Di Matteo dopo le minacce di Riina: "Volevano darmi un blindato Lince, ho rifiutato"

Il pubblico ministero Nino Di Matteo non ha avuto dubbi, e ha rifiutato cortesemente, scrive il Corriere della Sera.

Dopo che nel carcere di Opera a Milano è stata intercettata l’ennesima minaccia nei suoi confronti da parte di Totò Riina, le persone che si occupano della sicurezza di Di Matteo gli hanno proposto di muoversi d'ora in poi con un Lince, uno di quei blindati usati dai soldati italiani in Afghanistan.

Di Matteo ha guardato il Lince nella foto che gli è stata mostrata, e ha detto no: "Non se ne parla. Non posso andare in giro per Palermo, in un centro abitato, con un carro armato. Non chiedetemelo".

Un riferimento esplicito del boss a un attentato da compiere anche durante un viaggio, una trasferta, in un luogo aperto al pubblico, forse un aeroporto. Quanto basta perché, dopo un vorticoso giro di contatti, domenica mattina i procuratori di Palermo e Caltanissetta, Francesco Messineo e Sergio Lari, partissero per Roma, alla volta del Viminale.

C'è ansia, scrive il Corriere, per "un’azione che rischierebbe di riportare indietro l’Italia di vent’anni", come ha commentato a denti stretti Lari.

Riina è uno degli imputati del discusso processo sulla cosiddetta «trattativa», il dibattimento da oggi in trasferta a Milano, a pochi metri dalla cella del padrino, nell’aula bunker del carcere di Opera, per ascoltare il pentito che fece saltare Falcone a Capaci, Giovani Brusca.

Fanno paura le minacce confidate da Riina all’unico detenuto con cui può scambiare qualche parola, un pugliese, il boss della Sacra Corona Unita Alberto Lorusso.

Agghiaccianti i riferimenti a Di Matteo: «Tanto deve venire al processo... È tutto pronto... Lo faremo in modo eclatante...».