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Sabato, 27 Aprile 2024
I primi drammatici effetti

Il covid "peggiora" il cancro, diagnosi e terapie in ritardo: "Pazienti arrivano già gravi"

“Quando una diagnosi arriva più tardi e la malattia si diagnostica in fase più avanzata, un tumore che magari prima era operabile rischia di non esserlo più”, mette in guardia l’oncologo Giampaolo Tortora. Con la pandemia in Italia ci sono stati oltre 400mila interventi oncologici in meno e una terapia su due è stata spostata o rimandata

Oltre 400mila interventi oncologici in meno, la metà degli interventi terapici ritardati o spostati, 2 milioni di screening in meno rispetto all'anno precedente. E gli effetti iniziano a vedersi. Un bilancio duro, quello tracciato da Giampaolo Tortora, direttore dell'Oncologia e del Comprehensive Cancer Center del Policlinico universitario Gemelli di Roma. 

La pandemia non ha messo in "stand by" i tumori in Italia e se da un lato è stato necessario adottare misure drastiche di attenzione e prevenzione per evitare la diffusione dei contagi negli ospedali e tra pazienti e sanitari, è anche vero che fin dall'inizio dell'emergenza associazione ed esperti hanno denunciato gli inevitabili ritardi che questa situazione ha comportato nella gestione dei pazienti oncologici come pure di quelli affetti da altre patologie. Ritardi che pesano anche nella presa in carico dei malati. 

"Ritardi enormi per i pazienti oncologici"

"Le doverose attenzioni per Covid-19 di fatto hanno purtroppo spostato la luce dei riflettori da patologie ad alto impatto come i tumori", spiega Tortora all’Adnkronos Salute, segnalando i "ritardi enormi per i pazienti oncologici" come pure per i pazienti con patologie ematologiche e cardiovascolari. "I colleghi cardiologi che trattano patologie acute da subito hanno visto aumentare il numero di infarti. Ma anche noi cominciamo già a vedere pazienti che arrivano con una malattia più avanzata. Non fare diagnosi precoce significa questo". 

I ritardi, ribadisce l’oncologo, riguardano sia la presa in cura e l’avvio delle terapie sia le diagnosi. "In tutta Italia abbiamo avuto oltre 400mila interventi oncologici in meno, il 64% di ritardo negli interventi di chirurgia oncologica programmati, quasi il 50% dei trattamenti terapici ritardati o spostati, abbiamo avuto un 20% di pazienti oncologici che non sono andati a fare trattamenti programmati e dei ritardi importanti nella continuità della cura per chi aveva già avuto una diagnosi", dice Tortora. E per quanto riguarda proprio la diagnosi precoce, fondamentale per affrontare il tumore nel migliore dei modi, il problema è ancora più grave, aggiunge: "Nel 2020 sono stati fatti 2 milioni di esami di screening in meno rispetto al 2019, parliamo di controlli standard, dalla mammografia al pap test, e così via, con ritardi nella diagnosi di molte settimane mediamente, di mesi. E ormai ne stiamo avendo riscontro".

I rischi dal punto di vista delle diagnosi ritardate sono evidenti, spiega Tortora: "Quando una diagnosi arriva più tardi e la malattia si diagnostica in fase più avanzata, un tumore che magari prima era operabile rischia di non esserlo più. Il paziente farà delle cure più intensive con costi in termini di tossicità ed economici più importanti". Situazioni che purtroppo si stanno già verificando: "Vediamo per esempio pazienti oncologici che facevano puntualmente i loro esami annuali e semestrali, li hanno saltati per la prima volta" causa pandemia "e sono venuti da noi con problemi seri".

Le previsioni per i prossimi mesi

L’emergenza sanitaria non è ancora finita e bisogna continuare a pensare al futuro. "Ci sono misure che abbiamo chiesto a gran voce e che sono già state inserite nel Pnrr, e vanno dal ricominciare ad assumere personale avviando una campagna massiccia in questo senso, al far ripartire gli screening immediatamente stimolando le regioni a intensificarli al più presto", spiega Tortora. Fondamentali saranno poi la medicina territoriale, che per l’oncologo va "rifondata", e le cure domiciliari "accresciute". Infatti "il follow up, la riabilitazione dei malati oncologici, le cure palliative" possono essere fatti a casa dei pazienti, "non c'è bisogno di andare in ospedale e la telemedicina - aspetto anche questo recepito nel Pnrr - permette di fare certe cose da remoto. Abbiamo le tecnologie per farlo. Quindi queste, a cominciare dall'incremento del personale e dei posti letto, invertendo la rotta degli anni scorsi, sono le misure più urgenti", conclude Tortora. 

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