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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Il patto di ferro tra Enrico Letta e Matteo Renzi

Un faccia a faccia durato due ore, nel quale si è discusso del futuro del governo e del Partito Democratico

Ufficialmente verso le due del pomeriggio di ieri Enrico Letta, da premier, ha incontrato Matteo Renzi, da sindaco. Ufficiosamente, dopo telefonate pressoché quotidiane e dichiarazioni a mezzo stampa – più del sindaco che del primo ministro –, si sono guardati negli occhi per provare a risolvere il rebus che li lega a doppio filo. Una domanda semplice, semplice, del tipo ‘che facciamo?’; una risposta complicata, sicuramente intricata. Si perché la faccenda tra Renzi e Letta è determinante per la logica di due partite distinte ma contigue: il futuro del governo e quello del Partito democratico. Due scenari, due protagonisti, due storie da amici o da coperta corta.

Un faccia a faccia durato un paio d’ore, tra piatti freddi e una ‘visita guidata’ a Palazzo Vecchio. Con tanto di battute campanilistiche sui campanili, con Renzi che si è messo a fare il ‘robusto’ facendo notare a Letta  come la torre di Arnolfo sia di oltre trenta metri più alta di quella di Pisa. Battute tra pisani e fiorentini con Renzi che incassa il primato della vertigine. Quella interna al Pd invece è altra roba. La questione è molto più aperta. E più segreta, visto che al di là delle battute e delle passeggiatine artistiche-culturali, quel che si son detti Letta e Renzi è rimasto nell’ufficio del sindaco. Due le ipotesi: una da amici, l’altra da fratelli coltelli.

PATTO DI FERRO – La prima è quella più battuta in queste ultime ore. C’è chi lo chiama ticket all’americana, chi asse, chi accordo di ferro. In pratica si tratterebbe di un patto di non belligeranza: Letta che fa il premier, Renzi che si prende il Pd, senza che Matteo da segretario decida di rottamare anche l’amico Enrico. Se sarà così, come scritto questa mattina nel Messaggero e nel Corriere, Letta sosterrà Renzi nella sua scalata al vertice del partito. “Se Matteo scende in campo per fare il segretario, il Pd non può che stare con lui. Non possiamo metterci a fare lotte fratricide”, avrebbe detto il premier a Epifani, Bersani e Franceschini.

Renzi incassa e porta a casa. E forse da qui a qualche giorno ufficializzerà la propria candidatura. A patto che l’incarico gli sia affidato dagli elettori del centro sinistra attraverso primarie vere. Il sindaco non vuole, infatti, una investitura dall’apparato. Non vuol essere cooptato da chi vorrebbe rottamare. Per questo, più che Letta, aspetta le regole delle primarie e i tempi del congresso. Per questo non sarà della partita se il Pd non aprirà alla partecipazione. C’è un’idea infatti che comincia a circolare negli ambienti romani: far accedere alle urne solo gli iscritti al 31 dicembre 2012. Primarie, cioè, vecchie quasi di un anno. Ipotesi liquidata senza troppi giri di parole dall’ala renziana. Il senatore Andrea Marcucci, uomo legato a doppio filo con il sindaco, è lapidario su Twitter: Se qualcuno pensa davvero di far votare il prossimo segretario del Pd ai soli iscritti 2012, va messo nella condizione di non nuocere più”.

SCONTRO – Uno tira il gruppo, l’altro è pronto alla volata. E viceversa. Il problema è che quando si sta in cima al plotone a volte vien voglia di arrivare al traguardo in solitaria. Renzi, da sindaco, si è innamorato della metafora dell’uomo solo al comando. E perché Letta, dal suo studio di palazzo Chigi, non dovrebbe aver la stessa ambizione. È ipotizzabile far posto, tornare a fare il gregario, dopo aver tirato la carretta e tenuto compatta la maggioranza allargata? Semmai dopo aver fatto bene. In questo ci sarebbe molto del buon samaritano. E forse Letta, con quei modi gentili, un po’ samaritano lo è: “Chi pensa e scrive che noi rinverdiremo antiche storie da galli nel pollaio e di sgambetti ha completamente sbagliato film”, sottolinea il premier intervistato da Ezio Mauro a la ‘Repubblica delle idee’. Nei modi, appunto. La politica tuttavia non è sempre buone maniere, anzi. Spesso è roba da duri. Come Renzi che si prepara a prendersi il partito, e come Letta che difenderà a spada tratta il suo mandato. A costo di rompere una vecchia amicizia tra un pisano e un fiorentino.

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