"Poesie blasfeme", Ashraf Fayadh condannato a morte in Arabia Saudita
Il tribunale di Abha ha emesso una sentenza definitiva per punire i suoi versi considerati contro l'Islam
Condannato a morte per aver scritto "poesie blasfeme". Il tribunale saudita di Abha ha emesso una sentenza definitiva per punire Ashraf Fayadh, poeta palestinese di 32 anni, innescando proteste e appelli di grazia in tutto il mondo rivolti al sovrano wahabita Salman.
L’Arabia Saudita, però, sembra tutt’altro che disposta a rivedere la sua posizione. La vicenda processuale di Fayadh è stata ricostruita oggi da Maurizio Molinari sulla Stampa.
Nel 2013 è stato arrestato a seguito di un vivace alterco, in un caffè di Abha, con uno degli avventori che affermava di non gradire le sue strofe considerate in contrasto con i dettami dell’Islam. Nel processo che seguì, il procuratore lo accusò di “relazioni sessuali improprie con persone del sesso opposto” - sulla base della scoperta di foto di donne sul suo cellulare - con una conseguente sentenza a quattro anni di detenzione e 800 frustate.
In quel caso l’accusa voleva la condanna a morte, ma il giudice esitò affermando che il poeta si era pentito. Il caso, però, è stato assegnato ad un nuovo giudice che ha ritenuto "non sufficiente" il mea culpa di Fayadh.
Ma quali sono i versi incriminati e giudicati "apostati"? Fra quelli tradotti in Occidente, ve ne sono alcuni in cui il poeta descrive l’anziano nonno come una persona a cui piaceva stare in piedi, "completamente nudo" e parla di "danzatrici seducenti".