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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'intervista

Con la "sua" riforma oggi Giorgia Meloni avrebbe una maggioranza risicata

Che numeri avrebbe l'attuale esecutivo se alle ultime elezioni si fosse votato con la riforma costituzionale messa in campo dalla maggioranza? Lo abbiamo chiesto a Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend

Il vertice di maggioranza ha dato il via libera alla riforma costituzionale a firma Casellati, che introdurrebbe nel nostro ordinamento il cosiddetto "premierato", ovvero l’elezione diretta del Presidente del Consiglio. Ma cosa sarebbe cambiato se alle elezioni politiche del 2022 si fosse votato con il sistema promosso dal governo guidato da Giorgia Meloni? Abbiamo provato a fare una simulazione con Lorenzo Pregliasco, co-fondatore e direttore di YouTrend.

"Sul premio di maggioranza l'articolo della riforma non è chiaro"

"È abbastanza irrituale - spiega Pregliasco - che venga inclusa nella Costituzione la questione del premio di maggioranza al 55 per cento per le liste collegate al presidente del consiglio più votato. E bisognerebbe capire quanto sia fattibile, perché l’articolo che disciplina l’elezione delle camere, a patto che ci sia questo premio, mi sembra abbastanza fumoso perché non è indicato come verrebbe garantito. Tra l’altro prevede un’unica scheda elettorale per Camera e Senato".

Il tormentone della "Terza Repubblica"

Per i partiti della maggioranza, con la riforma l’Italia entrerebbe nella cosiddetta "Terza Repubblica", una nuova fase in cui sarebbe garantita la governabilità. In realtà è un passaggio epocale che tutti, ormai da anni, cercano di intestarsi. E tutto questo accade con un esecutivo che gode di un’ampia maggioranza in tutti e due i rami del parlamento e con una legge elettorale che di fatto già assicura numeri ampi a chi governa.

"Attualmente - continua il direttore di YouTrend - non c'è un premio di maggioranza, ma c'è un sistema misto che premia in modo indiretto i partiti o le coalizioni più forti, che vincono più collegi uninominali e quindi pur non premio automatico, ma di fatto chi vince ottiene molti più eletti. Tra l’altro, non è chiaro se quel premio è inteso come ‘almeno il 55 per cento’ oppure se si tratta di una quota fissa, perché in quest’ultimo caso, ad esempio, se si fosse votato lo scorso anno con una legge elettorale di quel tipo, oggi al Senato il governo Meloni avrebbe numeri molto più risicati, con una maggioranza di 108 senatori, diventerebbero 110 contando i seggi all’estero, contro quella attuale che è di 116 (115 se si esclude il presidente La Russa che non vota). Insomma, con la legge proposta, chi vince potrebbe avere una maggioranza molto meno stabile, considerando la riduzione dei seggi dei senatori in virtù del taglio dei parlamentari e considerando che il governo deve avere la maggioranza anche nelle commissioni parlamentari. Alla Camera uscirebbe invece una maggioranza di 216 deputati, contro i 238 attuali: anche lì i numeri sarebbero meno ampi ma la situazione sarebbe decisamente più gestibile".

Una riforma per evitare i "pareggi"

Insomma, la riforma Casellati potrebbe addirittura rivelarsi un boomerang per chi la propone in vista delle prossime elezioni politiche. "Va fatta una premessa - spiega ancora Pregliasco - il centrodestra alle ultime elezioni ha vinto con una maggioranza molto ampia, con oltre 15 punti di distacco sul Pd. L’attuale meccanismo elettorale, in caso di risultato più avvicinato tra le prime due coalizioni, rischia di produrre una maggioranza, mentre con un premio la maggioranza diventa automatica in ogni caso. Sarà da capire come verrà gestita un'eventuale quota di eletti nell’uninominale, perché con quelli diventa difficile garantire quel 55 per cento, se fosse una soglia fissa. Potrebbero optare per un proporzionale con un premio di maggioranza, qualcosa di simile al ‘Porcellum’, per intenderci".

Servirà a ridurre l'astensionismo?

Uno degli obiettivi dichiarati della riforma, è quello di far sentire i cittadini più partecipi della vita pubblica: c’è chi spera che possa servire a ridurre drasticamente l’astensionismo; ma sarà davvero così? "Forse sì - conclude il direttore di YouTrend - anche se per la verità, quando ci sono le elezioni dirette nei comuni e nelle regioni, non si registra un’affluenza maggiore. In teoria forse renderà un po’ più appassionante e mediatico il confronto, anche se di fatto è già così da molti anni: tutti sapevano, già prima delle ultime elezioni, che se il centrodestra avesse vinto Giorgia Meloni sarebbe diventata premier. Potremmo dire che se da una parte l’elettore si potrebbe sentire più partecipe votando direttamente il Presidente del Consiglio, dall’altra, con il premio di maggioranza che - qualora non fossero reintrodotte le preferenze - riproporrà la logica dei ‘nominati’ dei partiti, potrebbe ritrovarsi degli eletti che non ha votato, quindi si sentirà nuovamente lontano dalla politica".

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