle nuove licenze all’esportazione di armamenti. Per sospendere le licenze rilasciate negli anni scorsi – e quindi per sospendere l’invio di tutti i materiali militari – è necessario un decreto ministeriale di cui non ad oggi c’è traccia. Ma c’è di più: il disegno di legge del governo Meloni (Atto Senato 855) che è già stato approvato al Senato, intende sottoporre al veto del governo proprio i divieti che l’autorità nazionale UAMA decide sulla base delle norme nazionali e internazionali sul commercio di armamenti. Ciò che si vuole evitare è il ripetersi di casi come quello – per altro unico nei trent’anni dall’entrata in vigore della legge sul commercio di armi (Legge n. 185 del 1990) – in cui UAMA e ministero degli Esteri, a seguito di una risoluzione parlamentare votata ad ampia maggioranza, hanno imposto il divieto e revocato le licenze di esportazione di bombe e missili all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti per il loro coinvolgimento nella guerra in Yemen. E probabilmente anche quello della sospensione delle forniture di armi a Israele”.

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