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Martedì, 30 Aprile 2024

Chiamò "pecorella" un carabiniere: così è cambiata la vita di Marco, No Tav

Durante una manifestazione No Tav del 2012 chiamò "pecorella" un carabiniere. Ha ricevuto duecento lettere di minacce. Il 17 luglio inizia il processo a suo carico. Lui racconta com'è cambiata la sua vita

Marco Bruno era balzato agli onori della cronaca all'inizio del 2012.

Durante una manifestazione del variegato movimento No Tav in Val di Susa, si era rivolto a un carabiniere chiamandolo “pecorella”. Da allora la sua vita è stata un percorso a ostacoli. Il collettivo Wu Ming sul sito di Internazionale ripercorre le tappe di una vicenda che merita di essere raccontata.

IL VIDEO: "PECORELLA, VUOI SPARARE?"

Ha ricevuto duecento lettere anonime, con minacce esplicite e molto pesanti. Vive insieme alla sua compagna a Giaveno, in provincia di Torino. La coppia ha una figlia piccola. Marco lavora in una cooperativa sociale, che si chiama “Amico”.

Ha sede ad Almese e il magazzino a Sant’Ambrogio. Si occupano di varie cose: verde pubblico, giardinaggio, ingegneria naturalistica, opere murarie, manutenzione di sentieri.

Come la maggioranza di chi vive qui, sono un No Tav. La nostra terra sono anni che è in stato d’assedio e io, come tutta la mia famiglia e i miei amici, partecipo alle lotte contro un’opera che ci viene imposta con la forza e che è costosissima, inutile, pericolosa.

Ha partecipato a varie manifestazioni nel corso degli anni. Ma è quella di quel giorno di fine febbraio a cambiargli un po' la vita: "Ho visto quei carabinieri, tutti bardati, a volto coperto. Erano quattro o cinque. Mi sono appoggiato al guard rail e ho iniziato a chiacchierare con due di loro, prima con uno, poi con l’altro. In realtà parlavo solo io, loro mi guardavano fermi e zitti. Beh, la pappardella la conoscete. C’era una troupe di Corriere Tv che riprendeva, per quello mi ha visto quasi tutta Italia." Il video fa il giro del web, nei telegiornali è la notizia di apertura.

A tutt’oggi, rimane in buona parte un mistero come mai quei pochi minuti di confronto (carpiti, tagliati, resi avulsi da tutto) abbiano scatenato l’inferno. Non si capisce perché, di tutte le scene che s’erano viste sulla lotta No Tav, proprio quella abbia fatto il giro della rete e delle tv, suscitando odio e violenza nei forum, negli spazi commenti dei giornali, nei condotti fognari di Facebook.

Lo attaccano tutti, Marco. Un grande nome del giornalismo d’inchiesta come Carlo Bonini definiva il discorso di Marco “birignao squadrista”. Al Tg1 Pier Luigi Bersani dichiarava: “Ci sono formazioni anarco-insurrezionaliste che cercano acqua su cui navigare”. Mario Sechi sul Tempo: “In Val di Susa stiamo assistendo ad una prova tecnica di squadrismo vecchio e nuovo, ferraglia e hi-tech, all’eruzione di un magma anarco-fascio-comunista che si sta organizzando per fare il salto di qualità”.

Per tre o quattro mesi Marco ha ricevuto lettere minatorie, lettere di insulti da tutta Italia: Genova, Catania, Bergamo, Milano…

Ma nessuna dalla Valle. Tutte da fuori. Io e Maurizio abbiamo continuato a girare porta a porta per consegnare i bidoni, la gente vedeva che ero io e ci offriva il caffè, una bibita… Ho ricevuto tanta solidarietà. Non è che conosco tutti i No Tav della valle, siamo decine di migliaia, però si è tutti No Tav e chi mi riconosceva mi ha dato solidarietà.

Il 17 luglio 2013, al tribunale di Torino, si terrà la prima udienza del processo a Marco Bruno “per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 341 bis c.p. perché, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, in luogo pubblico e in presenza di più persone, in occasione della manifestazione di protesta del movimento NO TAV, presso le carreggiate dell’Autostrada A32 Torino-Bardonecchia all’altezza dello svincolo di Chianocco, offendeva l’onore e il prestigio del brigadiere MACRI’ Alessandro progerendo la frase: ‘che pecorella che sei…’

Fonte: Internazionale →
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